Skip to content

Subacqueo
Grandi Temi

Tutti i piani del governo Meloni sul dominio subacqueo. Parla Marrone (Iai)

Data la crescente importanza del dominio subacqueo, il ruolo della Marina militare sarà sempre più strategico. Colloquio di Mauro Giansante con Alessandro Marrone, responsabile del Programma Difesa dello IAI, tratto dall'ultimo numero del quadrimestrale di Start Magazine.

È trascorso quasi un anno e mezzo dall’insediamento del governo Meloni e una delle traiettorie più nette delineate riguarda senz’altro il settore energetico. Da questo punto di vista il carattere politico conservatore si è tradotto nel dare seguito a quanto già tracciato dai precedenti inquilini di Palazzo Chigi. Insomma, se oggi si parla sempre più come di Italia hub energetico europeo, ciò è frutto di un lavoro non di pochi giorni.

I primi riferimenti che fa Alessandro Marrone, responsabile del Programma Difesa dello IAI (Istituto Affari Internazionali) nella conversazione con il quadrimestrale Start Magazine sono inevitabili: la Trans-Adriatic Pipeline (il famoso gasdotto TAP che per anni è stato oggetto di sollevazioni salentine a Melendugno) che lega Baku a Roma e i due gasdotti che collegano le coste italiane all’Africa. “La guerra russo-ucraina ha sì dirottato l’attenzione in termini di sicurezza e difesa verso est, ma allo stesso tempo ha spostato gli approvvigionamenti energetici verso sud”, fa notare. “Perché è vero che si accelera giustamente sulla transizione energetica, ma nel frattempo c’è una maggiore spinta a siglare contratti, a esplorare opportunità di cooperazione con i Paesi africani e del Medio Oriente. E questo si riflette in un aumento del traffico di risorse energetiche via mare – quindi LNG, piuttosto che petrolio – e anche in un maggiore investimento nell’esplorazione e utilizzo di giacimenti di gas sottomarini in particolare nel Mediterraneo orientale”.

IL MEDITERRANEO TORNA AL CENTRO

Insomma, una nuova geografia politica energetica. “Ormai gli attori hanno incorporato nelle proprie strategie la perdurante guerra e non ci sarà un ritorno al business as usual con la Russia in tempi brevi, come invece era avvenuto nel 2008 dopo l’invasione della Georgia e per certi versi anche dopo il 2014”, prevede Marrone. Tutto a vantaggio di una maggiore diversificazione: sia come interconnessione energetica che come trasporto. Il Mediterraneo è al centro di questa nuova configurazione, acquisendo anche importanza dal punto di vista securitario.

Gli eventi succedutisi a cavallo tra 2023 e 2024, ovvero le tensioni mediorientali tra Hamas e Israele, hanno visto aggiungersi tra i protagonisti i ribelli yemeniti degli Houthi nel Mar Rosso, che tramite bombardamenti hanno intaccato le vie di comunicazione e quindi di trasporto anche di risorse energetiche. Eventi emblematici oltre che fonte di nuovi disastri. Ecco perché, secondo l’analista dello IAI, la visione italiana di un Mediterraneo allargato che va dal Golfo di Guinea a ovest fino al Golfo di Aden a est passando per il Mar Mediterraneo e il Mar Rosso, è molto sensata. Anche come connessione dall’Indo-Pacifico all’Atlantico.

Nel concreto, la visione italiana definita in questi mesi dal governo Meloni coincide con il Piano Mattei, così nominato per onorare la memoria del fondatore di Eni. E qui Marrone rileva un passaggio chiave nei rapporti internazionali, dal multilateralismo al bilateralismo. Un approccio che prevede partenariati omnicomprensivi, specifici e multisettoriali: incorporano la dimensione energetica, di sicurezza, di cooperazione per gestire i flussi migratori, la dimensione culturale, scientifica. Questa proattività italiana si riversa soprattutto in Africa, dalla Tunisia al Mozambico, passando per Libia, Algeria ed Egitto. Marrone ricorda i numerosi viaggi compiuti nei mesi scorsi da Meloni e da vari ministri del suo esecutivo proprio per instaurare nuove relazioni durature.

