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Come cambieranno (e perché) le commissioni di Satispay. Dibattito

Il cambio di rotta di Satispay sulle commissioni scatena una lunga ridda di riflessioni social e non solo, anche tra i top manager. C'è chi critica l'impostazione comunicativa, chi l'aver tradito i principi delle origini e chi considera fisiologica la svolta. 

“Per la prima volta in 10 anni, Satispay annuncia un aggiornamento delle commissioni per la rete di esercenti convenzionati, che sarà attivo entro l’anno 2025”. Lo si legge sul blog ufficiale della startup italiana del fintech. “Il nuovo pricing business” prevede “una commissione unica dell’1% su tutti i pagamenti effettuati nei negozi fisici”.

COSA DICE IL CO-FONDATORE DI SATISPAY SULLE COMMISSIONI

“Se 10 anni fa la chiave per cambiare le abitudini di pagamento era un’app intuitiva e una politica che non richiedesse commissioni sui pagamenti sotto i 10 euro, oggi lo scenario è diverso”, ha spiegatp Alberto Dalmasso, co-founder e CEO di Satispay. “Ora i negozianti accettano di buon grado i pagamenti elettronici, ma resta forte la necessità di attrarre sempre più clienti”. Non sarebbe del resto la prima volta che una realtà, per ricavarsi la propria nicchia esistenziale, esordisce con un modello che prevede diversi servizi gratuiti che vengono resi via via a pagamento.

IL DIBATTITO SU LINKEDIN

Eppure la novella fa rumore. Delle nuove commissioni di Satispay si è occupato, attraverso il proprio profilo LinkedIn, anche l’ex Ceo di Telepass Gabriele Benedetto (lungo il cui mandato l’azienda italiana ha aumentato i propri servizi per la mobilità intessendo un fitto dialogo con le startup), oggi investitore proprio nel settore delle realtà più giovani.

“Per anni – annota Benedetto -, Satispay ha costruito la sua identità su un messaggio forte: “craccare” il sistema dei pagamenti, sfidando i circuiti tradizionali con un modello che prevedeva solo una piccola commissione fissa sulle transazioni sopra i 10 euro. Questo storytelling ha spinto migliaia di esercenti ad adottare il servizio e ha consentito all’azienda di scalare fino a diventare un unicorno”.

PRESSIONE DEGLI INVESTITORI?

“Probabilmente – argomenta provando a spiegarsi la decisione della brusca virata di Satispay sulle commissioni – non si cresce più con i soldi del venture capital e gli incentivi in perdita (come il cashback) non erano sostenibili nel lungo periodo. È plausibile che la pressione degli investitori abbia portato il management a prendere una decisione inevitabile dal punto di vista economico, ma in netto contrasto con il posizionamento iniziale”.

COMUNICAZIONE FALLACE?

“Quando un’azienda cambia radicalmente la propria strategia – bacchetta Benedetto -, ha il dovere di spiegarne il perché in modo chiaro a clienti, esercenti e investitori. Non basta un comunicato stampa”. “Perché cambiare strategia è un diritto – chiosa l’ex top manager di Telepass -, comunicarlo bene è un dovere verso clienti e dipendenti”.

LA RICERCA DEL BILANCIO IN UTILE?

Gli replica il giornalista Giovanni Iozzia, editor in chief in Digital360 che ricorda come: “Oltre 10 anni dopo, Satispay sta ancora inseguendo l’obiettivo di un bilancio in utile. Ha già fatto ottimizzazioni (leggi tagli) e diversificazioni, evidentemente adesso è arrivato il momento di intervenire sulla propria promessa”. Iozzia poi fa notare come “una delle tendenze forti in atto da qualche tempo è al fine del tutto gratis. Dalla musica ai contenuti, inevitabile quindi che tocchi un servizio finanziario”.

Sulla comunicazione insiste anche Alessandro Leonardi, Head of Open Innovation di Poste Italiane: “La comunicazione trasparente verso il mercato deve essere sempre un must nella gestione aziendale. Potremmo solo avere un po’ di clemenza ragionando sulla natura di startup-scaleup di Satispay, ancora in crescita e maturazione”.

