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Perché l’intelligence israeliana ha fatto flop?

Per Israele è stata una pesante disfatta sul piano dell’intelligence perché un’operazione come quella messa in atto da Hamas non è stata individuata e sventata per tempo ed è anche di un campanello di allarme per il livello di addestramento e coordinamento raggiunto dalle formazioni paramilitari palestinesi. Il punto di Aurelio Giansiracusa (Ares Osservatorio Difesa)

Nel giro di poche ore si è assistito a qualcosa a cui in Occidente non si era abituati; una vera e propria azione militare attentamente studiata ed altrettanto eseguita da parte di “forze speciali” palestinesi ai danni di diversi obiettivi civili e dello stesso Esercito Israeliano in territorio israeliano; queste operazioni hanno inflitto sensibili perdite in termini di uomini e mezzi (carri armati Merkava, veicoli Namer e veicoli ruotati distrutti o catturati) alle unità israeliane evidentemente colte completamente di sorpresa ed incapaci di organizzare una risposta rapida ed incisiva.

LA DISFATTA DELL’INTELLIGENCE ISRAELIANA

Per Israele è stata una pesante disfatta sul piano dell’intelligence perché un’operazione di tale vasta portata non è stata individuata e sventata per tempo ed è più di un campanello di allarme per il livello di addestramento e coordinamento nonché di potenza raggiunto dalle formazioni paramilitari palestinesi che hanno condotto gli attacchi in pieno territorio israeliano; a questo si aggiunge lo stato di prontezza operativo delle forze israeliane colte completamente di sorpresa ed alla sprovvista (complice anche la festività ebraica del sabato e quelle dello Yom Kippur), problematiche che, insieme alle pesanti responsabilità politiche di quanto avvenuto, dovranno essere oggetto di accurata ed approfondita analisi per l’assunzione dei necessari correttivi.

LE AZIONI DI HAMAS E LE STRANEZZE

Allo stato attuale, rimane inspiegabile come Hamas abbia potuto ricostruire e potenziare il suo arsenale, nonostante la stretta (a questo punto non da considerarsi più tale) sorveglianza dell’intelligence israeliana (teoricamente anche da quella egiziana che controlla i valichi nel Sinai), e come le difese dei valichi e della recinzione di confine, considerate altamente sofisticate, siano state superate con estrema facilità in più punti da forze leggere che hanno portato caos e distruzione all’interno di diversi insediamenti (almeno ventidue gli obiettivi attaccati); solo i tentativi di infiltrazione dal mare sono stati stroncati dal pronto e deciso intervento delle navi della Marina.

GLI EFFETTI DELL’OPERAZIONE DI HAMAS

Gli effetti di queste azioni palestinesi su vari obiettivi israeliani a sud, ad ovest ed a nord della “Striscia di Gaza” sono stati quelli di portare il Governo di Tel Aviv a dichiarare il movimento Hamas responsabile di aver trascinato Israele in una nuova guerra; a tal fine, lo Stato Maggiore Israeliano, imposto lo stato di emergenza sul intero territorio nazionale, ha lanciato l’operazione Iron Swords che sembra essere il preambolo di un qualcosa di ben più ampia portata che potrebbe coinvolgere il Libano, la Siria e lo stesso Iran, quest’ultimo additato apertamente dal Ambasciatore israeliano in Russia come il responsabile delle azioni di Hamas.

Da notare la posizione di Mahmoud Abbas tecnicamente Presidente dell’Autorità Palestinese, impossibilitato a tenere sotto controllo Hamas e le altre formazioni, che incita i suoi a difendersi dagli attacchi esterni, nonostante gli ammonimenti del Dipartimento di Stato di Washington che lo ha invitato esplicitamente a prendere i provvedimenti opportuni per riportare la calma a Gaza e dintorni.

LA POSIZIONE DI QATAR, KUWAIT, IRAQ E ALGERIA

Da registrare le posizioni del Qatar, Kuwait, Iraq ed Algeria che dichiarano di ritenere responsabile Israele dell’attuale situazione e quella meno rigida del Concilio della Cooperazione del Golfo che, pur ritenendo Israele responsabile a monte della crisi, invita le parti alla moderazione ed alle trattative.

USA AL FIANCO DI ISRAELE

Gli Stati Uniti hanno immediatamente preso posizione a favore di Israele condannando Hamas ritenendola responsabile degli attacchi terroristici e dichiarandosi pronti a fornire tutti gli aiuti necessari.

RUSSIA PRO PALESTINA

La Russia per bocca del Ministro degli Esteri ha invitato le parti alla calma e rilancia l’antico piano che vede la nascita dello Stato Palestinese con capitale a Gerusalemme Est con un sostanziale ritorno ai confini del 1967 prima della Guerra dei Sei Giorni.

LE CONTROMOSSE DI ISRAELE

In Israele, evidentemente sotto pesantissimo shock, sono stati immediatamente richiamati i riservisti che costituiscono una componente essenziale per l’operatività delle IDF; la questione dei riservisti per mesi è stato al centro del dibattito politico della Knesset (il Parlamento) e dello scontro con il Governo Netanyahu sulla restrizione dei diritti e sul inasprimento dei poteri di polizia, scontro che coinvolge soprattutto il potere giudiziario ed i rapporti con l’esecutivo.

IL RUOLO DELLE IDF

Per la prima volta dal ottobre 1973 (Guerra dello Yom Kippur) le IDF sono state chiamate a contrattaccare sul territorio nazionale, tenendo conto che nelle mani di Hamas e di altre formazioni ad essa alleate sono finiti decine di soldati (tra cui pare anche il Generale di Brigata Nimrod Aloni catturato a casa sua) e di civili usati come ostaggi e pedine di scambio.

LE DICHIARAZIONI DI NETANYAHU

Le dichiarazioni del premier Benjamin Netanyahu non lasciano spazio ad equivoci; Israele è in guerra e la risposta sarà durissima e mai vista in precedenza; a tal fine, ha dichiarato “il primo obiettivo delle IDF è innanzitutto ripulire il territorio dalle forze nemiche che sono entrate e ripristinare la sicurezza e la calma negli insediamenti che sono stati attaccati, il secondo obiettivo, allo stesso tempo, è esigere un prezzo elevato dal nemico, anche nella Striscia di Gaza mentre il terzo obiettivo è fortificare altre aree in modo che nessuno si unisca erroneamente a questa guerra” (quest’ultimo è un chiaro messaggio inviato ad Hezbollah, Siria ed Iran dal astenersi dal intervenire).

LE DIFFICOLTA’ DI NETANYAHU

Sul piano politico il premier Benjamin Netanyahu in evidente difficoltà ha proposto ai partiti di opposizione Yesh Atid ed Unità Nazionale di entrare in un governo di emergenza dopo il devastante attacco a sorpresa, proposta non rifiutata ma sottoposta a condizioni da parte dei leader di questi partiti.

(Estratto di un approfondimento pubblicato da Ares Difesa; qui la versione integrale)

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