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Stellantis e Vw inchiodano sull’auto elettrica. Ma i cinesi chiedono alla Ue di attenersi al Green Deal

Stellantis col Dare Forward 2030 firmato Tavares aveva varato un piano industriale più ambizioso persino del Green Deal europeo e pure il Gruppo Vw si è sempre dimostrato tra i più accaniti sostenitori del Vecchio continente dell'auto elettrica, ma adesso entrambi hanno ingranato la retromarcia. Intanto la cinese Byd chiede alla Ue di non cambiare rotta sulla mobilità alla spina

Dopo tanti proclami sulla necessità di passare il prima possibile all’auto elettrica, le varie Case europee si stanno ritirando alla chetichella, chiedendo a Bruxelles di fare altrettanto, nella speranza che la decisione del presidente americano Donald Trump di ridurre in coriandoli il progetto green a lungo termine del predecessore, Joe Biden, sia uno sprone.

STELLANTIS E VW NON ACCELERANO PIÙ SULLA TRANSIZIONE ECOLOGICA

Nel giro di poche ore due colossi dell’auto come Stellantis e il Gruppo Vw hanno comunicato la loro ferma intenzione di rivedere profondamente i piani di elettrificazione dei propri marchi. Dichiarazioni che fanno rumore, dato che Volkswagen era così entusiasta di abbandonare i motori a scoppio (probabilmente per cancellare l’onta del dieselgate) che nella diatriba interna che ne è seguita ci ha rimesso pure l’ex amministratore delegato, Herbert Diess, defenestrato quando si lasciò scappare che tale trasformazione avrebbe potuto comportare la perdita di posti di lavoro; mentre il Gruppo italo-francese col suo ambizioso piano Dare Forward 2030 voluto dal precedente Ceo, Carlos Tavares, intendeva persino anticipare di un lustro gli obblighi comunitari.

IL REDDE RATIONEM TUTTO EUROPEO SULLA MOBILITÀ ELETTRICA

Sia Stellantis sia il Gruppo Vw hanno visto cambiare i propri Ad nel bel mezzo delle sbandate dell’ultimissimo periodo e oggi chi li ha succeduti pare più propenso al pragmatismo. Il periodo è cruciale: in Europa si respira l’aria del “o ora o mai più”. Venerdì 12 settembre è prevista una nuova riunione del Dialogo Strategico sul futuro della mobilità alla presenza del presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e diversi esponenti del settore. Sia chi avversa il Green Deal comunitario sia chi, per interessi contrapposti, lo appoggia, ha già formulato le proprie opinioni con diverse lettere aperte indirizzate alla numero 1 del governo europeo.

LA CINA È SEMPRE PIÙ VICINA

Ma non c’è solo questo. A partire da oggi, martedì 9 settembre, fino al 14 l’Iaa Mobility 2025 animerà le strade di Monaco di Baviera e i padiglioni del Munich Exhibition Center. E gli industriali europei stanno di fatto toccando con mano la preponderanza cinese. Sono infatti marchi al momento ancora sconosciuti ai più ma seriamente intenzionati a lasciare il segno nella memoria degli avventori i veri protagonisti della fiera dell’auto che si svolge nel cuore del Vecchio continente.

Marchi cinesi pronti a conquistare quote di mercato europeo con il coltello tra i denti (pardon, nel cofano) forti dell’avanzata tecnologia di bordo, di propulsioni innovative che consentono di pagare meno tasse o di ottenere sgravi e incentivi. Ma, soprattutto, le Case cinesi hanno dalla loro prezzi di listino inarrivabili per i rivali autoctoni ancora alla ricerca della formula alchemica per la famosa auto elettrica da 20mila euro (soglia considerata accessibile e che potrebbe perciò attrarre il grande pubblico nelle concessionarie aumentando le richieste per le vetture a batteria).

STELLANTIS E VW SCENDONO DALL’AUTO ELETTRICA

Ma torniamo alle dichiarazioni pesanti dei principali esponenti del settore che si sono succedute nel giro di poche ore. La prima è stata raccolta dalla testata di settore Quattroruote e proviene da Oliver Blume, Ceo del gruppo Volkswagen e di Porsche che nell’ultimo periodo deve vedersela con due Case automobilistiche alle prese con una crisi senza precedenti.

“Sono convinto – ha spiegato il top manager – che l’elettromobilità sarà la tecnologia dominante del futuro, perché in termini di prestazioni e sostenibilità è nettamente superiore ai motori termici. Ma non siamo ancora pronti. Oltre ai prodotti, servono condizioni quadro adeguate: infrastrutture di ricarica non solo sulle autostrade, ma anche nelle città e nelle aree rurali; prezzi dell’energia competitivi (in Cina, ad esempio, il costo è di 2-3 centesimi per kWh, molto meno che in Europa) e incentivi fiscali per i segmenti di ingresso. Pensare di arrivare al 100% elettrico già nel 2035 è irrealistico”, la presa di posizione dell’Ad del Gruppo.

