Il 17 agosto 1945 compariva nelle librerie inglesi ”La fattoria degli animali. Una favola” di George Orwell. Per lo scrittore britannico, che fino ad allora aveva avuto alterne fortune letterarie, fu il primo romanzo di successo seguito dopo circa tre anni da “1984” che resta comunque il suo capolavoro più celebre. La pubblicazione di “Animal Farm. A Fairy Story” riscosse subito il consenso dei lettori ma trovare un editore era stata un’ardua impresa. E, come spesso accade, non mancarono le polemiche per il contenuto del libro che solo in apparenza era una fiaba ma palesemente era una feroce critica a un regime totalitario. Però, proprio per questo motivo, ottant’anni dopo “La fattoria degli animali” sembra di grande attualità.
Nel mirino di Orwell in quel periodo c’era lo stalinismo e i motivi erano ben precisi. Lo scrittore (il cui vero nome era Eric Arthur Blair) credeva convintamente nel socialismo. Forse più nella socialdemocrazia che nel massimalismo. In ogni caso era un deciso oppositore delle dittature nazifasciste. Perciò andò in Spagna a combattere contro i franchisti e fu ferito gravemente alla gola. Ma più di tutto lo aveva colpito l’atteggiamento dei comunisti ispirato dall’Unione Sovietica verso gli altri antifascisti. Soprattutto molti anarchici venivano eliminati in quanto potenziali oppositori.
L’esperienza (in gran parte raccontata in “Omaggio alla Catalogna” nel 1938) lo aveva profondamente segnato. Ma denunciare i metodi staliniani non era facile. L’Unione Sovietica di Stalin era diventata un prezioso alleato della Gran Bretagna e per gli inglesi la lotta al comune nemico nazista veniva prima di ogni cosa.
L’escamotage scelto da Orwell e suggerito dalla moglie Eileen fu quello del romanzo teriomorfo usando personaggi allegorici. E la trama, che quasi tutti conoscono, era perfetta: gli animali sfruttati fanno la rivoluzione e si impadroniscono della fattoria ma in breve tempo gli ideali di egualitarismo che avevano ispirato la rivolta vengono accantonati. Il potere si concentra nelle mani di pochi: i maiali che sembrano più competenti e alla fine più spietati.
Il problema per Orwell è che, nonostante l’allegoria, si capisce subito la vera identità dei protagonisti. Il vecchio saggio con grandi ideali è Marx o Lenin. Il sincero rivoluzionario Palladineve è Trockij. Ma soprattutto è evidente che il crudele Napoleone è Stalin. Se ne rendono perfettamente conto ben quattro editori che, per non avere grane con il governo di Londra, rifiutano il manoscritto di Orwell. Lo respinge al mittente perfino un grande scrittore come T.S. Eliot.
Solo a guerra finita, quando Stalin non è più un alleato, il libro viene pubblicato da Secker e Warburg. In Italia arriva nel 1947 grazie alla Mondadori e da allora sono state stampate moltissime edizioni. Tra le più recenti quelle di Newton Compton (160 pagine, 5,90 euro) o degli Oscar Mondadori (144 pagine, 9 euro).
Basta leggere attentamente “La fattoria degli animali” per rendersi conto delle buone ragioni di George Orwell e della sua lungimiranza: lo stalinismo è morto ma i regimi totalitari, più o meno camuffati, godono di ottima salute.