Per gli analisti militari in Europa centrale non era una questione di “se”, ma di “dove” e “quando”. E l’azione dei droni russi penetrati nello spazio aereo polacco ha sciolto i dubbi relativi alle due domande sospese: il test di Putin per saggiare la reazione militare della Nato e politica degli Usa è avvenuto in Polonia e prima del previsto.
In molti scenari, compreso quello descritto dall’esperto tedesco Carlo Masala nel libro recensito appena qualche giorno fa, gli analisti ipotizzavano che la provocazione di Mosca avrebbe colpito una delle Repubbliche Baltiche, con più probabilità l’Estonia, non fosse altro per contiguità territoriale. Una piccola repubblica, ancora poco più di trent’anni fa saldamente incasellata tra le repubbliche socialiste dei soviet nel territorio dell’Urss.
Invece lo sfondamento dei droni ha preso di mira la Polonia, anch’esso in qualche modo uno Stato baltico con una fragile frontiera con l’exclave russa di Kaliningrad, e tuttavia un pesce ben più grosso rispetto alla piccola Estonia. In Europa, un peso medio con l’ambizione di diventare grande.
LA COABITAZIONE STA INDEBOLENDO LA POLONIA
Perché testare proprio lì la capacità di reazione della Nato? La Polonia, a dispetto del suo poderoso riarmo che poggia già da tempo su percentuali di Pil destinate alla difesa ben oltre il 4%, vive un momento di enorme debolezza politica, con una coabitazione tra presidente della Repubblica e primo ministro che sta minando la compattezza del paese e della sua società. Da quando il nuovo presidente Karol Nawrocki è entrato in carica, il 6 agosto, si sono susseguiti veti nei confronti dei provvedimenti del governo Tusk. E il braccio di ferro politico non si è limitato alle leggi di natura interna, ma si è esteso anche alla sfera della politica estera e in particolare alla posizione verso l’Ucraina, finora uno dei punti di unità fra i due blocchi eternamente rivali in Polonia: quello liberale del premier Donald Tusk e quello nazional-conservatore incarnato da Jaroslaw Kaczynski. Pochi giorni fa Nawrocki ha infatti posto il veto su un emendamento alla legge sugli aiuti all’Ucraina, che prevedeva l’estensione dei finanziamenti e del supporto per Starlink fino a marzo dell’anno successivo e ha inoltre proposto una legge che mira a concedere il beneficio “800 plus” (un assegno familiare) solo ai cittadini ucraini che lavorano e pagano i contributi in Polonia. Decisioni che alcuni osservatori vedono come un indebolimento del sostegno alla causa ucraina e un potenziale danno alle relazioni bilaterali tra i due paesi.
Per ora l’instabilità sta però colpendo la stessa Polonia: la conflittualità rischia non solo di accentuare la polarizzazione politica nella società, ma anche di intaccare quella crescita economica ormai costante che ha proiettato il paese alla ribalta europea e anche la sua capacità di tenuta e compattezza di fronte alle nuove minacce da est.
PER BERLINO E VARSAVIA ERA UN’AZIONE PIANIFICATA
Resta il fatto che per la prima volta dall’inizio della guerra, gli aerei da combattimento della Nato hanno intercettato e abbattuto droni russi. Una dozzina di questi velivoli senza pilota ha violato in modo palese lo spazio aereo della Polonia, penetrando in profondità nel territorio. Non è ancora chiaro quale fosse la loro rotta di volo e se la violazione dello spazio aereo fosse stata ordinata dal comando militare russo. La Russia ha cercato di minimizzare l’incidente, sostenendo che le sue azioni non erano rivolte contro la Polonia ma facevano parte di un’operazione contro il complesso industriale-militare ucraino. Tuttavia, i leader occidentali non sono convinti di questa versione. Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha ribadito con fermezza che non c’è “alcun motivo” per credere che i droni siano entrati in territorio polacco per sbaglio. Al contrario, ha suggerito che la loro rotta era “ovviamente pianificata”. Opinione condivisa anche dal governo di Varsavia ed espressa dal premier Tusk nella drammatica conferenza stampa di mercoledì.
L’OPINIONE DEGLI ANALISTI MILITARI
Praticamente tutti gli analisti militari in Germania e Polonia convergono sull’opinione che l’azione si inserisca in una strategia più ampia del Cremlino, che sta sistematicamente testando i limiti e la reazione dell’Occidente. Il modus operandi di Putin è quello di agire in modo sempre più audace, scommettendo sul fatto che la risposta degli avversari sarà “tardiva, debole e disorganizzata”. Questo approccio mira a spostare gradualmente i confini accettati e a guadagnare terreno con ogni mossa, generando l’effetto tipico di una guerra ibrida: creare un evento che alimenta il dibattito nell’opinione pubblica di una società liberaldemocratica che fatalmente acuisce critiche, spaccature, preoccupazioni.
Il docente dell’Università della Bundeswehr Carlo Masala (l’autore del libro citato all’inizio dell’articolo) smorza anche gli entusiasmi per la rapida e coordinata reazione occidentale: “La Polonia e gli alleati della Nato hanno abbattuto con grande sforzo tre droni in Polonia”, scrive sul suo account X a commento della vicenda, “si può festeggiare come un successo, ma non è necessario. Cosa sarebbe successo se i droni fossero stati 250?”.
Kai-Olaf Lang, esperto della Stiftung Wissenschaft und Politik (Swp), una delle principali fondazioni tedesche di riferimento per la politica estera, ha definito l’episodio “non una coincidenza, ma una provocazione”, parlando nel corso di un incontro con i giornalisti della stampa estera a Berlino. Secondo Lang, si tratta di un triplice test da parte di Mosca: innanzitutto per verificare la capacità della difesa aerea polacca e quindi quella degli alleati; in secondo luogo per osservare le reazioni interne, sia della società che della leadership politica di Varsavia; infine per valutare l’atteggiamento complessivo degli alleati occidentali e in particolare della Nato, se restino passivi o se reagiscano con prontezza e unità. Lang ha sottolineato che simili operazioni con sciami di droni rappresentano per la Russia un mezzo relativamente poco costoso per misurare i margini di risposta.
E anche l’analista militare Fabian Hinz, intervistato dalla tv pubblica Zdf, ha richiamato l’attenzione sul fatto che non si è trattato di pochi velivoli, ma di un numero significativamente maggiore, elemento che rende l’incidente particolarmente rilevante. Il confine polacco e anche lo spazio aereo polacco sono fondamentalmente ben protetti, ha aggiunto Hinz, tuttavia, nel caso di piccoli droni che volano a bassa quota, è difficile garantire una sicurezza totale. È quindi comprensibile “che tali sistemi possano penetrare anche in uno spazio aereo ben protetto e avere un impatto profondo all’interno del territorio nazionale”.