Caro direttore,
Luciano Canfora, nella recensione della raccolta di saggi di Norberto Bobbio, “Sulla libertà”, Edizioni della Normale, a cura di Michele Ciliberto, sul Corriere della Sera dell’11 luglio scorso, formula un giudizio molto netto sull’impossibilità – da un punto di vista scientifico – di stabilire un rapporto tra lo stalinismo e l’hitlerismo, liquidando quest’ultimo come pura barbarie.
Poco e nulla da obiettare, salvo una domanda. Nel rapporto con i cittadini, nelle preservazione e difesa dei loro elementari diritti (di organizaazione, di stampa, di rappresentanza ecc.), il regime del socialismo realizzato fu qualcosa di meglio?
In realtà le cose non hanno avuto questo esito. L’”incolta equiparazione” con l’hitlerismo, che Canfora denuncia a favore del totalitarismo comunista, non è una piccola storia.
Sull’organo del liberal-socialismo italiano, ispirato a Carlo Rosselli (“Quaderni di Giustizia e Libertà“, 12 gennaio 1935, n. 12, pp.163-169), uscì un artico lo intitolato “Tre dittature”, firmato Le Forest. Era lo pseudonimo dello storico dell’arte Lionello Venturi, esule a Parigi per non aver firmato, insieme ad altri dieci professori universitari, l’atto di fedeltà al fascismo.
Egli poneva sullo stesso piano, insieme all’Italia fascista e alla Spagna franchista, l’Unione sovietica. La memorialistica e la saggistica di cui Lionello Venturi, il figlio Franco (il maggiore studioso del populismo russo) e il gruppo di liberal-socialisti si servirono, ebbe allora una circolazione ristretta in Europa. Un po’ più ampia e influente fu nel secondo dopoguerra.
Mi riferisco ad Ante Ciliga, Victor Serge, M.Yvon (M Guienheuf), G. Friedman, il direttore della rivista Que Faire, C. Rappoport, Otto Bauer ecc. Ad essi si deve una descrizione molecolare della macroscopica macchina totalitaria del comunismo e dei sacrifici e delle sofferenze immani inflitte alla popolazione russa.
Nel 1935, nel corso del convegno internazionale sulla libertà della cultura, Victor Serge, dal fondo del carcere in cui Stalin l’aveva costretto, ebbe il coraggio di esortare gli antifascisti a non cercare sostegno e protezione contro il totalitarismo nero (cioè dell’estrema destra in Italia e in Spagna) nel totalitarismo “rosso”(cioè della sinistra) della Russia sovietica perché in essa ormai dominava qualcosa di simile, cioè il terrorismo di Stato.
Hitler e Stalin, a differenza di quel che reputa Canfora, non si sentirono molto diversi se nel 1939 firmarono rapidamente il cosiddetto patto di non aggressione e di collaborazione per spartirsi le repubbliche baltiche.
Questa è la tematizzazione di una vicinanza, in nome del più efferato dispotismo, che è stata di recente riportata alla luce da Antonella Salomoni, nel volume “Il protocollo segreto.Il patto Ribbentrop-Molotov e la falsificazione della storia”, edito a Bologna, nel 2022, dall’editore il Mulino.