“Ma la mia riflessione è piuttosto rivolta al consumatore finale e alla sua elasticità alla modifica di costo. A mio giudizio – aggiunge Leonardi – non credo che cambierà l’affezione alla rivoluzione del cashless e del pagamento digitale. Per il merchant, ritengo che abbia già importanti lacune storiche nel giustificare incrementi di prezzi superiori al 20% su base annuale (il costo del caffè) e quindi potrebbe assorbire agevolmente questo 1% per mantenere la clientela”.

DA FREE A FEE

“Una volta raggiunta una massa critica — stimata attorno ai 5 milioni di utenti — si rende possibile, ed in molti casi necessario, introdurre forme di monetizzazione che permettano di finanziare lo sviluppo di nuove funzionalità e servizi premium, quali pagamenti con addebito differito e modalità offline per i commercianti”, spiega invece Matteo Flora, imprenditore e professore in Fondamenti di Sicurezza delle AI e delle SuperIntelligenze.

“Alla base di questo cambiamento vi è il modello freemium, una strategia ampiamente adottata nel digitale: offrire un servizio base gratuito per attrarre utenti, e successivamente capitalizzare sull’adozione di funzionalità a pagamento. Le teorie economiche sui mercati “a due lati” evidenziano come il valore di una piattaforma cresca con l’aumentare dei partecipanti e in questo contesto, una piccola commissione — pur rappresentando un lieve onere economico — può essere percepita come un investimento in ulteriori miglioramenti del servizio. Tale investimento – argomenta sempre Flora – non solo sostiene la crescita economica della piattaforma, ma rafforza anche la sua capacità di competere con i tradizionali circuiti di carte di credito e debito, che spesso applicano costi molto più elevati”.

“La svolta di Satispay non rappresenta semplicemente un’operazione di monetizzazione, ma incarna un processo evolutivo che si riflette in tutta l’industria digitale. Il passaggio da “free” a “fee” è un momento critico che pone l’accento sulla necessità di bilanciare l’accessibilità del servizio con la necessità di investimenti continui in tecnologia e sicurezza. O anche di mera sopravvivenza del modello di business, che non può in eterno essere a investimento. In un mondo in cui le piattaforme digitali si basano sempre più su algoritmi sofisticati e su dinamiche di rete – chiosa Flora -, la capacità di sfruttare le leve cognitive e di integrare modelli economici avanzati diventa fondamentale per il successo a lungo termine”.

COSA DICONO I COMMERCIANTI

“Al ministero abbiamo avviato un tavolo che riguarda proprio gli oneri sui pagamenti. Avevamo raggiunto un accordo attraverso il quale tutti i pagamenti così detti più veloci, sotto i 10 euro, dovevano essere effettuati senza commissioni – afferma alla Stampa Mauro Bussoni, segretario generale Confesercenti -. Ora si torna indietro. Il digitale sta mostrando una crescita esponenziale, dovremmo arrivare al punto in cui le commissioni diminuiscono e non il contrario”

“È chiaro che i pagamenti digitali sono maggiormente utilizzati quanto più basse sono le commissioni applicate”, aggiunge sempre alla testata torinese Marco Barbieri, segretario generale Confcommercio Milano che poi prosegue: “Non si può pensare di rilanciare modalità di pagamento innovative rispetto al contante aumentando o non riducendo le commissioni. Si vuole incitare il digitale, allora si diminuiscano commessioni”.

LE CRITICHE DI ASSOUTENTI

La rassegna non poteva che terminare con chi aveva dato il via a tutto: Assoutenti, l’associazione che aveva anticipato la nota di Satispay sulle commissioni costringendo la startup del fintech a una goffa rincorsa comunicativa:  “Apprezziamo lo sforzo messo in atto da Satispay per migliorare i servizi in favore dei propri clienti, incentivare i pagamenti digitali e introdurre nuove opportunità per i consumatori, ma ribadiamo la nostra contrarietà a balzelli, costi e commissioni sulle transazioni digitali che scoraggiano i pagamenti cashless e rappresentano un costo per il settore del commercio e, quindi, per i consumatori”, ha scritto il presidente Gabriele Melluso.

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