A fine agosto Start si chiedeva se Exor avesse fatto un affarone ad acquisire il 15% di Philips e oggi la domanda torna più che attuale. Il titolo del gruppo olandese di tecnologia medica, infatti, questa mattina, è sceso del 9% alla Borsa di Amsterdam dopo che la Food and Drug Administration (Fda) ha dichiarato di non essere ancora soddisfatta del modo in cui Philips ha gestito la vicenda del richiamo di apparecchi respiratori.
NUVOLE SUL TITOLO PHILIPS
Questa mattina, intorno alle 10,45, il titolo Philips ha accusato “una flessione del 9,2% a 16,85 euro, la più ampia dell’indice Stoxx Europe 600”, scrive Radiocor del Sole24Ore.
Il tonfo è arrivato dopo che la Fda statunitense si è detta insoddisfatta circa l’analisi sui prodotti precedentemente richiamati perché ritenuti dannosi: “Non riteniamo adeguati i test e le analisi effettuati da Philips finora per valutare appieno i rischi posti agli utenti dai dispositivi che sono stati richiamati”.
GLI APPARECCHI RICHIAMATI…
L’autorità sanitaria, infatti, nel giugno 2021 aveva richiamato 15 milioni di dispositivi respiratori e ventilatori utilizzati per l’apnea notturna a causa del rischio di degradazione e tossicità di un componente in schiuma sospettato di effetti cancerogeni.
La Fda, scrive Reuters, ha registrato 100.000 segnalazioni di reclami sulle macchine e 385 decessi.
…E LA CLASS ACTION ITALIANA
L’apnea notturna, un arresto temporaneo del respiro durante il sonno, può avere ripercussioni anche molto serie sulla salute e lo scorso aprile i circa 100.000 utilizzatori italiani dei respiratori hanno intentato, da Torino, una class action contro Philips per la lentezza nei richiami.
LA RISPOSTA DI PHILIPS
All’odierna richiesta della Fda di effettuare ulteriori valutazioni dei rischi relativi alle apparecchiature respiratorie, Philips ha risposto che effettuerà altri test – oltre a quelli realizzati da 5 laboratori indipendenti – e che sta discutendo dei dettagli con l’autorità sanitaria Usa. “La prima priorità di Philips è la salute e il benessere dei pazienti, sia che si tratti di fornire dispositivi sostitutivi o di eseguire test per garantire che i dispositivi per il sonno e la respirazione funzionino”, ha affermato la società in una nota.
In totale, si legge su Bloomberg, Philips ha accantonato circa 1 miliardo di euro per il richiamo di circa 5,5 milioni di dispositivi e il mese scorso ha pagato 575 milioni di euro per risolvere alcune controversie.
Tuttavia, l’azienda deve ancora far fronte a richieste di risarcimento per lesioni personali e a un’indagine del dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. Inoltre, è in trattativa con la Fda per un “decreto di consenso”, che potrebbe costringerla a cessare alcune attività negli Stati Uniti fino al completamento delle azioni correttive.
LE PREVISIONI (NERE) DEGLI ANALISTI
L’avvertimento della Fda è un nuovo colpo duro per Philips dopo il richiamo del 2021. Per gli analisti di Bernstein, infatti, “si tratta di una brutta notizia”. “La Fda chiaramente non è contenta di come è stato gestito il richiamo”, affermano in una nota, aggiungendo che “la richiesta di test supplementari, la persistente insoddisfazione circa la gestione del richiamo dei dispositivi rendono sempre più probabile il divieto della vendita di Respironics negli Usa”.
Un mese fa, l’amministratore delegato Roy Jakobs ha dichiarato che l’azienda avrebbe dovuto affrontare le conseguenze del costoso richiamo per altri sette anni. La Fda aveva inserito i dispositivi per l’apnea notturna nell’elenco delle carenze a causa della mancanza di scorte, ma ora li ha rimossi dopo aver lavorato con altri produttori e partner governativi.
Stando a Reuters, Philips ha perso più di due terzi della sua valutazione di mercato nel 2021-2022 a causa del richiamo, ma ha registrato una modesta ripresa nel 2023.