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Nato Russia

Chi punta su Taranto (fra economia, trasporti e geopolitica)

Taranto fra economia, trasporti e geopolitica. L'approfondimento di Arcangelo Milito

 

Il rapporto fra Marina militare e Città di Taranto è complesso e affonda le sue radici nella storia d’Italia, anche pre-repubblicana. Chi lo negasse farebbe torto alla tradizione marittima millenaria di Taranto, centro strategico fin dalle sue origini nella Magna Grecia.

La base della Marina militare di Taranto e aree portuali limitrofe “fanno gola” a molti: dalla Cina alla Nato, dalle compagnie di movimentazione container agli operatori del turismo e della nautica da diporto. Se uniamo a tutto ciò la vicinanza al terminale del gasdotto Tap/Tanap in arrivo da Azerbajian via Turchia, Grecia e Albania, si capisce perché Taranto assuma un rilievo particolare.

Nel suo articolo per Il Manifesto del 13/10/2020 Alessandro Marescotti rimprovera al governo di prestare più attenzione all’ampliamento della base navale e le spese militari rispetto all’emergenza ambientale e all’incidenza di tumori a Taranto, per cui i fondi – stanziati da vari anni – andrebbero a detrimento della salute pubblica. Sempre Marescotti contrappone tutto ciò a quanto espresso nell’art. 1 dello Statuto Comunale, secondo cui Taranto è “città operatrice di pace”. Tuttavia, tutela della salute pubblica e ampliamento della base navale non sono per nulla in contrapposizione perché possono e devono senz’altro coesistere.

La preoccupazione del Manifesto è accresciuta dall’intenzione Usa di contribuire sostanziosamente (Marescotti non quantifica: sono $600 milioni) all’ampliamento della base della Marina Militare italiana, che diventerà strumento-chiave delle SNF (“Standing Naval Forces”) del nucleo marittimo della “Very High Readiness Joint Task Force”, schierata nel fianco sud Nato. Tale schieramento si inquadra nel “Standing Nato Maritime Group 2” (SNMG2). Tale impegno per Taranto procede in parallelo con l’approntamento di altro importante polo logistico in Italia stavolta dedicato alle truppe di terra, presso Solbiate (MI).

A leggere certe cronache pare che in Puglia si siano risvegliati toni militareschi, guerreschi e guerrafondai, ma è davvero così? Il vero obiettivo è evitare la militarizzazione del territorio oppure, molto più verosimilmente, impedire ciò che ha espresso con chiarezza l’Ammiraglio Salvatore Vitiello, comandante del Coman​do Marittimo Sud della Marina Mi​litare, riguardo a Taranto: la creazione di «un “cluster unico”, ovvero un complesso in​tegrato di infrastrutture logistiche che potrebbe essere cruciale per il supporto delle attività operative dell’Alleanza o per il supporto a missioni umanitarie e di soccorso nel Mediterraneo». Per chiarezza tale complesso comprende: Base Navale di Taranto, Arsenale della Marina, Base Navale di Brindisi, Centro Addestramento Aeronavale della Marina Militare (MARICENTADD, San Vito di TA), “NSPA Southern Operational Center” cioè la sede del Quartier Generale del Comit​marfor (il Comando Italiano delle Forze Marittime, certificato dalla Nato come Comando con capa​cità Marittima di Reazione Rapi​da), infine MARISTAER (Stazione Aeromobili Marina) di Grottaglie, la Base AM 36° Stormo Caccia di Gioia del Colle e relativo 84° Centro C/SAR.

Sempre a onore di precisione e verità, nei decenni passati quasi tutti i responsabili della Difesa italiana hanno cercato di ampliare le infrastrutture portuali di Taranto: basti pensare a Spadolini in città il 13/10/1989 per il centenario dell’insediamento dell’Arsenale Navale e suo arricchimento, raccomandato dal Senatore Cataldo Nitti nelle sue Considerazioni economiche e politiche del luglio 1861.

