Convinto della legittimità, almeno logica, dell’astensione chiesta, consigliata e quant’altro nell’esercizio del diritto di voto referendario, specie dopo la motivazione datane a suo tempo da Giorgio Napolitano, sia pure come presidente emerito e non più effettivo della Repubblica, confesso di essere stato sorpreso da una rilevazione- se non vogliamo chiamarla scoperta- di quel rabdomante di leggi, decreti e pandette che è il simpatico, brillante costituzionalista Michele Ainis.
“Chiunque investito da un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie attribuzioni e nell’esercizio di esse” …si adopera a “costringere” gli elettori in favore di questa o quella lista o “indurli all’astensione” è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, ha riportato Ainis su Repubblica di qualche giorno fa dall’articolo 98 della legge elettorale in vigore dal 1948. Il testo è stato introdotto nel 1970 anche nella legge che disciplina il referendum abrogativo. Tutti quindi fuori legge gli auspici astensionistici espressi da investiti di “pubblico potere o funzione civile”, a cominciare dal presidente in carica del Senato, seconda carica dello Stato eccetera eccetera Ignazio La Russa. E per fortuna che Napolitano morendo l’ha fatta franca.
Lo stesso Ainis tuttavia ha riconosciuto a conclusione della sua epifania legislativa, chiamiamola così, che “sarebbe una richiesta becera” quella delle “manette per La Russa e i suoi colleghi” anche perché “le carceri sono già fin troppe affollate”, oltre che perché “quelle norme punitive sono figlie di un tempo ormai trascorso, quando il dovere del voto era preso sul serio, quando la Costituzione stessa era una cosa seria”, come se adesso non lo fosse più, pur se ancora ritenuta da qualche nostalgico, evidentemente, come la più bella del mondo. Quelle norme quindi sono diventate “anacronistiche” ed andrebbero abolite “come accadde nel 1993- ha scritto sempre Ainis- rispetto alle sanzioni dettate per i cittadini non votanti”. “I legislatori siete voi, non noi”, ha scritto sempre Ainis rivolgendosi beffardamente agli onorevoli deputati e senatori in carica. Ma in fondo anche a se stesso e ai noi tutti perché, pur abituati come siamo in tanti ormai a disertare le urne, anche senza che nessuno ce lo imponga, suggerisca, consiglia e quant’altro, potremmo metterci insieme in cinquecentomila, con la facilità consentita da internet e dintorni, per promuovere un referendum abrogativo e liberarcene.
Ridiamoci sopra, non potendo piangerci addosso anche per questo, oltre che per tante altre cose più strane e drammatiche che ci tocca vedere e persino vivere, in Italia e fuori. Magari consolati dal Papa ancora fresco di elezione e intronizzazione.