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Dalla Francia alle nostre Regioni: è crisi democratica e politica?

L’instabilità mina l’Europa, siamo al conflitto tra elettori ed eletti. Ma Giorgia rivincerebbe le politiche anche se perdesse le amministrative (a proposito, perché non trasformarle in elezioni di Midterm?). Il corsivo di Battista Falconi.

Mattia Feltri è l’unico a evidenziare, sulla crisi francese, una dichiarazione di Bayrou: “Avete il potere di rovesciare il governo ma non quello di cancellare la realtà”. “La frase che scolpiremo sulla lapide della democrazia”, sottolinea l’editorialista della Stampa, uno dei pochi a grattare sotto la superficie delle notizie del giorno per cercare di capirne il senso. Per carità, la crisi delle democrazie non è la scoperta del secolo, è cosa stranota, ma la contingenza stimola a rifletterci un momento ancora.

La crisi francese è stata seppellita dalla generale antipatia per Macron e per il suo sfiduciato primo ministro e dalla preoccupazione per le conseguenze di un’instabilità che mina ulteriormente l’Europa, date quelle pendenti in Germania, Spagna, Gb e nella stessa Unione (di cui lamentano la debolezza coloro che ne sono stati quanto meno concausa come Prodi, Draghi e Tajani). Si tratta di due sentimenti opposti ma che condividono la valutazione sullo scollamento, o conflitto, tra mandato elettorale e decisioni degli eletti. Quasi nessun governante ha coraggio e forza per prendere misure necessarie, magari indispensabili, ma scomode e sgradite. Si preferisce il facile consenso che arriva dai bonus: 110%, PNRR, ZES via via allargata, fino a quelli quello per i prof, la cui odierna notizia segue quella delle assunzioni a favore della scuola. Ma come, abbiamo meno giovani e meno studenti (c’è anche un problema di attrattività dell’istruzione) e investiamo sempre di più nel settore?

Gli antipaticissimi Bayrou e Macron sono in crisi anche perché si rifiutano di cedere al facile “populismo”. Propongono un piano di austerità da 44 miliardi di euro, volto a ridurre il debito pubblico ormai al 113% del PIL, e vogliono innalzare l’età pensionabile da 62 a 64 anni, come già approvato nel 2023 sotto Macron: la riforma che ha portato per mesi proteste di piazza e scioperi, animati da sindacati e partiti di sinistra, con tanti giovani che, in realtà, se ne sarebbero forse avvantaggiati.

Alla crisi democratica si aggiunge, strettamente correlata, la crisi della politica. Non esistono quasi più i partiti, soprattutto sono scomparse le loro strutture – dalle sezioni alle scuole, dai congressi fino ai comizi – che formavano le classi dirigenti, oggi affidate soprattutto alla chiamata o alla discesa in campo di presunti deus ex machina provenienti dall’economia, dallo spettacolo o dal caso. Vedi l’avvocato Giuseppe Conte e, prima e dopo di lui, Mario Draghi e Mario Monti, per non dire di Silvio Berlusconi e forse in futuro del di lui figliolo. Per carità, nessuno rimpiange certo Renzi, Letta o Gentiloni, ma il livello pare calare ulteriormente se, oggi, il Pd pensa (dicendolo a gran voce) di scalzare Giorgia Meloni con Elly Schlein e con il campo largo.

Quello che la segretaria Pd con i suoi allegati potrebbe fare, al massimo (non sarebbe poco) è sconfiggerla alle prossime Regionali, in primis nelle Marche che, per motivi non sufficientemente precisati, sono assurte a “Ohio italiana”, cioè voto locale il cui esito determinerà quello nazionale. In realtà potrebbe accadere l’opposto: se la maggioranza governativa perdesse malamente le amministrative dei prossimi mesi e settimane e si decidesse di tornare alle urne per le politiche, l’attuale premier potrebbe rivincere e stravincere.

Comunque, siamo nella pura immaginazione. C’è un solo elemento, legato alla crisi politica e democratica, che dà alle ipotesi un minimo realismo: l’enorme caos che entrambe le compagini in competizione stanno creando al loro interno, nel quale una delle dinamiche è far fuori gli amministratori uscenti o i possibili candidati con maggior popolarità (se non chance di successo), come Zaia, De Luca padre, Vannacci. Lato nostro, avanziamo solo una modestissima proposta per ridurre le fibrillazioni: accorpare le elezioni locali, trasformandole esplicitamente in midterm elections.

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