Amazon scende in campo contro il Digital Services Act, le regole dell’Ue sui contenuti online.
Ieri il gigante dell’e-commerce statunitense ha presentato un’istanza al Tribunale generale del Lussemburgo sostenendo che non dovrebbe essere considerato come una delle 17 “piattaforme online molto grandi” o “Very Large Online Platform” (Vlop), ai quali il Digital Services Act (Dsa) della Commissione europea impone regole più severe sul controllo dei contenuti digitali.
Ad aprile, Bruxelles ha pubblicato i nomi del primo gruppo di società designate come piattaforme online molto grandi (Vlop), il che significa che hanno più di 45 milioni di utenti attivi mensili e sono tenute a rispettare una serie di regole sul controllo dell’incitamento all’odio, della disinformazione e delle contraffazioni presenti sulle loro piattaforme.
Ma Amazon ha dichiarato di essere “ingiustamente etichettata” nell’elenco di Bruxelles, che include altri giganti tecnologici americani come Meta, Google, Apple, Twitter e Wikipedia. Pertanto, ha presentato un’azione legale contro l’esecutivo di Bruxelles.
La causa al Tribunale generale con sede in Lussemburgo, il secondo più alto d’Europa, è la prima lanciata da una società Big Tech ed è arrivata due settimane dopo che il rivenditore online tedesco Zalando ha citato in giudizio la Commissione europea per lo stesso problema, segnala Reuters.
Inoltre, la mossa del colosso statunitense potrebbe spingere altri giganti della tecnologia a seguire l’esempio.
Tutti i dettagli.
L’ISTANZA DI AMAZON CONTRO IL DIGITAL SERVICES ACT
Martedì Amazon ha chiesto al Tribunale del Lussemburgo di annullare la sua designazione come Vlop ai sensi della legge sui servizi digitali entrata in vigore lo scorso anno.
VLOP SÌ O NO?
Ai sensi del Digital Services Act 19 piattaforme e motori di ricerca sono stati etichettati come piattaforme online molto grandi in quanto hanno più di 45 milioni di utenti.
Una designazione Vlop richiede alle aziende di fare di più per contrastare i contenuti online illegali, intraprendere la gestione del rischio, condurre audit esterni e indipendenti e condividere dati con autorità e ricercatori.
“Le piattaforme designate come Vlop hanno tempo fino al 25 agosto per conformarsi alle regole DSA o rischiano multe fino al 6% del fatturato annuo globale dell’azienda. Per un’azienda grande come Amazon, quella cifra non sarebbe insignificante: il rivenditore ha riferito di aver incassato 514 miliardi di dollari di vendite globali solo per il 2022”, evidenzia The Verge.
LA POSIZIONE DEL COLOSSO DELL’E-COMMERCE AMERICANO
La società ritiene di essere stata ingiustamente inserita tra le Vlop dal momento che non è il più grande retailer in nessuno dei Paesi Ue in cui opera mentre i suoi maggiori concorrenti non sono stati designati come tali. “Amazon non corrisponde a questa descrizione di una” piattaforma online molto grande “ai sensi del Dsa e pertanto non dovrebbe essere designata come tale”, ha dichiarato ieri un portavoce dell’azienda guidata da Andy Jassy.
“Se la designazione Vlop dovesse essere applicata ad Amazon e non ad altri grandi rivenditori in tutta l’Ue, Amazon sarebbe ingiustamente individuata e costretta a soddisfare obblighi amministrativi onerosi che non avvantaggiano i consumatori dell’Ue”.
LA REPLICA DI BRUXELLES
Da parte sua, la Commissione europea ha affermato di aver preso atto della contestazione di Amazon e difenderà la sua posizione in tribunale.
“L’ambito del Ds è molto chiaro ed è definito per coprire tutte le piattaforme che espongono i propri utenti a contenuti, compresa la vendita di prodotti o servizi, che possono essere illegali”, ha affermato un portavoce della Commissione. “Per i marketplace come per i social network, una portata di utenti molto ampia aumenta i rischi e le responsabilità delle piattaforme per affrontarli”, hanno aggiunto.
Dopodiché, l’esecutivo di Bruxelles ha concluso che difenderà la sua posizione in tribunale, rileva il Financial Times. Di sicuro le altre big tech della Silicon Valley monitoreranno attentamente la situazione.