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editori Google quotidiani

L’ultima crociata degli editori europei contro Google

Secondo un'associazione di editori indipendenti del Vecchio continente, l'Ai Overview che Google antepone nelle ricerche sta danneggiando fortemente i guadagni dovuti alla raccolta pubblicitaria delle testate online. E, come se non bastasse, le risposte dell'algoritmo sono spesso inesatte se non del tutto errate: provare per credere.

In questi anni le crociate degli editori contro Google, epicentro di una Rete che i buoni propositi volevano decentrata, non sono certo mancate. Inizialmente il mondo dei media tradizionali si lamentò che gran parte del traffico della piattaforma statunitense e del materiale offerto ai propri internauti si basasse su fatti di cronaca o questioni comunque trattate dai giornali, sostenendo perciò che tali contenuti dovessero essere monetizzati. Mountain View fece orecchie da mercante almeno fino al riconoscimento qui in Europa dei cosiddetti “diritti connessi” – introdotti dalla Direttiva UE 2019/790  – che prevedono il pagamento, da parte dei colossi del web, di corrispettivi in cambio della visualizzazione di frammenti di contenuti di notizie in motori di ricerca. Perciò Google iniziò a sottoscrivere licenze coi vari editori. Adesso il problema sollevato dagli editori è un altro, esattamente l’opposto: l’AI di Google benché li usi come fonti sta schiacciando i link giornalistici ai margini delle ricerche, facendo crollare il traffico verso i loro siti e mettendo a rischio la sopravvivenza stessa delle testate. Pare insomma che gli editori vogliano intraprendere una nuova crociata contro Google che, vista la rivoluzione del Web nelle ricerche e il pericolo paventato dalle testate, rischia persino di essere l’ultima.

COS’E’ AI OVERVIEW

Occorre anzitutto andare con ordine. Nell’ultimo periodo si possono notare due grandi cambiamenti nelle ricerche di Google. Il primo riguarda la presunta sparizione delle pagine Wikipedia, un tempo utilizzate come fonte privilegiata, oggi relegate in secondo se non in terzo piano.

La seconda novità ha invece ha a che fare con l’Ai Overview, ovvero una sorta di pagina Wikipedia scritta sul momento dall’Intelligenza artificiale che prova a riassumere in pillole una risposta che soddisfi le richieste dell’utente. Il problema, però, è che provenendo da un algoritmo, capita spesso sia totalmente o parzialmente inesatta, scritta quasi per compiacere l’internauta senza provare a correggerlo.

Abbiamo per esempio chiesto a Google cosa significasse “tanto di cappello, madama Gatta” fondendo un modo di dire con parole totalmente a caso. E l’Ai anziché dirci che la seconda parte gli è del tutto nuova, prova comunque ad assecondarci, rispondendo. Questo naturalmente aumenta il rischio di risposte del tutto campate in aria. E lo dimostra ancora meglio la ricerca successiva, quando abbiamo chiesto a Google di parlarci della fantomatica “quinta guerra d’indipendenza italiana”.

L’Ai di Mountain View non volendo pescare curiosamente da Wikipedia, che pur con tutti i suoi limiti queste cose le sa (immagine successiva), pesca a caso dalla Rete quindi azzarda una risposta senza una valutazione circa la correttezza delle fonti. Risultato? Le tre guerre risorgimentali diventano improvvisamente quattro nella rilettura storica di Mountain View e la Grande guerra anziché essere soprannominata “quarta guerra di indipendenza” acquista il nome attinente alla ricerca. Peccato che se uno studente utilizzasse il materiale di Ai Overview per una ricerca si assicurerebbe l’insufficienza in storia.

AI OVERVIEW DI GOOGLE NON PIACE AGLI EDITORI

Chiarito cosa sia il nuovo strumento che “potenzia” le ricerche di Google (sta comunque migliorando a vista d’occhio: solo qualche settimana fa incappava in molti più errori) si comprende pure perché non piaccia affatto agli editori: la gente, si sa, è pigra e tende a fermarsi al primo risultato. E Mountain View fa apparire anzitutto le risposte dell’algoritmo, anziché i link azzurri tradizionali alle singole fonti. Inoltre, l’algoritmo risponde sulla base di un collage di materiale tratto dal Web, linkando puntualmente le fonti (come farebbe Wikipedia) ma in questo modo raddoppia il danno dei siti che offrono tali risposte, che finiscono per essere sfruttati ma non adeguatamente pubblicizzati.

LA CROCIATA

I risultati di questo sovvertimento sono già stati denunciati tempo fa dal Wall Street Journal. Il New York Times ha visto crollare negli ultimi tre anni la sua quota di traffico proveniente dalla ricerca organica verso i siti desktop e mobile del giornale dal 44% al 36,5% registrato nell’aprile 2025: tutta colpa, dice il Wsj, dell’Ai che sta stravolgendo le ricerche su Internet penalizzando soprattutto i quotidiani che ora, per sopravvivere, stringono alleanze con le software house accusate di far saccheggiare gli articoli dai loro algoritmi voraci. Avevamo approfondito la questione qua.

In attesa che si muovano gli editori principali, che per il momento pare preferiscano invece trattare con le Big Tech impegnate nella corsa dell’Ai più completa concedendo i propri archivi su licenza proprio per addestrare le fameliche Intelligenze artificiali, sono passate all’azione alcune testate indipendenti che si sono coagulate attorno all’associazione Independent Publishers Alliance, depositando una denuncia formale per pratiche anticoncorrenziali presso la Commissione Europea. La denuncia è sostenuta dal Movement for an Open Web e dall’organizzazione no-profit britannica Foxglove Legal. Secondo gli editori indipendenti, Google starebbe abusando della propria posizione dominante per favorire nelle ricerche degli utenti il proprio algoritmo, peraltro utilizzando i contenuti degli editori per addestrare i suoi modelli linguistici e per generare i riassunti, il tutto senza un adeguato consenso e ovviamente compenso.

Gli editori sostengono di trovarsi schiacciati di fronte a un ricatto per il quale o si acconsente a che i propri contenuti vengano utilizzati da AI Overviews, oppure si rischia di scomparire del tutto dai risultati di ricerca di Google. Quest’ultima opzione è ovviamente impraticabile dal momento che, sopravvivendo sull’Adv, le testate online indipendenti hanno bisogno di massimizzare i clic. La mancanza di una alternativa che non mandi verso un fallimento certo gli editori europei per l’alleanza sarebbe la prova della condotta illecita di Google nonché della sua forza. Azioni legali sorrette dalla medesima tesi sono state avviate nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

LA DIFESA DI GOOGLE

Da parte sua, Google ha difeso l’utilità delle sue risposte fornite dall’intelligenza artificiale, sottolineando che servono anche a indirizzare il traffico verso le fonti su cui si basano. “Le nuove esperienze di intelligenza artificiale nella ricerca consentono alle persone di porre ancora più domande, creando nuove opportunità per scoprire contenuti e aziende”, la sbrigativa replica di Mountain View.

Inoltre, un suo portavoce ha affermato che le fluttuazioni del traffico web possono derivare da numerosi fattori, allontanando così la responsabilità delle sue panoramiche generate dall’intelligenza artificiale. “La realtà è che i siti possono guadagnare e perdere traffico per una serie di motivi , tra cui la domanda stagionale, gli interessi degli utenti e i regolari aggiornamenti algoritmici della ricerca”.

 

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