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Chi gufa contro il Ponte?

Sul ponte sullo stretto di Messina, non potendo accusarlo di fascismo e contorni, se ne contestano i costi e i pericoli di infiltrazioni mafiose. I Graffi di Damato.

A meno di sviste di cui naturalmente mi assumo tutte le responsabilità, come ha detto Giorgia Meloni dei suoi collaboratori a rischio, sia pure solo virtuale, di processo per l’affare Almasri, per cui ha rimediato il paragone dell’Unità a Mussolini per il delitto Matteotti; a meno di sviste, dicevo, il ponte sullo stretto di Messina non fu tra i progetti del Duce, con la maiuscola che gli attribuiscono anche gli antifascisti scrivendone e parlandone. E neppure di Licio Gelli e della sua P2. Altrimenti non ce l’avrebbe fatta a superare, come è avvenuto ieri, l’ultimo passaggio prima dell’apertura dei cantieri, annunciata tra il mese prossimo e ottobre. Sarebbe stato il ponte fascista da abbattere antifascisticamente prima ancora di essere costruito.

Mussolini non ci pensò, o almeno non con la smania della Meloni e del suo vice presidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, nel timore forse di offrire al banditismo mafioso combattuto dal prefetto Mori in Sicilia di fuggire più speditamente nel continente. Licio Gelli e la massoneria speciale della sua loggia erano troppo indaffarati, dal canto loro, a studiare e raccomandare la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, Che la premier Meloni e il suo ministro della Giustizia Carlo Nordio hanno condiviso e proposto in una riforma costituzionale, fra altre novità, al Parlamento con prospettive concrete di approvazione. E forse anche di conferma nel referendum che dovrà seguire non disponendo la maggioranza, fra Camera e Senato, delle dimensioni previste dalla Costituzione per evitare la verifica referendaria, appunto.

Sul ponte, per tornare al punto di partenza, non potendo accusarlo di fascismo e contorni, se ne contestano i costi – 14 miliardi di euro da spendere in otto anni – che costituirebbero uno “spreco”, i pericoli di infiltrazioni mafiose negli appalti per la sua costruzione e la pericolosità rispetto ai rischi sismici. Che sarebbero dovuti bastare e avanzare per sconsigliarne progetto e realizzazione.

Nei timori sulla sostenibilità fisica dell’opera si intravvede, spero a torto, anche un certo desiderio di vederli confermati da qualche evento, magari solo in corso d’opera, per evitare più morti e più danni una volta costruito e aperto il ponte al traffico stradale e ferroviario. Il ricorso agli scongiuri è altamente consigliato.

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