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Come le grandi potenze si preparano alla stagione geopolitica dell’Artico

"America in the Arctic" di Mary Thompson-Jones recensito da Pierluigi Mennitti.

L’Artico, crocevia di tensioni globali e scenario di rapidi mutamenti climatici, si trova oggi al centro di una nuova stagione geopolitica. È proprio in questo mare un tempo glaciale che Mary Thompson-Jones, diplomatica e analista di lungo corso, ci conduce con il suo volume “America in the Arctic. Foreign Policy and Competition in the Melting North”, pubblicato da Columbia University Press nel marzo 2025 e disponibile, per chi avesse dimestichezza con l’inglese, sulle principali piattaforme online.

L’opera, che si distingue per la sua capacità di intrecciare analisi storica e attualità internazionale, offre ovviamente uno sguardo approfondito sulle strategie degli Stati Uniti, ma affronta anche le dinamiche che plasmano il futuro di una regione sempre più strategica e fragile. Attraverso una narrazione avvincente, come è tipico dei saggisti di scuola anglosassone, Thompson-Jones invita a riflettere sulle sfide e sulle opportunità che l’Artico riserva, sottolineando la necessità – dal suo punto di vista – di una presenza americana più incisiva e consapevole in queste terre estreme. Strategia non priva di implicazioni anche per l’Europa, come dimostra il caso Groenlandia.

IL NUOVO FRONTE DELLA COMPETIZIONE GLOBALE

Il libro si apre delineando un quadro d’insieme in cui l’Artico emerge come teatro di una competizione sempre più serrata tra potenze mondiali. Il riscaldamento globale, accelerando lo scioglimento dei ghiacci, ha reso accessibili rotte marittime e risorse naturali un tempo irraggiungibili, trasformando la regione in una posta in gioco cruciale per interessi economici, militari e ambientali. Thompson-Jones ricostruisce con precisione come la Russia abbia investito in una massiccia presenza militare e infrastrutturale, mentre la Cina, pur non essendo una nazione artica, abbia anch’essa rivolto lo sguardo a nord per inserirsi nelle dinamiche commerciali e strategiche della zona. Gli Stati Uniti, invece, appaiono impegnati in una rincorsa per recuperare il tempo perduto, dopo anni di relativa disattenzione verso queste latitudini.

L’autrice mette in luce come il mutato equilibrio internazionale abbia imposto all’America la necessità di ridefinire la propria politica artica, bilanciando esigenze di sicurezza, tutela ambientale e cooperazione con gli altri attori regionali. Viene inoltre evidenziato il ruolo crescente di organismi multilaterali e alleanze come la Nato e l’Unione Europea, che si affacciano sull’Artico con strategie proprie e spesso divergenti.

STORIE E IDENTITÀ DEI POPOLI ARTICI

Uno dei contributi più originali di questo lavoro è l’attenzione riservata alla dimensione culturale e storica delle popolazioni che abitano l’Artico. Thompson-Jones accompagna il lettore in un viaggio che attraversa Alaska, Canada, Islanda, Groenlandia, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Svezia e Russia, dedicando a ciascuno di questi paesi un’analisi dettagliata delle vicende che ne hanno segnato l’evoluzione. Vengono ricostruite le tappe fondamentali della formazione degli Stati artici, le lotte per la sovranità e le relazioni, spesso complesse, con i governi centrali.

Particolare rilievo viene dato alle comunità indigene, la cui voce – secondo l’autrice – deve essere ascoltata e valorizzata per comprendere appieno le sfide del presente e poterle governare in una forma meno conflittuale e più armonica possibile. Ambizione che nel precipitare di questa fase storica appare sempre meno praticabile, addirittura naïf. La narrazione si sofferma sulle conseguenze sociali e ambientali dei cambiamenti climatici, come il degrado del permafrost e la necessità di trasferire interi villaggi, mettendo in risalto il legame profondo che queste popolazioni mantengono con la terra e le tradizioni ancestrali. Insomma, non solo geopolitica.

POLITICA, SICUREZZA E AMBIENTE: UN EQUILIBRIO DELICATO

Il cuore del volume è rappresentato dall’analisi delle politiche americane nell’Artico, dalla storica acquisizione dell’Alaska fino alle più recenti strategie di sicurezza e sviluppo. Thompson-Jones evidenzia come, nel corso del tempo, gli Stati Uniti abbiano alternato fasi di attenzione e di trascuratezza verso la regione, spesso privilegiando una visione centrata sulla difesa nazionale e sulla competizione con le altre potenze. Tuttavia, l’autrice sostiene che il vero banco di prova per il futuro sarà la capacità di integrare le esigenze di sicurezza con quelle ambientali e sociali.

Il libro sottolinea la necessità di rafforzare la cooperazione internazionale, sia in ambito bilaterale che attraverso istituzioni come il Consiglio Artico, e di promuovere politiche che tengano conto delle peculiarità locali. Difficile non cogliere una certa distanza con le scosse date anche su questo scenario dalle iniziative dell’amministrazione Trump, almeno in questo suo primo anno di secondo mandato. Thompson-Jones non manca comunque di evidenziare le carenze infrastrutturali americane, come il numero esiguo di rompighiaccio rispetto a Russia e altri paesi, e invita a un ripensamento profondo delle priorità statunitensi nella regione.

L’ARTICO COME LABORATORIO DEL FUTURO

Nelle conclusioni, “America in the Arctic” si configura come un invito (forse più una speranza) a considerare l’Artico non solo come un’arena di rivalità internazionale, ma anche come un laboratorio per sperimentare nuovi modelli di governance e cooperazione. Thompson-Jones propone una visione in cui la difesa degli interessi nazionali si coniuga con la salvaguardia dell’ambiente e il rispetto delle comunità locali, suggerendo che il destino dell’Artico sarà determinante per l’equilibrio globale nei decenni a venire.

Attraverso una prosa chiara e documentata, l’autrice offre spunti di riflessione utili non solo a diplomatici e studiosi, ma anche a chiunque sia interessato alle grandi trasformazioni del nostro tempo. “America in the Arctic” aiuta a comprendere le sfide e le opportunità di una regione destinata a giocare un ruolo sempre più centrale nello scenario mondiale. Per ora in lingua inglese, magari in attesa di un editore italiano.

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