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Perché il centrodestra non deve esaltare l’inchiesta della Procura di Milano su Sala e non solo

L'inchiesta della procura di Milano sull'urbanistica? Tocca alla destra dimostrare senso dello stato, altrimenti perderebbe credibilità anche il suo impegno per la riforma della giustizia. L'opinione di Cazzola

Giovedì sera su Tg2 Post ho seguito un dibattito sul caso Milano che mi ha fatto capire una probabile evoluzione. Era presente tra gli altri ospiti Francesco Bei di Repubblica, il quale, interrogato dalla conduttrice ha reso un omaggio rituale alla presunzione di innocenza delle persone coinvolte nell’indagine, ma ha ammesso che – per quanto riguarda gli aspetti politici – erano già emersi aspetti discutibili. Probabilmente ho capito male oppure si tratta di un’ opinione personale che non coinvolge il quotidiano, ma io ho avuto l’impressione che Repubblica si appresti a schierarsi con la procura meneghina piuttosto che con il sindaco Giuseppe Sala e la giunta di centro sinistra. Anche se Bei non si è spinto fino a rispondere affermativamente quando la conduttrice gli ha posto la domanda secca sull’opportunità delle eventuali dimissioni di Sala.

Annalisa Terranova di Libero ha sfoggiato un adamantino garantismo che ha indotto l’altro ospite Antonio Padellaro del Fatto quotidiano ad affermare, ormai in chiusura della rubrica, che la destra non persegue una linea di principio garantista ma manifesta ancora una volta la sua ostilità nei confronti della magistratura. In questa considerazione mi è parso di trovare un giudizio negativo da parte di Padellaro e un invito indiretto a rispettare il ruolo della procura.

Per quanto mi riguarda auspico che il governo e i partiti della maggioranza, in questa vicenda, scelgano di stare dalla parte giusta e cioè in difesa dell’amministrazione milanese, mettendo da parte le tentazioni a strumentalizzare un’inchiesta che non si limita a perseguire un’ipotesi di reato a carico di una o più persone, ma a radere al suolo l’intera politica urbanistica del sindaco e della giunta secondo una visione prospettica del futuro della città. A Milano si chiude il cerchio del panpenalismo.

Come la magistratura di Taranto ha preteso di gestire la politica industriale, quella di Milano, onusta di titoli di (de)merito nel tentativo di destabilizzare il Paese, non si accontenta di intervenire sulle relazioni industriali, si impiccia nelle politiche del territorio dell’unica città europea dell’Italia. Così a Taranto è stata massacrata la più grande acciaieria europea con migliaia di lavoratori condannati alla cassa integrazione per anno.

A Milano è fermo il settore dell’edilizia e centinaia di famiglie non sanno se prima o poi entreranno in possesso dell’abitazione che in parte hanno già pagato. E’ la stessa logica devastante in nome della quale a Taranto vennero sequestrati – come prova del reato – sia lo stabilimento sia, nel porto pronti per la spedizione, una quantità di prodotti finiti dell’acciaieria per il valor di un miliardo.

A Milano sono stati sequestrati cantieri e lasciati in sospeso immobili che ora sono fatiscenti come se fossero a Gaza. Le procure devono perseguire i reati, non inventarsene per il solo scopo di contestare un modello di sviluppo urbano la cui definizione è compito della politica. E gli edifici non corrompono nessuno. Tra le righe della documentazione giudiziaria si può leggere il teorema per cui quei lavori di qualificazione delle aree dismesse in verità fossero un pretesto per favorire grandi imprese edili. Più o meno come ai tempi di Tangentopoli la procura sosteneva che i diversi piani di ristrutturazione dell’industria chimica erano l’occasione per consentire ai partiti di governo di spartirsi robuste “mazzette”.

Se passa la linea della procura a Milano non viene sconfitta solo la sinistra, ma la politica in quanto tale, che, in questa vicenda, ha già sbagliato quando ha rinunciato a proseguire l’iter per l’approvazione della leggina ‘’Salva Milano’’. Nel contesto di un clima politico avvelenato dove la sinistra non risparmia attacchi feroci e disonesti alla maggioranza e in vista di una possibile prise du pouvoir della città di Milano, è comprensibile che il centro destra sia tentato di sparare sulla Croce Rossa, anche perché il Pd non tarderà molto ad abbandonare Giuseppe Sala al suo destino e a stare con la procura.

Tocca alla destra dimostrare senso dello stato, altrimenti perderebbe credibilità anche il suo impegno per la riforma della giustizia. Che senso avrebbe svenarsi nella battaglia per separare le corriere tra magistratura giudicante e requirente, se si consentisse ad una procura di abusare del suo potere quando è in gioco lo sviluppo futuro di una grande città. Sala e la giunta di Milano rappresentano oggi la ‘’linea del Piave’’ di uno Stato di diritto che è patrimonio comune. Se Sala resiste la fa per tutti noi. Se perde, perdiamo tutti.

Durante la Grande Guerra, dopo la rotta di Caporetto, Filippo Turati che si era opposto al conflitto, parlò alla Camere in difesa della patria:“Voi avete detto onorevole Orlando: il Grappa è la nostra Patria! Ciò è per tutti noi, per tutta l’assemblea”.

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