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Come contenere le assenze (dis)onorevoli in Parlamento?

Che cosa si dice e che cosa non si dice sulle assenze dei parlamentari. I Graffi di Damato

Odio l’antiparlamentarismo come la buonanima di Antonio Gramsci diceva e scriveva di odiare gli indifferenti. L’antiparlamentarismo, per esempio, come quello spiccio dei pur parlamentari delle 5 Stelle che vedono abusi e odiosi privilegi nel trattamento economico di lor signori onorevoli, alle cui fila tuttavia vorrebbero partecipare senza più il vincolo paleo-grillino dei due mandati, e non oltre. Trascorsi i quali i non più onorevoli dovrebbero cambiare mestiere, o magari svolgerlo a livelli diversi, preferibilmente inferiori.

Dà tuttavia fastidio anche a me, lo confesso, questa storia delle troppe assenze che ricorre di frequente, ogni volta che gli uffici parlamentari sfornano i risultati delle rilevazioni delle presenze e assenze, appunto, alle votazioni dei deputati e dei senatori. Le presenze, non dico come a scuola ma quasi, debbono contare nel giudizio sui parlamentari. Che non vanno a scuola, di certo, ma sono stati mandati in Parlamento non come in un parco giochi dagli elettori. O dai capi dei partiti di appartenenza o riferimento da quando i voti di preferenza prima sono stati ridotti da quattro o cinque ad uno e poi eliminati del tutto.

Fra tutti i dati delle maggiori assenze o minori presenze mi hanno colpito di più quelli riguardanti una deputata che, fra tutti i parlamentari, mi sembra francamente quella più libera, o meno occupata, da impegni diversi da quelli del mandato ricevuto formalmente, ripeto, dagli elettori. Mi riferisco naturalmente alla quasi moglie del compianto Silvio Berlusconi: la deputata Marta Fascina, 35 anni e mezzo, nata in Calabria, cresciuta in Campania ed eletta l’ultima volta, tre anni fa, in Sicilia.

Per fronteggiare l’assenteismo parlamentare, che non è l’altra faccia dell’assenteismo, ma qualcosa di assai diverso e di più, non basterebbe un ritocco regolamentare. Occorrerebbe un ritocco costituzionale per potere arrivare alla decadenza di chi accumula assenze oltre un certo limite.

Bisognerebbe aggiornare, per esempio, l’articolo 66 della Costituzione, che già assegna, ma in termini forse troppo generici, a “ciascuna Camera” il compito di “giudicare dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”. Mi sembra che l’incompatibilità di un assente seriale, diciamo così, con la funzione parlamentare sia logica, a dir poco. E ciò anche perché l’articolo 51, sempre della Costituzione, riconosce a “chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive il diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”.

C’è infine da considerare, e rendere eventualmente più stringente, l’articolo 54 della Costituzione che è forse il più citato dalle opposizioni di turno nell’azione di contrasto alla maggioranza, sempre di turno. Esso dice, testualmente che “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Il dovere, ripeto, non la facoltà.

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