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De Gennaro e Prestipino sotto il Ponte ovviamente mafiosabile…

Sulla vicenda di Prestipino e De Gennaro si nota lo sconcerto che ha creato fra quelli che la buonanima di Leonardo Sciascia chiamava “i professionisti dell’antimafia”. I. Graffi di Damato

Michele Prestipino (nella foto), il procuratore ancora aggiunto della Direzione Antimafia e Antiterrorismo, anche se già privato dal suo superiore Giovanni Melillo delle indagini di cui si occupava per mettere il costruendo Ponte sullo Stretto di Messina al riparo dalla malavita organizzata, ce la farà probabilmente a difendersi in via preliminare dall’accusa di avere rivelato segreti d’ufficio al prefetto Gianni De Gennaro. Che aveva l’inconveniente un mese fa di parlare con lui in un ristorante romano avendo fra le mani inconsapevolmente un telefonino ad alta pericolosità, trasformato un una microspia dalle intercettazioni disposte per altre indagini nelle quali egli è coinvolto, riguardanti fatti del 1992, all’epoca delle inchieste depistate sull’assassinio di Paolo Borsellino. Seguito alla strage di Capaci, che era già costata la vita a Giovanni Falcone, alla moglie e a quasi tutta la scorta.

Anche se già caduto nelle grinfie di qualche critico che gli ha contestato, nella peggiore tradizione giustizialista, di avere scelto come suo difensore l’avvocato di un imputato nell’affare giudiziario di “Mafia Capitale”, da lui gestito nella Procura di Roma, Prestipino ha opposto dubbi di legittimità sia per l’intercettazione del suo interlocutore, disposta -ripeto- per altro, sia per doverne rispondere a Caltanisetta, che si occupa appunto di De Gennaro, anziché a Roma. Dove il reato di Prestipino sarebbe stato commesso. O a Perugia, dove di solito vengono indagati i magistrati che lavorano a Roma.

Da buon garantista, al netto di tutte le volgarità che mi toccano con i tempi che corrono in Italia da più di 30 anni, dovrei fare gli auguri a Prestipino come al suo avvocato. Tanto più perché la mafiosibilità, chiamiamola così, del ponte di Messina, da cui sono caduti Prestipino e l suo amico De Gennaro, più un assistente di quest’ultimo, è metafisica più che fisica. Quel ponte, allo stato delle cose, è solo un plastico. I suoi cantieri sono più nelle aspirazioni, sogni e quant’altro del vice presidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, e del prefetto De Gennaro, presidente del consorzio che dovrebbe realizzarlo, che nella realtà.

Di certo o di maggiore visibilità in questa storia è lo sconcerto, a dir poco, che essa ha creato fra quelli che la buonanima di Leonardo Sciascia chiamava “i professionisti dell’antimafia”. Imbarazzati dal dovere accomunare anche loro, nei racconti e nelle analisi, due personaggi a lungo accomunati con ruoli diversi ma sullo stesso fronte antimafioso. Due uomini -ha scritto Lirio Abbate su Repubblica del magistrato Prestipino e dell’ex capo della Polizia e dei servizi segreti De Gennaro- che nella loro “resistenza” alla mafia “hanno vinto molte battaglie” senza avere “mai cantato vittoria”. Una resistenza per questo “silenziosa”, e senza neppure la maiuscola dell’altra di cui si sono appena celebrati gli 80 anni dalla conclusione.

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