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Che cosa dice Parolin su Papa Leone XIV

Il Conclave raccontato, si fa per dire, dal cardinale Pietro Parolin. I Graffi di Damato

Entrato Papa e uscitone cardinale secondo le abitudini del Conclave, promosse a regola nella concezione generale, nonostante le eccezioni che pure ci sono state a questo riguardo nelle elezioni del Pontefice, Pietro Parolin ha ringraziato a modo suo, scrivendone al Giornale di Vicenza, la “umanamente comprensibile tifoseria” dei suoi corregionali, corsi anche in Piazza San Pietro a sostenerne la promozione. Ma l’elezione del Papa -ha avvertito Parolin, peraltro confermato per il momento, almeno, Segretario di Stato del Vaticano- avviene in “una logica diversa” dalla tifoseria, appunto: una logica “di fede e di Chiesa”. Tanto che il Papa, pur eletto dai cardinali “confratelli”, come li ha chiamati Robert Francis Prevot, ora Leone XIV, si sente anche lui scelto dallo Spirito Santo.

Di quanto avvenuto nel breve Conclave per la successione a Francesco, il cardinale Parolin ha voluto rivelare, convinto evidentemente di non violare la segretezza necessaria, e non rischiare quindi la scomunica, il “lungo e caloroso applauso” seguito nella Cappella Sistina, sotto il Giudizio Universale di Michelangelo, all’accettazione dell’elezione da parte del nuovo Papa. E anche, o soprattutto, “la serenità” mantenuta dall’eletto: una serenità-  ha ricordato Parolin attingendo alla sua memoria – conforme a quella manifestata a suo tempo per la soluzione di “una questione spinosa che riguardava la Chiesa in Perù”. E di cui lo stesso Parolin dovette occuparsi “all’inizio del mio servizio come Segretario di Stato”. Quando fra i cattolici peruviani fu tentata l’organizzazione di un dissenso dal papa argentino Josè Bergoglio.

A quell’esordio nella collaborazione con la Segreteria di Stato Parolin ha voluto aggiungere la testimonianza, nella conduzione del Dicastero dei vescovi da parte di Prevost chiamato a Roma due anni fa, di “conoscenza delle situazioni e delle persone, pacatezza nell’argomentazione, equilibrio nella proposta delle soluzioni, rispetto, attenzione e amore per tutti”.

Del contributo personale dato all’elezione di Leone XIV, per quanto anche lui votato già nella prima votazione con fumata nera, il cardinale Parolin non ha voluto scrivere o parlare. O non ha potuto perché avrebbe rischiato, in questo, di violare davvero il segreto del Conclave. Egli ha così lasciato, volente o nolente, il campo ai vaticanisti e simili, avventuratisi però a prevedere – in una logica di “tifoseria”, per ripetere una parola dello stesso Parolin- addirittura la preclusione del Papato a un italiano dopo l’occasione mancata in questa occasione.

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