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Vi spiego il grande piano di Usa e Cina sull’Asia. Parla Sisci

Gli Stati Uniti vogliono spartirsi il mondo con la Cina? A Washington le Americhe e il resto dell'Occidente, a Pechino l'Asia. Come reagiranno i paesi della regione? Conversazione di Marco Mayer con il sinologo Francesco Sisci.

È vero che Donald Trump e il dipartimento di Stato lavorano per un accordo bilaterale con due grandi aree di influenza? Agli Usa il dominio delle Americhe e dell’emisfero occidentale; la Cina, viceversa, egemone in Asia con l’uscita di scena degli americani?

Sì, l’idea che circola adesso è che gli Stati Uniti e la Cina possono arrivare a un accordo per avere gli Usa fuori dall’Asia. Credo che sarebbe folle e molto pericoloso per tutti. I paesi asiatici non vogliono essere “svenduti” dall’America alla Cina; e poi un ritiro dell’America dall’Asia moltiplicherebbe le tensioni regionali e mondiali.

In una simile prospettiva, come potrebbero evolversi le relazioni tra Pakistan, Cina e Arabia Saudita, da un lato, e India, Filippine e Giappone dall’altro?

È una dinamica molto delicata e incerta, specie se l’America fa un passo indietro in Asia a favore della Cina.

Pakistan e Arabia Saudita hanno appena firmato un accordo per la difesa: questo potrebbe spingere India e Iran a stringere relazioni bilaterali.

Le Filippine hanno oscillato, in questi anni, a favore della Cina da una parte o degli Usa dall’altra. Se Manila scegliesse Pechino, questo potrebbe irrigidire le posizioni di Vietnam, Indonesia e Giappone. Tutto diventa estremamente complicato in ogni caso.

Quando pesa in Asia l’influenza della Russia?

La situazione in Asia è molto diversa da quella dell’Europa. In Europa, i paesi erano convinti di non dovere più preoccuparsi della minaccia russa. Negli ultimi trent’anni hanno ridotto le spese militari dal 4% del Pil circa durante la Guerra fredda all’1%. Pensavano che la Russia non avrebbe mai voluto rinunciare al fiume di denaro che le arrivava in cambio di gas e petrolio. Erano convinti che la politica e la difesa avessero lasciato il passo completamente al commercio. Sappiamo che non è stato così, e sappiamo che i paesi europei si sono svegliati dopo lo shock dell’invasione dell’ Ucraina.

E la Cina com’è percepita in Asia?

In Asia, invece, nonostante i rapporti commerciali sempre più intensi con la Cina, nessun paese asiatico ha mai pensato che questa non fosse più una minaccia, come accaduto in Europa per la Russia. Tanti paesi si appoggiavano agli Stati Uniti, ma diversamente dall’Europa nessun paese aveva azzerato o quasi le proprie capacità militari.

E poi cosa è accaduto?

Negli ultimi anni, con il riarmo cinese e russo, con l’aumento delle tensioni tra Cina e Stati Uniti e poi dopo l’invasione dell’Ucraina, tutti i paesi asiatici si sono preoccupati e hanno cominciato a riarmarsi. Non è un segreto che la Sud Corea e il Giappone già da almeno un paio d’anni stanno coltivando l’idea di dotarsi di un’arma nucleare.

Ma Trump riproverà a fare un grande accordo con la Cina, che Pechino alla fine ha rifiutato nel suo primo mandato presidenziale?

Un grande patto bilaterale tra Cina e Stati Uniti accelererebbe la corsa nucleare della Sud Corea e del Giappone. Una volta che questi due paesi saranno in possesso dell’arma nucleare – e potrebbero averla molto rapidamente: non in anni, ma in mesi -, a quel punto potrebbe volerla anche il Vietnam, magari l’Indonesia e forse la Thailandia. Non è difficile pensare che anche Taiwan possa cercare di ricorrere al nucleare.

Lo scenario di tensione, con già l’India e il Pakistan dotati di un potente arsenale atomico, creerebbe una situazione apocalittica in cui il mondo potrebbe disintegrarsi. In Cina chi pensa di poter avere un vantaggio dal ritiro dell’America dall’Asia, secondo me fa dei calcoli molto ingenui e su questo il presidente Xi non si è pronunciato.

