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Vertice di Alaska, che ruolo avrà l’Europa?

Che cosa si dice e che cosa non si dice nei palazzi europei sul vertice in Alaska del 15 agosto. L'approfondimento di David Carretta tratto dal Mattinale Europeo

Venerdì 15 agosto il futuro dell’Europa e della sua sicurezza sarà deciso in Alaska. Donald Trump e Vladimir Putin si incontreranno nello Stato americano venduto dalla Russia agli Stati Uniti nel 1867 per 7,2 milioni di dollari. Il presidente americano e il leader russo discuteranno di un potenziale cessate il fuoco nella guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina. Lo faranno, per l’ennesima volta, alle spalle degli ucraini e del loro presidente, Volodymyr Zelensky. E alle spalle degli europei.

La maggior parte degli analisti concorda che Trump sta preparando l’ennesimo tradimento: imporre un accordo favorevole a Putin, anche se non porterà a una pace giusta e durevole, e attribuire le responsabilità del fallimento all’Ucraina, in caso di rifiuto di Zelensky. L’Unione europea e i suoi leader sapranno opporsi e continuare a sostenere gli ucraini sul piano militare, economico e politico? Oppure, come con i dazi di Trump, capitoleranno in nome del male minore nel breve periodo?

IL VERTICE IN ALASKA

Gli europei non sono mai stati presenti al tavolo delle trattative tra Trump e Putin. A inizio febbraio la linea ufficiale dell’Ue e dei suoi leader era che un accordo non sarebbe stato possibile né accettabile senza l’Europa. Da allora si sono accontentati di essere informati dell’evoluzione delle discussioni tra Washington e Mosca e degli umori mutevoli del presidente Trump. Dopo l’umiliazione subita da Zelensky nello studio ovale della Casa Bianca e la prima decisione di sospendere gli aiuti militari americani a Kyiv, gli europei hanno adottato una strategia analoga a quella che poi hanno seguito nei negoziati commerciali: cercare di tenere a bordo Trump ad ogni costo, lusingandolo e ammansendolo, per limitare i danni. Hanno ceduto alla logica di un negoziato che non sarebbe mai stato simmetrico. Putin non ha mai accettato di mettere in discussione i suoi obiettivi di guerra: non solo l’annessione di territori, ma la sottomissione dell’Ucraina. E’ ciò che si sta disegnando in Alaska.

LE CONDIZIONI DI PUTIN

Secondo il Wall Street Journal, le richieste di Putin per accettare un cessate il fuoco prevedono il ritiro dell’esercito ucraino dai territori del Donbass che ancora controlla, il riconoscimento delle annessioni russe degli oblast di Donetsk e Luhansk e della Crimea, e l’allentamento delle sanzioni internazionali. Il resto della linea del fronte verrebbe congelata. La Russia non si ritirerebbe dai territori che occupa illegalmente negli oblast di Kherson e Zaporizihia.

La cessione nel Donbass permetterebbe a Putin di prendere il controllo senza combattere di territori che non è riuscito a conquistare con le armi. Secondo l’Institute for the Study of War, questo permetterebbe alla Russia di prendere possesso della barriera fortificata costruita dal 2014 attorno alla cintura formata dalle città di Slovyansk, Kramatorsk, Druzhkivka e Kostyantynivka, distruggendo così la linea di difesa strategica dell’Ucraina. A quel punto per la Russia sarebbe facile rilanciare la guerra e avanzare in profondità nel resto dell’Ucraina.

LO SPETTRO DELLA CONFERENZA DI MONACO

“La cessione dell’Ucraina delle città pesantemente fortificate del nord di Donetsk (…) sarebbe molto simile alla cessione dei Sudeti della Cecoslovacchia nel 1938: renderebbe il resto dell’Ucraina orientale molto più difficile da difendere”, ha spiegato su X il giornalista del Wall Street Journal, Yaroslav Trofimov. L’esito di Monaco 1938 – l’accordo concluso da Francia e Regno Unito con la Germania di Adolf Hitler per evitare la guerra, diventato il simbolo del fallimento dell’appeasement dopo l’aggressione contro la Polonia del 1939 e lo scoppio della Seconda guerra mondiale – incombe sugli europei dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Il presidente MAGA aveva promesso di ottenere la pace “attraverso la forza”.

LA PACE SARA’ GIUSTA?

Ma la forza degli Stati Uniti è stata rivolta contro l’Ucraina, non contro la Russia. Sta accadendo anche ora. Dopo la minaccia di sanzioni americane contro la Russia, Putin ha accettato l’incontro in Alaska, ma riuscendo a predeterminare l’esito a suo favore. Il leader russo sa che Trump non è interessato a una pace giusta e durevole per l’Ucraina.

Lo scenario che si sta disegnando era ampiamente prevedibile da quando Trump è diventato la scorsa estate il favorito per le elezioni presidenziali americane del 2024. Eppure in un anno gli europei non si sono preparati. La retorica sul “fare tutto il necessario” e “per tutto il tempo necessario” per sostenere l’Ucraina non è stata accompagnata da una vera svolta strategica, malgrado le conseguenze per la sicurezza dell’Europa. L’Ue ha raggiunto i limiti di ciò che può fornire in termini di sanzioni e aiuti finanziari a causa dei veti dell’Ungheria e della Slovacchia. L’industria della difesa europea non produce armi a sufficienza. Gli europei non sono in grado di riempire il vuoto degli americani in ambito di intelligence e abilitatori strategici.

La coalizione dei volenterosi di Emmanuel Macron e Keir Starmer, che dovrebbe garantire un cessate il fuoco con la presenza di truppe sul terreno, si è ridotta a poche migliaia di uomini e non sarebbe in grado di bloccare un’improvvisa avanzata russa. Solo un gruppo limitato di Stati membri dell’Ue – i nordici, i baltici, i Paesi Bassi e parzialmente la Germania – stanno sostenendo l’Ucraina in modo serio. La Commissione di Ursula von der Leyen e i leader europei, per contro, hanno cercato di convincere Trump a non abbandonare l’Ucraina e la sicurezza dell’Europa, accettando la sua richiesta di spendere il 5 per cento del Pili per la difesa all’interno della Nato e l’imposizione dei suoi dazi del 15 per cento nelle trattative commerciali.

QUANTO DURERA’ IL SOSTEGNO EUROPEO A ZELENSKY?

Gli europei sono pronti a sostenere Zelensky per una pace giusta e duratura? Oppure vivono ancora nel mondo di ieri, illudendosi che con il “male minore” di una capitolazione ucraina potranno continuare a contare sugli Stati Uniti di Trump per la sicurezza dell’Europa?

In una dichiarazione congiunta pubblicata sabato sera, Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friedrich Merz, Giorgia Meloni e Donald Tusk, Alexander Stubb e Ursula von der Leyen hanno rigettato il piano che Putin ha venduto a Trump. “Il percorso verso la pace in Ucraina non può essere deciso senza l’Ucraina”, hanno detto i leader di Francia, Regno Unito, Germania, Italia, Polonia, Finlandia e Commissione.

“L’attuale linea di contatto dovrebbe essere il punto di partenza dei negoziati”, hanno aggiunto i leader europei. Tradotto: l’Ucraina non deve cedere altro territorio senza contropartite. Una pace in Ucraina deve “proteggere i nostri interessi di sicurezza vitali”, ricordano Macron, Starmer, Merz, Meloni, Tusk, Stubb e von der Leyen. Ma i leader europei continuano ad aggrapparsi alla speranza che Trump proteggerà i loro interessi.

(Estratto dal Mattinale Europeo)

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