A lungo abbiamo creduto che il nostro piccolo mondo antico, quest’Europa di pace, progresso e libertà in cui viviamo, fosse lo specchio dell’universo. La confusione era, peraltro, giustificata.
Dopo che se l’erano date in due guerre mondiali, tedeschi e francesi da tempo si riuniscono in un Consiglio dei ministri parigino-berlinese una o due volte all’anno per decidere insieme il da farsi.
Le precedenti ed epiche battaglie navali fra Spagna e Inghilterra ora sono solo un bellissimo racconto letterario e cinematografico. E noi sul Piave non dobbiamo più resistere all’assalto di soldati austriaci, perché i nemici di ieri li troviamo oggi spaparanzati al sole e amichevoli lungo le sponde del Lago di Garda o altrove fra noi.
Da 80 anni ci siamo, dunque, cullati sulla falsa idea che, non avendo più nemici alla frontiera, il resto del mondo somigliasse alla ritrovata riconciliazione tra europei.
Finché il 24 febbraio 2022, invadendo l’Ucraina, cuore geografico del continente, Vladimir Putin ha dato ragione a Indro Montanelli: “I sogni muoiono all’alba”, come scriveva.
Ecco perché il bagno di realismo a cui ora ci costringe nientemeno che il ministro della nostra Difesa, Guido Crosetto, fa molto male.
“Non siamo pronti né a un attacco russo né di un’altra nazione, lo dico da tempo”. ha sottolineato.
Crosetto rileva che la gente “non vuol sentir parlare di necessità di difesa”. Ma sarebbe grave se il ministro a ciò preposto, non rivelasse che il Re è nudo per timore di dire il vero, cioè se non avvertisse che non saremmo in grado di proteggerci, “se qualche pazzo decidesse di attaccarci, perché non abbiamo investito più in difesa negli ultimi vent’anni”.
Era immaginabile che con 50 carri armati, 200 aerei da combattimento e una sessantina di navi militari – i dati circolanti – le Forze Armate avessero bisogno di un rapido e robusto aggiornamento.
Che passa soprattutto dalla tecnologia e dall’informazione: droni, robot, possibilità di conoscere in anticipo l’altrui capacità offensiva con una buona rete di intelligence e intelligenza artificiale.
Ma le moderne novità non sostituiscono il dovere di una struttura operativa di difesa in Patria pari al valore delle encomiabili missioni militari di pace all’estero e dei reparti speciali e specializzati (dal Col Moschin agli Incursori, alla Folgore) ammirati nel mondo e spesso chiamati a formare gli eserciti di altri Paesi.
Come assicurare la tranquillità dell’Italia e dei suoi cittadini in un pianeta dove il pazzo di turno – parafrasando Crosetto – fa la guerra, ecco il primo dilemma.
Il secondo ne consegue: meglio un esercito europeo autonomo o puntare sulla forza deterrente e già esistente euro-americana della Nato?, come la politica si domanda senza risposta.
Invece una risposta c’è: meglio investire con previdenza e competenza nelle nostre Forze Armate, che saranno comunque indispensabili per integrare la difesa europea di domani.
E per difendere l’Italia di oggi dalle imprevedibili follie che mai avremmo immaginato potessero, un giorno, riproporsi ai confini d’Europa.
(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)
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