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Lo strabismo dell’Onu su Hamas

Riflessioni su Israele e Hamas a partire da un rapporto delle Nazioni Unite. L'opinione di Giuliano Cazzola

La tragedia di Gaza produce, in una comunità internazionale che ha perso il lume della ragione, un succedersi caotico  di eventi quotidiani talmente gravi da far impallidire quelli dei giorni precedenti. Si potrebbe dire che la moneta pessima scaccia quella cattiva.

Il tradimento di Israele – che si sta consumando nella 80° Assemblea dell’ONU, con il riconoscimento di un ologramma definito Stato di Palestina – ha messo in ombra un misfatto consumato alcuni giorni prima, sempre attribuibile all’ONU e dintorni, talmente deprecabile da non dimenticarsene archiviandolo nell’immondezzaio della storia.

Dopo una lunga indagine, iniziata nel 2022, la Commissione d’inchiesta internazionale (in)dipendente (da chi?) delle Nazioni Unite ha pubblicato una versione aggiornata dei Protocolli dei Savi di Sion. La commissione, guidata da Navi Pillay e composta da altri due loschi figuri che possono presentare un lungo curriculum antisemita, ha concluso che le autorità e le forze di sicurezza israeliane hanno commesso “quattro dei cinque atti genocidi” definiti dalla Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio. Tra questi, “uccidere membri del gruppo; causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo; infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita volte a provocarne la distruzione fisica, totale o parziale; e misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo”.

La Commissione Pillay ha ricevuto l’incarico di indagare su Israele nel 2021 dal Consiglio dei diritti umani (UNHRC) che è composto da 47 rappresentanti ripartiti tra i continenti: 13 seggi all’Africa, 13 seggi all’Asia, 6 all’Europa dell’Est, 8 seggi all’America Latina e Centrale, 7 tra Europa occidentale, America del Nord e Oceania. La presenza tra i membri di tale Consiglio di numerosi stati non democratici, al cui interno i diritti umani sarebbero violati, ha attirato critiche. Le  risoluzioni del Consiglio non sono vincolanti né il consiglio stesso può imporre sanzioni.

Israele è un oggetto del desiderio di questa istituzione farlocca che già nel 2006, per la prima volta dalla sua creazione, ravvisò la violazione dei diritti umani da parte dello Stato ebraico nell’occupazione dei territori palestinesi. Il rapporto è piombato sull’opinione pubblica mondiale nel momento in cui l’IDF lanciava l’offensiva su Gaza City ed è stato accolto come se fosse un’esplicita condanna dell’Onu. Israele ha dichiarato di “respingere categoricamente questo rapporto distorto e falso” e ha chiesto l’”immediata abolizione” del Comitato. Tutto inutile: il rapporto viene assunto come se fosse scolpito nel bronzo perché la sua narrazione corrisponde a quanto un’opinione pubblica subornata vuole sentirsi dire. Chi non accusa Israele di “genocidio” ne è ritenuto un complice (anche Leone XVI?).

Tanto per notare le differenze, il 6 aprile 2022 si svolse una sessione speciale e di emergenza dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che sospese la Russia dal Consiglio per i diritti umani dell’ONU, a causa delle gravi preoccupazioni riguardo la crisi umanitaria in Ucraina e le notizie di violazioni del diritto internazionale umanitario da parte di Mosca. Ma la risoluzione non suscitò neppure un sedicesimo del clamore provocato dal rapporto Pillay; anzi, in Italia erano in tanti a credere che in Ucraina fossero tornati i nazisti. Se le argomentazioni del rapporto a prova del genocidio sono in generale vergognose, una è patetica: l’IDF è accusato di “misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo”, come se le donne non potessero più restare incinte e  fosse loro impedito di donare figli alla causa. L’ultima raffica della malafede – in cui è caduto anche il governo italiano – riguarda la c.d. sproporzione tra il pogrom del 7 ottobre e la reazione israeliana. Si forniscono persino i numeri:  Hamas nell’attacco dell’ottobre 2023 ha sterminato 1.219 persone, per lo più civili. La campagna di ritorsione di Israele a Gaza ha provocato la morte di almeno 64.905 persone, anch’esse per la maggior parte civili, secondo i dati del sedicente ministero della salute dei terroristi che l’Onu considera affidabili, perché Hamas non può essere smentita. Paradossalmente, i numeri corrispondono in una sproporzione invertita a quelli riguardanti gli scambi tra gli ostaggi e i palestinesi carcerati.

Nel Palazzo di Vetro non si sono accorti che non è più in corso un’azione di rappresaglia, ma una guerra; che Israele ha diritto di combattere i suoi mortali nemici (che sono anche i nostri); che, purtroppo, anche se il rapporto lo esclude, i civili uccisi sono un tragico effetto collaterale di tutte le guerre; che a Gaza le donne, i bambini e gli anziani vengono usati come scudi umani da Hamas; che l’organizzazione terroristica non ha intenzione di arrendersi (come ha chiesto la Lega Araba) e che è ancora in grado di resistere all’offensiva di uno degli eserciti più preparati e armati del mondo. Quanto alle forniture umanitarie, ci sono prove e testimonianze che tutti gli aiuti sono sequestrati da bande armate (Hamas?) e venduti a caro prezzo al mercato nero. Le migrazioni in diretta tv costituiscono lo spettacolo più doloroso ma rappresentano un adempimento necessario– secondo il diritto internazionale – per una relativa sicurezza delle popolazioni civili nelle zone di guerra.

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