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Che cosa succederà ai bond governativi

Fatti e scenari sui bond governativi Usa ed Europa. Il punto Mauro Valle, head of fixed income, Generali Asset Management 

Nell’ultima settimana, i tassi di interesse negli Stati Uniti sono nuovamente aumentati, raggiungendo il 5,1%. I tassi reali sono leggermente aumentati, attestandosi intorno al 2,1%, mentre i tassi BE sono saliti fino al 2,39%, con un incremento di 10 punti base. Venerdì, Moody’s ha declassato il rating degli Stati Uniti da Aaa, in linea con le altre agenzie di rating, motivando questa decisione con la tendenza di lungo periodo all’aumento del deficit fiscale, dei pagamenti degli interessi e del peso complessivo del debito federale.

Gli ultimi dati sull’inflazione negli Usa sono risultati più deboli del previsto: l’indice CPI headline si è attestato al 2,3%, rispetto al 2,4% atteso, mentre l’inflazione core si è mantenuta stabile al 2,8%. Resta da valutare quanto l’inflazione sarà influenzata dai dazi commerciali nei prossimi mesi; si prevede che potrebbe superare il 3% nella seconda metà dell’anno, avvicinandosi al 4%.

Le vendite al dettaglio hanno mostrato un leggero indebolimento, mentre i dati sulla fiducia sono stati contrastanti: l’outlook delle imprese di Philadelphia ha superato le aspettative, mentre la fiducia dell’Università del Michigan si è rivelata più debole, con le aspettative di inflazione a un anno salite a un livello record del 7,3%. Powell e i membri della Federal Reserve ribadiscono che la banca centrale ha bisogno di tempo per valutare attentamente il quadro macroeconomico e il mercato del lavoro. Attualmente, il mercato si aspetta due tagli dei tassi nel corso dell’anno, il primo a settembre, con un tasso terminale stimato al 3,5%.

La nostra visione sui tassi Usa rimane neutrale: non è chiaro se livelli superiori al 5% siano sostenibili, in uno scenario di crescita economica più debole e inflazione contenuta, oppure se i premi a termine sui titoli statunitensi continueranno a salire, principalmente a causa delle preoccupazioni fiscali.

MENTRE IN EUROPA

I tassi Bund sono saliti fino al 2,7% prima di scendere al 2,56%. I tassi BE sono rimasti stabili intorno all’1,8%, mentre le aspettative di inflazione a 5 anni e a 5 anni sono leggermente aumentate, raggiungendo il 2,12%. Nell’area euro, le aspettative di mercato hanno spinto verso l’alto l’indice ZEW, poiché il pessimismo post “giornata della liberazione” sta venendo rivalutato. La produzione industriale si è rafforzata, grazie anche a un’anticipazione delle attività produttive in vista dei dazi. I prossimi dati PMI dovrebbero confermare un buon momento: si prevede che l’indice composito tornerà sopra 50, mentre quello manifatturiero si avvicinerà a questa soglia, mantenendo un buon slancio. Inoltre, si prevede che la fiducia dei consumatori e i dati IFO confermeranno uno scenario macroeconomico leggermente migliorato.

Per quel che concerne la politica monetaria, il mercato si aspetta un ulteriore taglio dei tassi da parte della Bce a giugno, anche se le aspettative per la seconda metà dell’anno sono più contrastanti e i discorsi dei membri della Bce mostrano cautela. La nostra opinione è positiva sui tassi Bund, con un livello attorno al 2,7%, anche se potrebbero esserci limiti al ribasso sotto il 2,5%, considerando il miglioramento delle condizioni economiche.

Lo spread BTP-Bund ha raggiunto i 100 punti base, un livello che non si vedeva dal settembre 2021 grazie a una serie di fattori positivi. La crescita economica italiana negli ultimi anni è stata positiva, superiore alla media europea, e questo ha permesso una stabilizzazione del rapporto debito-Pil, anche grazie anche a una politica di bilancio che ha tenuto sotto controllo le spese pubbliche. Infatti, il deficit italiano nel 2024 è stato migliore delle attese, attestandosi al 3.4%, e anche per il 2025 ci si aspetta un lieve miglioramento. Questi progressi sono stati riscontrati anche dalle agenzie di rating, come dimostra l’ultimo upgrade a BBB+ da parte di S&P.

Sarà interessante vedere se nei prossimi mesi lo spread continuare a stringere e questo dipenderà da due serie di fattori: da un lato la conferma di un quadro di crescita economica positiva con una tendenza fiscale a supporto, e dall’altro uno scenario globale di tassi stabili o in ribasso. C’è da aggiungere inoltre che le spese pubbliche dei vari paesi dell’Eurozona sono in aumento: oltre alla situazione fiscale francese, anche la Germania ha deciso di aumentarle con il suo piano di spesa per la difesa e le infrastrutture. Questo significa una sorta di convergenza dei livelli delle spese fiscali dei vari paesi, riducendo il rischio di divergenza tra i tassi dei vari paesi Europei. Riteniamo che gli attuali livelli di spread italiani, seppure storicamente meno attraenti, siano sostenibili e ci aspettiamo che la buona performance dei BTP possa continuare nel medio-lungo temine.

Per i BTP, manteniamo una visione positiva: lo spread si è attestato a circa 100 punti base e, al momento, non emergono catalizzatori negativi, lasciando spazio a possibili ulteriori ribassi.

I rischi principali per lo spread in queste settimane vengono dalla volatilità dei mercati, come visto in aprile quando all’annuncio delle nuove tariffe globali da parte di Trump, lo spread è arrivato a 130 bps, in linea con il movimento negativo dei mercati azionari. Dal punto di vista dei fondamentali si possono mantenere in portafoglio i titoli italiani, per quanto riguarda invece il profilo di rischio, se ci aspetta ulteriori fasi di elevata volatilità dei mercati, allora la riduzione delle posizioni più rischiose potrebbe considerare anche un adeguamento delle posizioni a spread.

 

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