Il riavvicinamento tra India e Cina è solo una reazione alle tariffe di Trump?

No: pare che ci siano stati attriti anche dopo gli scontri India-Pakistan. Questo complica la ricomposizione del quadro con Pechino perché va al cuore del rapporto per Delhi con il Pakistan.

Perché, a parte Cambogia, Birmania e Pakistan, la Cina ha grandi difficoltà a stabilire un buoni e solidi rapporti con i paesi vicini?

Molti paesi della regione temono l’arroganza e la prepotenza cinesi non solo per motivi storici, ma anche per l’esperienza più recente.

Con la crisi finanziaria del 2008 il cambio artificialmente basso del renminbi (o yuan) ha danneggiato le economie dei paesi vicini alla Cina. Il surplus commerciale cinese e la sua capacità produttiva rischiano di tagliare le gambe alla produzione di tanti paesi asiatici.

Certo, oggi le tariffe di Trump a 360 gradi spingono i paesi asiatici fra le braccia della Cina. Ma, ciò detto, se gli Usa facessero un passo indietro dal continente, soprattutto con l’India e il Vietnam, si aprirebbero nuove spaccature tra Cina e vicini. A quel punto la Cina, che già non attraversa una fase economica facile, dovrebbe cambiare atteggiamento e politica industriale complessiva.

Pechino, infatti, potrebbe avere dei vantaggi solo se avesse dei buoni rapporti, molto cordiali, con tutti i paesi vicini: ma così non è. Anche l’India, che ha ricucito dei fili con la Cina, non tiene segreto la sua preoccupazione per la minaccia cinese.

Negli ultimi dieci anni la Cina e la Russia hanno aumentato notevolmente le spese militari. Perché?

Il problema è: a che servono tutte queste armi che la Cina ha mostrato nella parata del 3 settembre? L’arsenale americano in teoria serve a difendere l’America e la stabilità del mondo. L’arsenale cinese serve a difendere la Cina dall’America e da eventuali minacce dei paesi vicini. Quindi, a questo punto, i vicini devono per forza armarsi se non vogliono essere conquistati o oggetto di prepotenze.

In teoria la Cina dovrebbe potere prevalere facilmente sul Giappone: ha un arsenale molto più grande, un esercito più numeroso, una popolazione dieci volte più grande e un’industria militare senza pari. In pratica, però. i giapponesi hanno una storia diversa. In condizioni forse simili, nel 1894 il Giappone vinse facilmente sulla Cina. E poi il Giappone può non essere solo. Già da anni Tokyo collabora con l’India e con molte capitali asiatiche in un sistema di intelligence e sicurezza imperniato sul Quad, ma non solo. Ci sono accordi di intelligence tra Giappone, Vietnam, Indonesia, India che creano una cintura potenziale di deterrenza molto forte intorno alla Cina anche senza gli Stati Uniti.

Con gli Stati Uniti presenti, tanti paesi asiatici non hanno bisogno di spaventarsi e correre agli armamenti. È poi difficile difficile liberarsi della briglia americana. Ma se gli Usa lasciano la briglia, senza di loro le dinamiche diventano diverse e molto più conflittuali.

Qual è la differenza con l’Europa?

In Europa la Nato e l’Ue sono strutture multilaterali che costringono e informano la libertà di movimento di ciascun paese verso gli altri membri delle organizzazioni e verso l’America. Non ci sono strutture multilaterali simili in Asia; questo rende ogni dinamica di ogni paese, bilaterale e multilaterale, più agile.

Poi, una volta che questa Asia si fosse armata, naturalmente spingerebbe a est e a ovest, cioè verso la Cina, ma anche verso l’America che è a Guam e alle Hawaii. L’idea di un grande accordo con la Cina secondo me può essere buona solo se non è bilaterale: deve realizzarsi in un contesto; essere multilaterale, coinvolgendo e parlando anche con tutti i paesi asiatici che fanno parte di questa scacchiera.

Questo però certamente complica molto le cose. Però, per quanto complicato, questo dialogo sarebbe comunque più semplice che scivolare in una corsa al riarmo in Asia senza gli Stati Uniti.

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