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erdogan bin salman

Le cose turche di Erdogan viste dalla Germania

Con il suo arrivo a Kazan per la seconda giornata del vertice dei Brics, su invito di Putin, Erdogan intensifica i rapporti con quei Paesi che sfidano l'Occidente non solo sul terreno degli equilibri geopolitici ma anche finanziari. Che cosa si dice a Berlino

Pochi paesi hanno perseguito una politica estera oscillante e spregiudicata quanto la Turchia degli ultimi anni. Con il suo arrivo a Kazan per la seconda giornata del vertice dei Brics, su invito di Vladimir Putin, Recep Tayyip Erdogan compie un ulteriore passo in questa direzione. Da un lato il presidente turco si è distinto negli ultimi tempi come un efficace mediatore tra l’Occidente e la Russia, trattando sulle partite di grano ucraino e svolgendo un ruolo probabilmente decisivo nello scambio di prigionieri. Dall’altro sono sempre più intensi i rapporti con quegli Stati che l’Occidente lo sfidano sul terreno degli equilibri geopolitici e ora anche finanziari.

UN PAESE NATO NEI BRICS?

La Turchia ha chiesto di far parte del sempre più largo gruppo dei Brics, che Russia e Cina intendono utilizzare per scardinare quel che è rimasto dell’ordine mondiale esistente. La Turchia sarebbe così il primo membro della Nato a far parte del gruppo fondato da Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, che dall’inizio dell’anno comprende anche Iran, Egitto, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti.

LE MOSSE DI ERDOGAN VISTE DA BERLINO

Visto da Berlino, paese particolarmente interessato alle vicende turche, anche per il fatto di ospitare una fortissima comunità ormai giunta alla quarta generazione, l’attivismo di Erdogan suscita sempre apprensione. I think tank di politica internazionale che ruotano attorno alla capitale tedesca sono tuttavia convinti che per la Turchia l’ingresso non avrebbe immediati e tangibili vantaggi. Il gruppo dei Brics non può sostituire né gli stretti legami economici di Ankara con l’Unione europea né il suo ancoraggio militare e strategico alla Nato. Piuttosto, si pensa a Berlino, Erdogan gioca su quel tavolo per spingere l’Occidente – gli Stati Uniti e l’Europa – a prestare maggior attenzione alla Turchia.

Dalla Germania questo interesse non è mancato con il nuovo governo guidato da Olaf Scholz, peraltro fresco di visita in Turchia. I rapporti sono molto migliorati rispetto alle tensioni che avevano accompagnato il periodo del binomio Merkel-Erdogan.

COSA FA SCHOLZ

Negli ultimi mesi, il governo semaforo ha compiuto un’inversione di rotta nella sua politica sugli armamenti verso Ankara e sta consentendo nuovamente maggiori esportazioni di armi. Compresa la vendita dell’aereo da caccia Eurofighter, di cui Ankara intende ordinare quaranta velivoli. Nella sua visita turca Scholz ha suonato le corde della collaborazione e dell’intesa e anche se le differenze di posizione sul conflitto in Medio Oriente sono apparse evidenti, Erdogan è sembrato sorprendentemente conciliante accanto al cancelliere.

IL BLOCCO SUDAMERICANO E INDIANO INTERNO AI BRICS

Quanto all’ingresso nei Brics, gli esperti di politica estera tedesca sono più prudenti. Se Mosca avesse potuto imporre le sue decisioni, la Turchia sarebbe già entrata a farne parte, dice all’Handelsblatt Daria Isachenko, esperta di relazioni russo-turche presso la Fondazione di scienza e politica di Berlino (la Stiftung Wissenschaft und Politik, Swp): “I Brics sono estremamente importanti per la Russia e il Cremlino sta dimostrando di non essere isolato sulla scena politica globale”, spiega l’esperta della Swp, “ma c’è molto di più oltre alla semplice voce russa. La Russia non è onnipotente, sia il Brasile che l’India non vogliono vedere i Brics come un’alleanza anti-occidentale e c’è anche una resistenza di principio all’espansione all’interno del gruppo”.

Le ragioni dell’attrazione della nuova alleanza per la Turchia possono essere ricercate anche nelle preoccupazioni di Ankara per la ristrutturazione dei blocchi economici internazionali. Proprio l’Occidente, in seguito alle lezioni della pandemia e della guerra russo-ucraina, nonché delle nuove tensioni con la Cina, sta ridisegnando la propria organizzazione industriale. A livello internazionale si sono formati due blocchi economici: uno attorno alla Russia e alla Cina, l’altro attorno all’Occidente. Quest’ultimo sta spostando sempre più la produzione di beni e le sue catene di approvvigionamento verso ovest o verso i paesi alleati in Asia. “Questo provoca un certo senso di panico in Turchia per il fatto che sta emergendo un nuovo ordine mondiale e il paese non ne fa parte”, spiega sempre all’Handelsblatt la commentatrice di politica turca Asli Aydintasbas, esperta della Brookings Institution e residente a Istanbul.

LA LINEA OBLIQUA TURCA

Il grande attivismo di Erdogan negli anni passati lo ha portato a riscuotere molti successi e altrettante sconfitte. Tramontato il sogno di percorrere una strategia neo-ottomana, al riavvicinamento con l’Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, ha fatto da contraltare il deterioramento dei rapporti con Israele, accusato esplicitamente di genocidio contro i palestinesi nella guerra di Gaza.

Ma la linea obliqua in politica estera sarà la traccia di fondo della Turchia di Erdogan nei prossimi mesi. È stato lo stesso presidente a tracciarla nei giorni scorsi in una riunione di gabinetto. Date le continue tensioni nella regione, la Turchia ha bisogno di stabilire un nuovo equilibrio nelle sue relazioni estere, ha detto Erdogan: “Questa per noi non è una scelta, ma una necessità”.

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