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Renzi è davvero fenomenale?

Matteo Renzi tra incontinenza verbale e pochezza elettorale. I Graffi di Damato.

Cinquant’anni (soltanto) compiuti l’11 gennaio scorso, sbrigativo nella carriera politica come pochi diventando, rispettivamente, presidente della provincia, sindaco di Firenze e presidente del Consiglio senza passare prima per un assessorato o un sottosegretariato, o un ministero. O segretario del Pd senza essere mai stato il vice di un altro, come in genere accade in un partito, a meno che uno non se lo crei apposta, come gli è poi toccato col suo di oggi. Il senatore Matteo Renzi è anche di una produttività comunicativa da primato. Fra libri, interviste, dichiarazioni, discorsi al Senato, lettere elettroniche agli amici e simpatizzanti – tutte con “un bacio” conclusivo – arrivate al numero 1036, conferenze gratuite, credo, di presentazione dei suoi scritti e conferenze retribuite in ogni parte del mondo, per non parlare dei suoi prodotti televisivi, che non sono mancati, l’ex premier davvero non conosce, ripeto, rivali o semplici concorrenti.

Di parole Renzi ne ha prodotte, produce e produrrà -ci scommetto- di insuperabili per quantità e anche brillantezza, gli va riconosciuto. Esse si prestano a tutti i gusti, come le parti di quell’animale di cui non mi piace il nome, né al maschile né al femminile. Ma di cui si dice comunemente che non si butta niente: dai prosciutti agli zampetti, persino al sangue.

Il repertorio di Renzi è ultimamente molto duro contro la prima donna che ne ha preso il posto a Palazzo Chigi. Alla quale ha recentemente concesso, parlandone al Corriere della Sera, di essere “fotogenica”. Per tutto il resto respingente, a cominciare dalla capacità sinistra – opposta alla destra che pure lei rappresenta – di influenzare le redazioni dei giornali che se ne occupano senza insultarla, come fa lui.

Ma se questo è il repertorio contro la Meloni, l’ex premier non ha rinunciato ad altri. Di Giuseppe Conte, per esempio, col quale pure vorrebbe allearsi per mandare a Palazzo Chigi Elly Schlein, almeno in prima battuta, si vanta ancora di averlo prima salvato e poi abbattuto come premier per sostituirlo, a suo tempo, con Mario Draghi. Che era stato improvvidamente scambiato dal pentastellato ancora di adozione per un uomo stanco degli anni trascorsi alla guida della Banca Centrale Europea.

Di Maurizio Landini, il segretario generale della Cgil con aspirazioni politiche neppure nascoste, ma della stessa Schlein che cerca dall’esterno del Pd di sostenere, Renzi condivide anche il comune impegno referendario dell’8 e 9 giugno, con tanto di delegati della sua Italia Viva agli appuntamenti fotografici di opportunità o convenienza. Ma facendo propaganda per il no all’abrogazione del suo famoso jobs act.

Questo Renzi insomma è tutto e il suo contrario. Tutto prosciutto e tutto zampino. Ottiene pochi voti ma si muove e parla come se li avesse raccolti tutti lui, lasciando le briciole agli altri che governano al suo posto per inconvenienti di aritmetica elettorale. Un fenomeno, davvero.

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