Certo, “l’Italia purtroppo ha sperimentato sulla pelle dei propri interessi nazionali quel che ha significato l’instabilità in Libia dopo la guerra del 2011”. Perciò affidarsi a questi Paesi non è sinonimo di fiducia cieca nella loro solidità interna: “lavorare contemporaneamente con più partner mitiga e permette di gestire il rischio che uno o più di questi partner per problemi interni possa subire un cambio di regime”, segnala Marrone.

Non solo Africa, non solo energia. Alessandro Marrone ricorda i rapporti che intercorrono con l’Azerbaigian e in generale la regione del Caucaso e del Caspio. Oltretutto, questo attivismo italiano può fare da traino per l’Europa e conferisce a Roma i contorni di maggiori responsabilità come sistema Paese.

IL RUOLO DELLA MARINA MILITARE E L’AMBIENTE SUBACQUEO

Sempre dal punto di vista italiano, questo maggior protagonismo nel Mediterraneo rimanda inevitabilmente al ruolo della Marina Militare. “Un elemento molto importante”, dice Marrone, ricordando che i confronti geopolitici degli ultimi anni hanno chiamato in causa tanti Paesi e spesso messo al centro la dimensione del dominio navale. “E quindi per l’Italia, che dipende dalle materie prime ed energetiche ed esporta prodotti finiti, il mare come via di trasporto e le risorse marittime sono fondamentali”. Oltretutto in una fase storica dove gli interventi terrestri diretti da parte occidentale sono drasticamente diminuiti col ritiro dall’Afghanistan. “Perché gli interventi di terra diretti sono più pericolosi e costosi, tanto in termini di vittime nelle proprie forze armate che di impiego di mezzi. Ecco perché si punta sempre di più sui domini aereo, spaziale, cibernetico e navale, dove si proietta l’influenza di uno Stato in maniera più indiretta”.

La “diplomazia navale” italiana, in un’ottica di sistema-Paese e tecnologico-industriale, non è certo esente da questo percorso. I riferimenti di Marrone sono all’addestramento della nave Morosini nell’Indo Pacifico e quella in cantiere della portaerei Cavour fino in Australia e Giappone. Attività che dimostrano la proiezione italiana verso un’area sempre più sensibile. E il ruolo della Marina Militare nell’ambiente subacqueo è in questo senso sempre più centrale in termini di sicurezza dello sfruttamento più efficace di giacimenti e risorse energetiche nei fondali marini, di controllo delle infrastrutture critiche sottomarine e gestione dei droni subacquei. “Perché serve una capacità militare per operare in tutto l’ambiente subacqueo. La Marina Militare opera sia nelle acque vicine alle coste sia nelle acque internazionali”.

Infine, per coniugare il tema del dominio subacqueo dal punto di vista tecnologico, Marrone rammenta che si tratta di “una sfida gigantesca perché oggi conosciamo meglio la superficie della Luna che quella delle aree subacquee, per la capacità di avere immagini di corpi celesti che invece non abbiamo per i fondali marini. La percentuale di fondali marini esattamente mappati è veramente piccola, il 2%, mentre quella di fondali conosciuti è pari al 20%. Quindi rimane un enorme mondo da esplorare e mappare, mentre l’estensione del totale dei cavi Internet subacquei si calcola nell’ordine di oltre un milione di chilometri, 2 volte e mezzo la distanza Terra-Luna”.

I droni subacquei sono gli strumenti chiave per progredire nell’esplorazione della dimensione sottomarina, per la mappatura ma anche per il monitoraggio tramite sensori, affinché le azioni in chiave di riparazione siano efficaci così come quelle a protezione delle strutture. Tutto si tiene e ancora non abbiamo piena contezza di cosa sia il tutto.

Torna su