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presepe Mohamed Darrat

Se il presepe lo fa Mohamed

Mohamed Darrat è nato e cresciuto a Bengasi, in Libia, dove s’è laureato in economia e commercio, fa il portiere nel quartiere Trieste a Roma. Vive in Italia dal 2002 e nel 2024 ha finalmente ricevuto la cittadinanza italiana. È musulmano ma ogni anno allestisce un presepe, a dimostrazione di come diverse culture possano convivere. Il taccuino di Guiglia

 

Nell’anno dei suoi 52 anni Mohamed Darrat non ha cambiato abitudini. Come un buon musulmano, continua a pregare cinque volte al giorno, ha rispettato il periodo di Ramadan (un mese di digiuno), ha versato il 2,5% dello stipendio ai bisognosi ed è andato in pellegrinaggio alla Mecca. Conosce il Corano in profondità, ma non teme di viverlo con levità: il suono del suo telefonino è il canto di un muezzin.

Mohamed Darrat non ha cambiato abitudini. Come fa da tredici anni, ha ideato, costruito e installato un presepe sulla vetrata della chiostrina del palazzo dove lavora. Perché Mohamed, nato e cresciuto a Bengasi, in Libia, dove s’è laureato in economia e commercio, fa il portiere nel quartiere Trieste a Roma.

È arrivato in Italia nel 2002, lavorando e mantenendosi anche come cuoco e come meccanico, pur essendo un economista: di necessità, virtù. E la virtù ha portato questo musulmano praticante a creare un presepe per metterlo in bella mostra nell’edificio che custodisce senza che nessuno, neppure i condomini, glielo avesse chiesto. Figurarsi, poi, se in questo tempo di viltà, nel quale cristiani anche di alto e pubblico livello – perfino insegnanti e presidi a scuola – preferiscono rinunciare alle loro tradizioni o nasconderle “per non urtare la suscettibilità” dei non credenti o di chi crede nella fede islamica, qualcuno avrebbe osato richiedere proprio a Mohamed di allestire un presepe. Sarebbe stato crocifisso come un dannato provocatore in nome del politicamente corretto.

Ma con Mohamed il politicismo non funziona.

Proprio perché è un musulmano che crede, lui coltiva un sacro rispetto per ogni religione e in particolare per quella cattolica, apostolica e romana di una Nazione, l’Italia, che gli ha aperto le porte e per la quale prova solo gratitudine. Di più, della quale si sente parte integrante, come testimonia la sua richiesta di cittadinanza italiana accolta il 5 aprile 2024 con il commosso giuramento in Comune in una saletta disadorna e buia: l’unica luce l’emanava la fascia tricolore a tracolla della funzionaria. Splendida luce.

Ma per ottenere la cittadinanza, Mohamed non ha atteso solo i 10 anni di residenza continuativa previsti dalla legge, bensì i 14 diventati tali grazie a una burocrazia borbonica chiamata ad applicare norme cavillose. Quattro anni in più perché uno straniero in piena regola possa diventare italiano, sono uno scandalo, oltre che una palese violazione della legge. Piccola e necessaria parentesi: quei politici che blaterano contro l’ipotesi di riconoscere la cittadinanza italiana al milione di bambini nati o cresciuti da anni in Italia da genitori stranieri, dovrebbero imparare a informarsi per conoscere come stiano realmente le cose, prima di aprire bocca per sputare ignoranza.

Ad ogni modo ora Mohamed esibisce con orgoglio – l’orgoglio di chi si è sudato un diritto ambìto e finalmente riconosciuto -, il passaporto e la carta d’identità italiane. Ma la sua identità è svelata soprattutto dal presepe cesellato con la maestria di un artista e con il potente messaggio di bontà che lancia “urbi et orbi”, alla città di Roma e al mondo. Perché riscoprire oggi il significato della bontà in un pianeta travolto da ben 56 guerre, è una scelta, in fondo, rivoluzionaria. La bontà del rivoluzionario Bambinello che non c’è (l’accorto Mohamed lo metterà nella grotta la notte fra il 24 e il 25), delle due fontanelle con acqua vera sgorgante, dei fuocherelli e del mulino, degli artigiani e pastori che si muovono, delle decine di casette create e degli alberi d’ulivo segno di pace. Ecco le novità tra fantasia e motorini nascosti e silenziosi “introdotte” nel presepe 2024.

Come ogni anno l’opera di Mohamed è un’attrazione nel quartiere Trieste. Arrivano in tanti per vederlo e per fotografarlo, per parlare con Mimmo.

Già, “Mimmo”, come tutti chiamano Mohamed Darrat e lui si lascia familiarmente chiamare fin da prima d’essere diventato italiano.

Un italiano di Libia o un libico d’Italia, un musulmano che, nel mese di Avvento di Gesù, mostra quanto sia facile e bello vivere in pace con sé e con gli altri. Avendo fiera consapevolezza di chi si è, e di chi sono gli altri.

Buon Natale a tutti dal presepe di Mohamed.

(Pubblicato sul quotidiano Alto Adige)

www.federicoguiglia.com

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