Facciamo un salto temporale: dopo vari anni di attesa, il 28/7/2020 scorso il Cipe ha deliberato lo stanziamento di 79 (già finanziati con fondi FSC 2014/2020) dei €203 milioni previsti dal programma di ammodernamento della Stazione Navale Mar Grande di Taranto, per renderla idonea ad ospitare le navi di ultima generazione della Marina Militare. Tale ampliamento dovrebbe permettere l’attracco e il rimessaggio fino a 19 grosse unità, fra cui nave anfibia multiruolo/multifunzione (Lhd V/Stol) “Trieste” (L 9890: 245 metri di solo scafo e 33mila tonnellate). I primi €79 milioni sono spalmati in un quinquennio: 2,82 milioni nel 2021, quindi 8,5 nel 2022, 20,7 nel 2023, 23,6 nel 2024 e altrettanti nel 2025. Gli interventi (ampliamento del molo Rotundi e riqualificazione dell’area Chiapparo) fanno parte di un progetto più ampio, che prevede la cessione ex Stazione/banchina Torpediniere nel Mare Piccolo – in pieno centro di Taranto! – e il conseguente sfruttamento turistico-commerciale delle aree interessate. In quest’ultima area di banchina Torpediniere (costo sistemazione: €40 milioni circa) sorgerà l’Acquario Green (ulteriore stanziamento Cipe di €50 milioni). Tutto questo offre una prospettiva di sviluppo a tutto il comprensorio, per nulla dipendente da sorti militari o pruriti guerreschi.

A nostro modesto parere il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mario Turco ha sintetizzato tutto con efficacia: «Il Cantiere Taranto è nella sostanza una visione futura e strategica della città e dell’intero arco jonico che si materializza con investimenti ad alto moltiplicatore economico, occupazionale e sociale. I diversi progetti che abbiamo finanziato in questi mesi e che ci apprestiamo a realizzare sono inquadrabili in un ampio processo di riconversione di cui il territorio ha estrema urgenza, dopo decenni di stallo politico».

L’intera area portuale tarantina quindi ospiterebbe navi da crociera, servizi, logistica, strutture turistiche, ecc. La direzione fortemente commerciale di Taranto è ulteriormente rafforzata dalla presenza di operatori specializzati nella movimentazione cargo, container, merci varie. La turca Yilport Holding (controllata da Yildrim Group, Ad Robert Yuksel Yildrim) ha acquisito il controllo del Terminal Containers di Taranto. L’8/4/2020 l’assessore pugliese allo Sviluppo economico Borraccino esprimeva la propria soddisfazione per l’insediamento produttivo di Ferretti Group nella zona “ex Yard Belleli”, leader mondiale nella cantieristica da diporto (valore circa €100 milioni e 400 posti di lavoro. Tutta l’area portuale tarantina è quindi appetibile agli occhi stranieri, in particolare quelli cinesi. Ferretti Group è controllato per l’85% dai cinesi di Weichai Group.

Un’informativa della nostra Aise (Agenzia per la Sicurezza all’Estero) ha appurato che Yilport Holding è socia dei cinesi di Cosco, Sinosteel e Cmec, mentre i turchi facevano di tutto per mettere in risalto solo il possesso del 24% del Cma Cgm Group francese (3° gruppo mondiale per movimentazione container) e il proposto raddoppio di volume di movimentazione (da 2 a 4 milioni Teu/anno. Notasi: 1 Teu standard corrisponde a 38 metri cubi d’ingombro totale), nonché il riposizionamento di Taranto come hub strategico nel Mediterraneo. Per parte sua il Copasir (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica) ha posto l’area tarantina sotto osservazione e redatto un dossier in cui si avanzano “preoccupazioni per eventuali investimenti della Cina nel porto di Taranto”, specie in relazione alla vicina base Nato. Infine, ci risulta che la ‘Questione Taranto”, e la relativa sicurezza concernente l’Nspa Southern Operational Center Nato al riparo da occhi e orecchie indiscrete (magari cinesi), sia stata esplicitamente accennata nel corso della recente visita del Segretario di Stato americano Mike Pompeo a fine settembre in Italia.

A questo punto trovarsi di fronte a un approccio unitario occidentale al “soft power” cinese imperniato sull’importanza dei rapporti commerciali e conseguenti dipendenze non sorprenderebbe proprio. E Taranto è una piccola rotella di questo ingranaggio. Di più: non sarebbe neanche una novità se questo approccio fosse molto verosimilmente in ambito Nato per bypassare remore europee di origine tedesca, in fondo sappiamo che la Germania è il 1° partner commerciale della Cina (almeno €209 miliardi di interscambio). Ulteriore chiave di lettura: che sia Biden o Trump a vincere la corsa presidenziale Usa è ininfluente, per il complesso politico-militare e industriale americano è limitare fortemente l’espansione commerciale cinese a tutti i livelli.

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