LA RICETTA DI BLUME PER LA MOBILITÀ ELETTRICA

“Oggi – ha proseguito Blume – Volkswagen è leader in Europa con il 28% nel segmento elettrico, ma dobbiamo comunque pagare sanzioni legate alla CO₂ perché il mercato complessivo non si è sviluppato come previsto. Non si può punire l’industria per fattori che non controlla al 100%”.

Quindi il Ceo di Porsche e Vw ha illustrato la sua ricetta per la transizione energetica: “Per accelerare la decarbonizzazione, oltre all’elettrico, possiamo agire su carburanti sintetici, riciclo dei materiali, energia verde e formule come il social leasing. L’importante è non confondere le persone: il mercato deciderà, ma con i prodotti giusti e le condizioni adeguate la transizione sarà rapida. Industria, politica e comunità devono collaborare per creare questo quadro”.

LA UE DEVE IMITARE LA CINA?

Inutile dire che le parole di Blume fossero rivolte a Bruxelles e a chi ancora ritiene sia il caso di proseguire con la roadmap del Green Deal. E se non fosse stato abbastanza chiaro l’Ad del Gruppo tedesco ha portato “l’esempio della Cina: lì non c’è nessun divieto per i motori termici, ma un ecosistema favorevole alla mobilità elettrica. Risultato? Infrastrutture di ricarica capillari, prezzi dell’energia competitivi, sostegno alla mobilità elettrica. E funziona: oltre il 50% delle nuove immatricolazioni è già a zero emissioni, senza demonizzare i motori a combustione. In Europa, invece, si continua a partire dai divieti. No, per favore: costruiamo le condizioni per far crescere davvero l’elettromobilità”.

STELLANTIS HA IMPARATO DAI PROPRI ERRORI?

Alle prese con una cristi che la tallona in tutti i mercati e con il cambio di conducente a seguito del repentino licenziamento di Tavares, Stellantis non ha ancora svelato il suo nuovo piano industriale ma dalle anticipazioni di Jean-Philippe Imparato, responsabile per l’Europa allargata, è fin da ora possibile intendere che ci sia perfetta sintonia con il Gruppo Vw.

“Cambiare rotta. E va fatto subito, altrimenti sarà il disastro”. Le parole del top manager con cui Repubblica (Gruppo Gedi, controllata della holding della famiglia Agnelli con sede in Olanda, Exor) apre il proprio resoconto dal Salone dell’Auto di Monaco. “I target al 2030 e al 2035 in termini di CO2 non sono raggiungibili a meno che non si voglia fare crollare il mercato e mandare in pezzi i bilanci dei costruttori”, spiega Imparato che aggiunge: “Accordo con favore la discussione strategica sull’evoluzione della normativa in Europa. Ora è tempo di agire rapidamente, se possibile prima della fine dell’anno” in quanto “non c’è margine di manovra, nessuno è disposto a comprare un Fiat Ducato elettrico sopra i 50 mila euro”.

Di qui la proposta di una ‘media’ nel calcolo delle emissioni. Imparato inoltre evidenzia la necessità “di rivitalizzare il segmento A: nel 2019 c’erano 49 modelli oggi i 15 mila euro, oggi solo uno”. “Nono possiamo più spingere al rialzo i listini – osserva – come fa la gente a comprare le auto nuove?”. Al macero anche la parte più vincolante del precedente piano industriale firmato Tavares: “Molti contenuti di questo piano sono ancora validi e possono essere confermati, ma alcuni saranno rivisti: probabilmente uno di questi sarà l’obiettivo di vendere solo elettriche in Europa. Il 2030 non è più raggiungibile per ovvie ragioni di evoluzione del mercato”.

I CINESI INCALZANO L’EUROPA

Mentre a Palazzo Piacentini il ministro delle Imprese Adolfo Urso incontrava l’attuale amministratore delegato del gruppo Antonio Filosa e il presidente dell’Anfia (filiera auto nazionale) Roberto Vavassori per fare fronte comune a Bruxelles e chiedere la revisione del vincolo del 2035, s’intrometteva nella discussione – che, come s’è già visto ieri spulciando tra i firmatari delle lettere pro e contro Green Deal valica dal punto di vista industriale i confini europei – Stella Li, executive vice president di Byd, principale produttore cinese nonché il solo a essere riuscito a superare l’americana Tesla nelle vendite di auto elettriche dichiarando, sempre a Quattroruote, “spero che l’Europa si attenga al piano originale. Per una pianificazione industriale sostenibile penso sia meglio attenersi a una politica che non cambi ogni due anni. Questo finirebbe col confondere i produttori, e pure le persone, che hanno bisogno di capire quale sarà il futuro. Virare per includere alcuni plug-in o i carburanti sintetici non sarà un vantaggio per nessuno.” Le posizioni di tutti i giocatori sono insomma fin troppo chiare, com’è chiaro anche chi perderà e chi guadagnerà a seconda delle decisioni che saranno prese a Bruxelles.

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