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Landini

Le mie pagelline a centrodestra, centrosinistra e terzo polo

Pecche e sfide di centrodestra, centrosinistra e terzo polo. L'opinione di Cazzola

 

Quando ero ragazzo esistevano delle pubblicazioni – definite ‘’Il segretario galante’’ – dove venivano riportate dei fac-simile di lettere d’amore. La traccia era quello del ‘’sentimentalmente corretto’’, nel senso che si partiva da lontano con un corteggiamento blando allo scopo di fare conoscenza, poi si passava a frasi più impegnative che preludevano ad incontri di persona. Poi le lettere rimanevano – in assenza di telefoni ed altre diavolerie della modernità – il mezzo normale per comunicare anche tra persone già approdate a relazioni stabili.

Oggi nessuno scrive più, al massimo se la cava con un tweet, un post o se proprio intende esagerare con una telefonata. Ignoro se esistano  – oggi – dei manuali del ‘’politicamente corretto, allo scopo di aiutare i <parlamentari per caso> ad orientarsi nei corridoi dei passi perduti per trovare la toilette. Ma è forte il dubbio che – se esiste – quel manuale sia servito agli sherpa della coalizione di centrodestra per redigere i 15 punti del programma elettorale patriotticamente intitolato ‘’Per l’Italia’’. A partire dalla politica estera che sembra presa da una velina del Pentagono.

Qualche nuance – a leggere tra le righe con occhi prevenuti – si scoprono nei paragrafi riguardanti l’Europa, il PNRR e la globalizzazione. Ma non si tratta di posizioni esplicitamente critiche come nei testi del 2018, ma misure di sedicente miglioramento, revisione e correzione, ambigue, ma aperte a tutte le prospettive. Non vi è traccia delle cifre inquietanti (esempio: pensioni minime a mille euro mensili), né di numeri che quantificano la c.d. flessibilità in uscita, tanto che non viene neppure demonizzata la riforma Fornero, come era d’abitudine da anni.

Anche nei punti più controversi  – come nel caso della politica fiscale – nel programma è presente un clima di cautela che potrebbe consentire anche percorsi di ritirata. In sostanza, il programma del centrodestra è la più grande operazione di trasformismo realizzata in una legislatura che ha portato quella pratica a vette mai raggiunte in precedenza. Il programma si caratterizza, infatti, per la dissimulazione degli aspetti più discutibili delle linee politiche tradizionali del centrodestra e per  le cortine fumogene all’interno delle quali sono avvolti gli aspetti di merito.

Si prenda il caso del presidenzialismo che poi è derubricato ad elezione diretta del Capo dello Stato (che è tutta un’altra cosa). Non ha senso criticare l’idea come anticamera dell’autoritarismo, quando sarebbe più vantaggioso – anche sul piano elettorale – far notare che riforme siffatte sono molto complesse ed impongono revisioni istituzionali molto più trasversali sull’intero ordinamento. Se poi, a commento di questa proposta, il Cav si inventa che – una volta approvata questa riforma –  Sergio Mattarella dovrebbe dimettersi, oltre a giustificare alcuni dubbi  sull’esistenza di  un interesse privato in atti di ufficio (non avrà per caso Berlusconi programmato in un’aspettativa  di immortalità un cursus honorum che la veda transitare dalla presidenza del Senato al Quirinale?), si rivela in pratica una sciocchezza, perché, per arrivare a varare una riforma tanto complessa, attraverso il meccanismo rigido previsto dalla Carta, occorrerebbe un tempo non certo breve, sia pure se dalle urne uscissero quei rapporti di forza in Parlamento, richiesti per cambiare la Costituzione.

Sul fronte avversario, intanto Enrico Letta fa un gol a porta vuota al duo Calenda/Renzi, candidando nelle liste del Pd/+Europa, Carlo Cottarelli. Qualcuno un po’ maligno ha voluto ricordare, in questo caso, l’attitudine del Pci a candidare nelle proprie liste il gotha universitario, culturale, imprenditoriale, giornalistico del Paese, con l’autorizzazione a costituire i  gruppi della Sinistra Indipendente. Il paragone è un po’ ingeneroso. Cottarelli ha un profilo di carattere internazionale ed è un garante dell’agenda Draghi. Letta poi ha in canna un altro colpo: quello di candidare uno stretto collaboratore del premier ovvero il direttore del dipartimento di politica economica di Palazzo Chigi, Marco Leonardi, docente universitario ed economista, che è stato protagonista  della gestione del PNRR.

Si sa poco, invece, delle candidature del polo Calenda/Renzi. Se riescono a liberarsi del surriscaldamento dell’IO di cui soffrono entrambi (Calenda in termini ipercalorici) e a liberarsi  della logica della ditta, la nuova formazione deve puntare sul gruppo di fuoriusciti da Forza Italia, non solo su Mara Carfagna e Mariastella Gelmini, ma anche su Andrea Cangini e altri, tutte persone di esperienza e qualità in grado di coprire il fronte moderato (che è poi quello da cui possono venire i maggiori consensi). Ma il ‘’duo Lescano’’ deve realizzare un acquisto  all’altezza di Cottarelli. Può farlo sul versante del lavoro che è quello  più sofferente di conservatorismo  nel campo avversario.

Letta è costretto a mettere in lista alcune ‘’vecchie glorie’’ del sindacato e ad avere  buoni rapporti con la Cgil, senza tener conto di Andrea Orlando e della sinistra del partito. Ecco perché, al posto dei due ‘’conducator’’, io mi affretterei ad arruolare  in lista Marco Bentivogli, una personalità che non ha soltanto un’esperienza  di rilievo sul campo, ma anche una cultura riformista, in grado, come pochi altri,  di affrontare le nuove sfide in materia di lavoro.

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