La guerra sulle parole “Stato della Palestina” che si combatte all’Onu, non è meno rilevante di quella drammatica e sanguinosa che Israele ha scatenato sul territorio a Gaza. Se da una parte il mondo si divide non sul concetto dei “due popoli, due Stati” universalmente acquisito, ma sul quando e sul come riconoscere ai palestinesi il diritto ad avere la loro Patria, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, non lascia spiragli.
Dopo l’“orribile massacro del 7 ottobre” – avverte – tale prospettiva istituzionale “non ci sarà”. Accusando, inoltre, gli ultimi Paesi propensi sotto la spinta della Francia a battezzare quello Stato finora inesistente, di “stare facendo un regalo al terrorismo”.
Ma quanto conta l’iniziativa dell’Onu, dove oggi 151 nazioni sulle 193 che lo compongono sono favorevoli al riconoscimento? Quanto può incidere sui nuovi equilibri geopolitici?
In realtà, la scelta che riguarda quasi l’80% delle nazioni-Onu, e che in piccola parte ha diviso gli europei (Germania e Italia non concordano sul riconoscimento ora e subito; il nostro Paese lo subordina al rilascio degli ostaggi e all’esclusione di Hamas dal futuro governo), ha un aspetto politico: spingere Tel Aviv a cessare la sua offensiva e considerare i palestinesi alla stregua di tutte le altre vittime dei conflitti sulla Terra.
Un segnale molto importante, dunque, ma inefficace. Sia perché fin dal 2012 la Palestina già figura all’Onu come Stato non-membro con status di osservatore permanente (cioè il tema è ben presente), sia perché ora sarebbe arduo perfino aprire una sede diplomatica degli Stati “riconoscenti” tra le rovine di Gaza sotto l’attacco incessante di Israele. Dunque, su quale territorio dovrebbe nascere lo Stato? E poi è Hamas, autore della strage del 7 ottobre con ancora in mano 48 rapiti israeliani non si sa se vivi o morti, il punto vero della controversia. Un punto che consente a Netanyahu di continuare la sua offensiva anti-terroristica con il risvolto disumano che colpisce migliaia di incolpevoli civili, donne, bambini, come gli ripetono, esortandolo a fermarsi, i suoi stessi, ma inascoltati alleati occidentali. I quali adesso, premendo sul riconoscimento immediato della Palestina, hanno deciso di alzare la voce.
Ma anche ammesso che la mossa avallata dalla grande maggioranza dell’Onu arrivasse a buon fine, ci penserebbe il veto degli Stati Uniti – uno dei cinque Paesi vincitori della seconda guerra mondiale a conservare tale iniquo e anacronistico privilegio -, a bloccare la piena adesione del nascituro Stato palestinese. Basta ascoltare il discorso a muso duro appena pronunciato da Donald Trump per capire che lui intende esercitare fino in fondo i suoi poteri, e non solo sul Medio Oriente.
Tuttavia, il nostro mondo non ha più nulla a che vedere con quello del 1945. Ed è questo – più ancora dell’incapacità e perciò mancanza di credibilità dell’Onu nel far rispettare le sue numerose, ma impotenti risoluzioni -, ciò che rende oggi le Nazioni Unite un’organizzazione fuori da quel mondo di cui dovrebbe essere lo specchio più luccicante.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova
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