Il Pakistan minaccia un duro giro di vite contro l’evasione fiscale, scrive Le Monde. Islamabad ha annunciato misure draconiane: chiunque non dichiari le tasse non potrà più acquistare un’auto o un appartamento, aprire un conto bancario o addirittura prelevare contanti, ha dichiarato domenica 29 settembre il ministro delle Finanze Muhammad Aurangzeb.
RIFORME STRUTTURALI PER NON DIPENDERE DALL’FMI
Il nuovo piano del Federal Board of Revenue, approvato dal Primo Ministro Shehbaz Sharif, mira a ridurre la quantità di contanti in circolazione nel Paese per porre fine all’evasione fiscale. Il Pakistan ha un rendimento molto basso per quanto riguarda la riscossione delle imposte. Secondo l’OCSE, nel 2021 il rapporto tasse/PIL del Pakistan era del 10,3%.
Il Ministro delle Finanze aveva già avvertito di “una transizione dolorosa” pochi giorni prima, quando il Paese ha ottenuto formalmente il suo 25° programma del Fondo Monetario Internazionale (FMI) dal 1958. Sull’orlo del collasso, il 27 settembre il Paese ha ottenuto un prestito di 7 miliardi di dollari (6,4 miliardi di euro) per tre anni. Impantanato in una grave crisi politica ed economica, il Pakistan ha evitato, in extremis, il default sul debito nel 2023. “Se vogliamo che questo programma sia l’ultimo, dovremo attuare riforme strutturali”, ha avvertito Muhammad Aurangzeb.
AUMENTARE LE TASSE NON BASTA
L’accordo prevede un sostanziale aumento delle entrate fiscali per portare il rapporto tasse/PIL al 13,5% in tre anni. Per sbloccare gli aiuti del FMI, il governo aveva già aumentato in modo sostanziale le tasse e i prezzi di elettricità e gas, colpendo duramente la classe media. A giugno ha presentato al Parlamento un bilancio di austerità, con un forte aumento delle tasse che dovrebbe generare il 40% di entrate aggiuntive.
Una soluzione a metà in un Paese dove la maggior parte dell’economia è informale e dove solo 5,3 milioni di persone – su una popolazione di 240 milioni – sono soggette all’imposta sul reddito. […]
Per il FMI, il nuovo prestito e le riforme che dovranno accompagnarlo permetteranno di “creare le condizioni per una crescita solida, inclusiva e persistente”. Per evitare il default, il Pakistan dovrà mobilitare 123 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni, di cui 85 miliardi per il rimborso del debito. La Cina e le banche cinesi sono i principali finanziatori del Paese, con oltre 20 miliardi di dollari. Insieme all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, la Cina ha fornito garanzie di finanziamento per consentire al Paese di ottenere gli aiuti del FMI.
IL PARERE DEGLI ECONOMISTI
Gli economisti pakistani dubitano che questo salvagente dell’istituzione finanziaria internazionale sarà l’ultimo. […]
L’economia pakistana ha recentemente mostrato segni di stabilizzazione. La crescita è aumentata del 3,07% nel secondo trimestre, rispetto al 2023. Per l’anno fiscale conclusosi a giugno, la crescita è stata rivista al 2,52%, dal precedente 2,38%. Anche l’inflazione è rallentata, scendendo al 6,9% a settembre, il livello più basso da oltre tre anni. “Questa stabilizzazione macroeconomica e il prestito del FMI, che ha contribuito a rassicurare i mercati, sono segnali positivi. Ma tutto dipenderà dalla capacità del governo di consolidare i risultati ottenuti”, avverte Uzair Younus.
TENSIONI PAKISTANE
Il Primo Ministro Shehbaz Sharif, eletto in condizioni contestate, governa il Paese come parte di un’ampia e fragile coalizione e potrebbe essere riluttante a prendere misure impopolari, mentre il suo rivale, l’ex Primo Ministro imprigionato Imran Khan, continua a godere di un’immensa popolarità nel Paese.
Sabato 5 ottobre, i sostenitori di Imran Khan hanno manifestato a Islamabad nonostante il governo avesse interrotto l’accesso a Internet mobile. In un altro segno di instabilità del Paese, lunedì due cinesi che lavoravano a un progetto di centrale nucleare a Karachi sono stati uccisi in un attacco rivendicato da un gruppo separatista del Belucistan. Sebbene Pechino sia un partner economico essenziale per il Pakistan, i progetti infrastrutturali finanziati dalla Cina sono fonte di risentimento e i suoi cittadini vengono regolarmente presi di mira. Per rassicurare Pechino, il 4 ottobre il governo ha annunciato un ulteriore stanziamento di 45 miliardi di rupie (circa 148 milioni di euro) per le forze armate, al fine di proteggere gli interessi cinesi nel Paese.
(Estratto dalla rassegna stampa estera a cura di eprcomunicazione)