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Enrico Letta mollato dai socialisti in Europa?

Che fine ha fatto la candidatura di Enrico Letta - tanto strombazzata sui giornali - per la presidenza del Consiglio europeo? I Graffi di Damato

Salvo colpi di scena, peraltro improbabili, derivanti da errori di calcolo di chi a livello europeo, di tipo partitico e istituzionale, sta cercando di forzare le tappe di una trattativa tutta dietro le quinte, precedendo l’insediamento del Parlamento di Strasburgo appena rinnovato, la candidatura dell’ex premier italiano Enrico Letta alla presidenza del Consiglio dell’Unione ha ballato meno ancora della “sola estate” del famoso film svedese romantico e drammatico del 1951. Ha ballato solo qualche giorno, sufficiente comunque a strappare all’interessato la rinuncia quasi o di fatto propedeutica ad un’altra candidatura che forse aveva maggiori probabilità di riuscita: il vertice della prestigiosa scuola internazionale Science Po, a Parigi. Dove Letta jr dieci anni fa andò a insegnare, dimettendosi da deputato, dopo essere stato sgambettato e sostituito a Palazzo Chigi dal collega di partito Matteo Renzi. Che pure si era appena insediato alla segreteria del Pd esortandolo a stare “sereno” alla guida del governo: aggettivo – quel “sereno”, ripeto- che da allora nessun politico può più usare senza imbarazzo, a dir poco.

Questa volta però, per consolazione di Enrico Letta, peraltro dichiaratamente ma forse anche scaramanticamente dubbioso di potercela fare sino all’altro ieri. Renzi non c’entra per niente. C’entra solo il Partito Socialista Europeo, del quale Renzi non fa più parte dopo avere lasciato il Pd, che gli ha preferito l’ex premier portoghese Antonio Costa.

Chissà, anche da questa esperienza Enrico Letta trarrà lo spunto per un nuovo libro, dopo i tanti già scritti, l’ultimo dei quali – titolato “Molto più di un mercato” a proposito dell’Unione Europea e ancora fresco di stampa per le edizioni del Mulino – poteva o doveva essere funzionale alla sua corsa Bruxelles. Dove d’altronde un mezzo lavoro l’ex premier ce l’ha già come uno dei consulenti, col connazionale Mario Draghi, della Commissione uscente presieduta dalla rientrante Ursula von der Leyen.

I giornali, e i partiti o schieramenti che li seguono o li ispirano, a seconda dei casi, si sono divisi fra nemici di Giorgia Meloni e del suo governo, che sarebbero rimasti fuori dalla partita – isolati, nell’angolo e simili – e sostenitori o semplicemente più corretti nell’informazione. Che danno invece la Meloni in partita per un in incarico di peso, e doppio, nella Commissione: vice presidente e titolare di competenze importanti.

“Ursula e Giorgia. Il dialogo è Fitto”, ha titolato il Riformista riferendosi alla presidente uscente e rientrante della Commissione, alla premier italiana e al ministro suo collega anche di partito Raffaele Fitto, ormai già di casa a Bruxelles per seguirvi i passaggi del piano di ripresa e resilienza italiano finanziato anche a fondo perduto, oltre che con prestiti, dall’Unione. “Giorgia la spunta”, ha titolato ancora più ottimisticamente Libero.

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