Senza il Nilo non sarebbe esistita la civiltà egizia. I faraoni non sarebbero mai diventati potenti sovrani e nessuno avrebbe costruito le città di Menfi e Tebe, le piramidi e la Sfinge. Non a caso Erodoto scriveva che l’Egitto è “un dono del Nilo”. Solo grazie al grande fiume erano possibili le coltivazioni in grado di sfamare un intero popolo. Ma, oltre a essere indispensabile, il Nilo aveva e ha tuttora qualcosa di affascinante e di misterioso. Sin dall’antichità scoprire l’origine del fiume è stato l’obiettivo di imprese tanto ambiziose quanto sfortunate. Da Alessandro Magno a Giulio Cesare tutte le spedizioni furono un fallimento. A raccontare i tentativi più clamorosi è uno storico autorevole come Lorenzo Braccesi con “Il grande Nilo. Esploratori, turisti e conquistatori nell’antico Egitto” (Laterza, 128 pagine, 15 euro).
Quasi mai i protagonisti di queste vicende erano mossi da una curiosità disinteressata. In pratica, solo Germanico, potenziale erede al trono dell’impero romano, e sua moglie Agrippina videro nel Nilo qualcosa da conoscere senza ricorrere alle armi. Nelle loro intenzioni si può cogliere addirittura un che di trascendentale: come futuro imperatore Germanico avrebbe ricevuto l’Egitto come dominio personale ma sentiva il dovere di reincarnare chi come Cesare e Alessandro Magno quel territorio lo aveva davvero conquistato. Fu un tentativo incompiuto e comunque non sarebbe servito a nulla perché Germanico morì un anno dopo, probabilmente avvelenato, e non diventò imperatore. Al Nilo s’interessa anche Giuba, re di Mauretania, a cui Augusto ha dato in moglie Cleopatra Selene, figlia di Antonio e Cleopatra. Se ne fosse occupato con determinazione avrebbe regnato su tutta l’Africa settentrionale. Invece fa ben poco e solo per compiacere la moglie che si ritiene l’erede naturale dei faraoni e della dinastia tolemaica.
Altri tentativi mirano solo a esplorare il corso del Nilo. Nerone affida questo incarico a due centurioni della guardia imperiale che eseguono l’ordine disciplinatamente ma tornano indietro dopo essere finiti in una zona paludosa e aver visto sorgenti che erroneamente credono essere quelle del fiume. Si ignora se questa ricognizione era dovuta solo a un interesse geografico o se invece serviva per preparare future operazioni militari. Che di sicuro sarebbero state un fallimento come tutti gli altri tentativi di occupare le terre intorno al Nilo. L’imperatore persiano Cambiseva incontro a un disastro e decine di migliaia dei suoi migliori soldati muoiono nel deserto. Alessandro Magno inizia la sua avanzata lungo il Nilo ma le difficoltà e sopraggiunte esigenze strategiche lo costringono a fare dietrofront. Lo stesso accade a Giulio Cesare che abbandona precipitosamente l’Egitto. Questi insuccessi non insegnano nulla a Zenobia, la regina di Palmira, che dopo aver occupato tutto il Medio Oriente s’impadronisce anche dell’Egitto. Ma il Nilo è il granaio dell’impero romano e una tappa fondamentale per le preziose importazioni che, attraverso il porto di Berenice, arrivano dall’India. La reazione di Roma distrugge il regno creato da Zenobia. Ancora una volta nessun grande della terra può sentirsi padrone del grande fiume.