In Russia, a partire dall’inizio della settimana, gli utenti hanno iniziato a lamentare disservizi nelle chiamate con WhatsApp e Telegram. Ma non si trattava di un qualunque problema relativo alle due app. Infatti ieri le autorità hanno annunciato di aver “limitato parzialmente” l’utilizzo di queste chiamate – restringendo ancora di più la libertà di comunicare dei cittadini.
Già nei mesi scorsi l’accesso a internet era stato ulteriormente limitato con blackout diffusi delle connessioni mobili e in Crimea, che Mosca ha annesso illegalmente dall’Ucraina nel 2014, le autorità filorusse hanno annunciato che le interruzioni potrebbero durare a tempo indeterminato.
LE MOTIVAZIONI UFFICIALI
Il regolatore statale dei media e delle telecomunicazioni Roskomnadzor ha giustificato la decisione di imporre restrizioni parziali alle chiamate con WhatsApp e Telegram affermando che si tratta di una misura necessaria per contrastare attività criminali e minacce alla sicurezza nazionale.
Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Interfax, Roskomnadzor ha dichiarato che “Telegram e WhatsApp sono diventati i principali servizi vocali utilizzati per truffe, estorsioni e per coinvolgere cittadini russi in attività di sabotaggio e terrorismo”. Il regolatore ha inoltre accusato i gestori delle piattaforme di non aver risposto alle ripetute richieste di collaborazione da parte delle autorità.
Le restrizioni, ha precisato l’ente, riguardano solo le funzionalità vocali e potranno essere rimosse se le app si adegueranno alle normative locali.
LE ACCUSE DI INOTTEMPERANZA E LE RISPOSTE DELLE PIATTAFORME
Il ministero dello Sviluppo digitale ha indicato che Telegram e WhatsApp avrebbero rifiutato di aprire entità legali in Russia e di condividere dati con le autorità, violando così la legislazione nazionale. Il vicepresidente della Commissione per la tecnologia dell’informazione della Duma, Anton Gorelkin, ha ribadito che le piattaforme straniere devono collaborare con Roskomnadzor per evitare ulteriori misure.
Da parte loro, le aziende hanno risposto respingendo le accuse. Un portavoce di WhatsApp, di proprietà di Meta, ha detto che l’app “resiste ai tentativi del governo di violare il diritto delle persone a comunicazioni sicure”, e che questo sarebbe il motivo per cui la Russia intende bloccare l’accesso a oltre 100 milioni di utenti.
Telegram, stando al quotidiano russo RBC, ha risposto di usare strumenti di intelligenza artificiale per rimuovere quotidianamente milioni di contenuti dannosi e di contrastare attivamente frodi e incitamenti alla violenza.
IL MODELLO DI “SOVRANITÀ DIGITALE” DI PUTIN
Per sostituirsi ai Mark Zuckerberg o Pavel Durov del caso, il presidente russo Vladimir Putin ha promosso la creazione di un’app di messaggistica nazionale chiamata MAX, sviluppata dalla società VK – fondata tra l’altro nel 2006 dallo stesso Durov, che l’ha poi abbandonata nel 2014 a causa di ingerenze politiche da parte di collaboratori vicini a Putin.
L’app è progettata per integrare comunicazione, servizi governativi e pagamenti. A luglio, secondo l’agenzia Tass, MAX contava oltre 2 milioni di utenti registrati. Le autorità russe hanno imposto la preinstallazione dell’app su tutti gli smartphone venduti nel Paese e hanno incoraggiato istituzioni pubbliche e imprese a migrare su questa piattaforma. I termini di servizio dell’app, precisa Ap, prevedono la condivisione dei dati degli utenti con le autorità su richiesta.
IL CONTROLLO DELLO SPAZIO DIGITALE RUSSO
Come sottolinea Human Rights Watch, negli ultimi anni, la Russia ha progressivamente rafforzato il controllo su internet, adottando leggi sempre più restrittive, bloccando piattaforme come Facebook e Instagram, e perfezionando tecnologie per monitorare e manipolare il traffico online. Le restrizioni non riguardano solo i contenuti, ma anche gli strumenti per aggirare la censura, come le VPN, che vengono regolarmente bloccate.
Inoltre, questa estate, sono stati segnalati blackout diffusi delle connessioni mobili, giustificati ufficialmente come misura difensiva contro attacchi con droni ucraini. Tuttavia, esperti e osservatori indipendenti hanno interpretato questi provvedimenti come parte di una strategia di contenimento dell’accesso alle informazioni.
E in Crimea – che Mosca ha annesso illegalmente dall’Ucraina nel 2014 – le autorità filorusse hanno annunciato che le interruzioni potrebbero durare a tempo indeterminato.
WHATSAPP E TELEGRAM NEL MIRINO DA TEMPO
Le tensioni tra il Cremlino e le piattaforme di messaggistica non sono nuove. Tra il 2018 e il 2020, il governo russo ha tentato senza successo di bloccare Telegram. Dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022, le restrizioni si sono intensificate, con l’inserimento di Meta nella lista delle organizzazioni estremiste e il blocco di Facebook e Instagram ma non di WhatsApp, rimasta finora accessibile e largamente utilizzata.
A luglio, secondo Mediascope, WhatsApp è risultata la piattaforma di messaggistica più usata in Russia con oltre 96 milioni di utenti mensili, seguita da Telegram con più di 89 milioni. Nonostante ciò, parlamentari come Gorelkin hanno pubblicamente dichiarato che WhatsApp dovrebbe prepararsi a uscire dal mercato russo.
CONSEGUENZE E PREOCCUPAZIONI INTERNAZIONALI
Le misure adottate da Mosca, giustificate ufficialmente come difesa della sicurezza nazionale, sono viste da numerosi osservatori come strumenti di repressione e controllo politico. L’introduzione di tecnologie statali per sostituire le piattaforme globali rappresenta un modello di isolamento digitale che continua ad allarmare le organizzazioni per i diritti umani.
In un recente rapporto, per esempio, Human Rights Watch ha evidenziato che la Russia sta aumentando le proprie capacità tecniche per censurare, rallentare e bloccare contenuti e strumenti digitali. L’organizzazione ha sollevato allarmi sul pericolo che l’app MAX venga utilizzata per tracciare le attività online degli utenti, minacciando la libertà di comunicazione e la privacy digitale.