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Anchorage sarà la Monaco del XXI secolo?

Come è andato il vertice di Anchorage? Il commento di Cazzola

Degli esiti del vertice di Anchorage sapremo di più dopo che lunedì Donald Trump avrà informato Zelensky e il leader europei. Ma non c’è da essere ottimisti: non solo molte cose sono state dette e non a caso, ma per farsi un’idea delle reali intenzioni dei protagonisti contano anche i particolari, i gesti del protocollo. Putin è stato accolto con tutti gli onori come un vecchio amico, vittima di inspiegabili malversazioni negli ultimi tre anni quando l’Amministrazione Biden si era rifiutata di comprendere le ‘’ragioni profonde’’ dell’aggressione all’Ucraina.

Quando Trump insiste nel dire che se non gli fosse stata rubata la presidenza nel 2000 da una sorta di colpo di Stato dei democratici e del deep state la guerra non sarebbe mai scoppiata e Putin – per blandirlo – glielo riconosce; oppure quando il presidente degli Usa continua ad insistere nella litania per cui l’Ucraina deve tener conto che la Russia è più grossa; o quando Trump non apre bocca dopo che Putin auspica che l’Europa non si metta in mezzo ad impedire la pace; a fronte di tutto questo emerge una visione comune delle cause di quella guerra e della possibilità di venirne fuori.

Trump aveva una carta da giocare che gli avrebbe consentito di guadagnare tempo e pregiudicare un esito che per un certo arco di tempo avrebbe stabilizzato la situazione: ottenere il cessate il fuoco sulla linea del fronte. Zelensky non avrebbe potuto rifiutare questa proposta senza pretendere il ripristino dei confini. E’ stato Putin a sottrarsi perché vuole che gli si riconoscano tutte le sue richieste, incluse le rivendicazioni territoriali e la smilitarizzazione e la costruzione a tavolino di un regime in Ucraina da Stato satellite come la Bielorussia. L’ostacolo duro da superare a cui ha accennato Trump si nasconde all’interno di queste pretese del Cremlino, ritenute se non legittima pienamente giustificate dall’inquilino della Casa Bianca.

‘’Tutto è perduto, fuorchè l’onore’’ come scrisse Francesco I alla madre dopo la sconfitta nella battaglia di Pavia? Anchorage (o la sede del prossimo faccia/faccia) è destinata a divenire la Monaco del XXI secolo? Non siamo ancora a quel punto: troppe sono le differenze di contesto tra il destino dell’Ucraina e quello della Cecoslovacchia del 1938. La Conferenza di Monaco del 29 e 30 settembre 1938 che si concluse con l’accettazione dell’ultimatum tedesco per l’annessione di Sudeti alla Germania, stabilendo altresì che quei territori fossero evacuati entro dieci giorni, mentre la delimitazione delle nuove frontiere veniva affidata ad una Commissione internazionale. La delegazione cecoslovacca fu informata a cose fatte, poiché le era stato consentito di recarsi a Monaco, ma non di partecipare al negoziato. Fino a qui la storia potrebbe ripetersi. Poi ebbe inizio una differenza sostanziale.

Nonostante che la Cecoslovacchia disponesse di un esercito con 24 divisioni già operative e 15 chiamate a mobilitarsi, protetto dalla più robusta linea di fortificazioni d’Europa ed equipaggiato da un’industria metallurgica molto sviluppata, quando le potenze democratiche (Francia e Gran Bretagna) la invitarono a non opporre resistenza (fu proprio il governo inglese a dissuadere quello francese dall’intervenire nel conflitto) quel governo si inchinò al diktat di Monaco; le autorità si limitarono ‘’a voler affermare dinanzi al mondo le loro proteste contro a una decisione a cui non avevano preso parte’’.

Il presidente Benes si dimise e si recò in esilio in Inghilterra. Il Governo ucraino ha deciso di resistere alla operazione militare speciale, nonostante che Joe Biden avesse offerto un salvacondotto per Zelensky e famiglia. In poche settimane Putin dovette ridimensionare i suoi obiettivi e rinunciare allo scacco matto a Kyiv. Gli storici si sono chiesti più volte quali sarebbero stati gli scenari della Seconda Guerra mondiale se la Cecoslovacchia nel 1938 avesse reagito come l’Ucraina. E se, in quel caso, le potenze europee sarebbero state a guardare. L’Europa in Ucraina si è impegnata parecchio ed ha ribadito il suo sostegno a quel Paese per una pace giusta nel rispetto dei confini stabiliti.

La Nato si è rafforzata con altre importanti adesioni. Ma soprattutto è maturata la convinzione che è a rischio la sicurezza delle sue istituzioni democratiche e che la Russia abbia delle mire espansionistiche che sarebbero incoraggiate da una vittoria – per di più diplomatica e non militare – in Ucraina. Certo, tutti temono, a partire da Zelensky, che Trump si chiami fuori una volta che il suo appeasement non venga condiviso. Trump ha affermato più volte che è più facile trattare con Putin che col presidente ucraino, che non gli è simpatico. Poi c’è il mistero dell’Europa.

L’attuale Amministrazione USA non ama l’Unione, può cercare di piegarla a suon di dazi. Ma non potrà non tenere conto delle scelte che saranno compiute se esse si orienteranno ad un maggior impegno anche militare a favore dell’Ucraina. Angela Merkel diceva che l’Europa è un gigante economico, un nano in politica, una nullità sul piano militare. E’ venuto il momento di crescere. Di passare dalle chiacchiere ai fatti.

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