Caro direttore,
forse ti è sfuggito, ma lunedì su Affari&Finanza, il supplemento economico di Repubblica, c’era un articolo straordinario. Era un pezzo dell’Economist pubblicato una decina di giorni prima, il 16 aprile, tradotto in italiano e titolato così: Energia e immigrazione dietro il successo spagnolo.
(Se qualche lettore si stesse chiedendo per quale motivo Repubblica ripubblica i lavori dell’Economist, ricordo che il proprietario dei due giornali è quasi lo stesso, cioè la holding Exor di John Elkann, che controlla il gruppo editoriale Gedi e quasi il 35 per cento di The Economist Group).
L’articolo, dicevo, è straordinario perché verso mezzogiorno e mezza – cioè qualche ora dopo l’uscita di Affari&Finanza in edicola e sul sito – in Spagna c’è stato un enorme blackout che ha fatto, pare, un danno economico di 2-4,5 miliardi di euro. Davvero un successo!
Ora: so bene che né i giornalisti dell’Economist né quelli di Repubblica potevano prevedere un blackout di tale ampiezza e gravità. Consiglio però, per le prossime volte, di adottare un linguaggio più sobrio per raccontare la realtà. Questo, infatti, è l’incipit del pezzo:
“Il futuro è roseo” è una frase che raramente si sente pronunciare dai leader aziendali europei in questi giorni. Ma José Manuel Entrecanales, amministratore delegato di Acciona, è pieno di ottimismo sia per le imprese spagnole che per l’azienda di famiglia, che ha trasformato da impresa di costruzioni a società specializzata in infrastrutture per le energie rinnovabili.
Il futuro sarà pure roseo, ma di certo il 28 aprile è stato un lunedì nero. Non si sa esattamente cosa abbia causato l’interruzione delle forniture elettriche, ma le energie rinnovabili sono le indiziate principali: forse non avranno provocato il blackout, ma probabilmente l’hanno amplificato per via di quella storia dell’inerzia e della frequenza (roba tecnica in cui preferisco non addentrarmi: voi l’avete spiegata qui).
È vero, come scrive l’Economist–Repubblica, che in Spagna i prezzi dell’elettricità sono bassi e che il paese può contare su un’abbondante generazione rinnovabile (eolico, solare, idrico). “Entro dieci anni circa il 90% dell’elettricità spagnola proverrà da fonti rinnovabili, prevede Entrecanales”, si legge; oggi, però, si discute se la quota di queste fonti nel mix elettrico non sia eccessiva e se non abbia reso l’infrastruttura di rete più vulnerabile per via dell’intermittenza dei parchi eolici e fotovoltaici.
Peraltro, il grande surplus energetico prodotto dai pannelli solari in alcune ore della giornata sta facendo crollare a zero i prezzi dell’elettricità in Spagna (l’elettricità, se ce n’è troppa, va eliminata per non sovraccaricare la rete). Non è un bene, come qualcuno potrebbe pensare: se l’elettricità scartata non viene retribuita, crolla anche la profittabilità degli impianti e i produttori non riescono a guadagnare; se invece viene retribuita, i consumatori pagano bollette più salate. Diversi operatori spagnoli stanno cercando di vendere i loro impianti solari per rientrare delle spese di investimento: non esattamente un successo di mercato, direi.
Di queste criticità, tuttavia, non c’è traccia nell’articolo dell’Economist e nemmeno nella versione tradotta da Repubblica, che avrebbe potuto integrare il pezzo originale con qualche dato e considerazione in un boxino separato, per esempio. Ma tant’è.
Cordiali saluti,
Francis Walsingham