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Autostrade, ecco tutte le sportellate fra Camanzi e Palenzona su pedaggi e concessioni

Che cosa sta succedendo tra le concessionarie autostradali e l'autorità per i trasporti

Entra nel vivo la riforma tracciata dall’Autorità per i trasporti (Art) sui pedaggi autostradali con un price cap uguale per tutti e una rivoluzione nel sistema tariffario che porterà a prezzi più bassi e maggiore efficienza, secondo gli obiettivi dell’Authority. Ma naturalmente questa rivoluzione sta trovando sul suo cammino la resistenza delle concessionarie.

CAMANZI: ORA POSSIAMO INTERVENIRE ANCHE SULLE CONCESSIONI IN ESSERE

Il presidente dell’Art Andrea Camanzi, in un’intervista di sabato 6 luglio su La Stampa, ha ricordato che la situazione attuale è frutto di un lavoro “iniziato anni fa, completato dopo l’allargamento delle nostre competenze stabilito dal governo e dal Parlamento. Ora – ha chiarito – possiamo intervenire anche sulle concessioni autostradali in essere, al momento di rivedere, al termine dei cinque anni previsti, i piani economici e finanziari alla base della concessione”.

LA RICOSTRUZIONE DELLA VICENDA

Chiaramente ci sono state delle reazioni negative a questa novità. Come raccontato da il Fatto Quotidiano della settimana scorsa, alcuni concessionari “hanno provato ad aggirare” le nuove regole “aprendo uno scontro con il ministero delle Infrastrutture che in una serie di lettere ha bloccato la furbata. La vicenda – proseguiva il quotidiano – è indicativa dello strapotere di cui gli operatori del settore godono da decenni, con profitti stellari che non intendono mollare”. Lo scorso 19 giugno l’Art “ha elaborato il sistema tariffario dei pedaggi per 16 concessioni in essere, per le quali serve rivedere o aggiornare il Piano economico finanziario (Pef) – scriveva il Fatto Quotidiano –. Il sistema sostituisce le sette formule prima vigenti con aumenti annuali, in favore di un meccanismo quinquennale”. Il vecchio meccanismo “era molto più generoso. Autostrade, per dire, ha un rendimento per gli investimenti del 10,2%, oramai fuori mercato e il 30% più alto di quello deciso dall’Art. Questo meccanismo – proseguiva il quotidiano diretto da Marco Travaglio – ha garantito una crescita costante dei ricavi da pedaggio del settore, passati dai 4,7 miliardi del 2009 ai 5,9 del 2017 con una redditività stellare. In media i concessionari hanno un margine operativo lordo oltre il 40% contro il 10-12 di aziende comparabili”.

CAMANZI: DIFESA DI POSIZIONI NON PIU’ IN LINEA CON IL MERCATO

Reazioni negative “dovute in parte alla difesa di posizioni o interessi non più in linea con il mercato. Paure e perplessità che non hanno ragione di esistere”, ha chiarito Camanzi. “In questi casi – come per le autostrade Torino-Aosta, del Brennero, Brescia-Trieste-Venezia e in prospettiva per l’A12 Sestri Levante-Livorno la Viareggio-Lucca, l’A15 diramazione per La Spezia e l’A10 Ventimiglia-Savona – c’è un nuovo pedaggio costruito sulla base del price cap, più trasparente e basato sull’efficienza che deriva dagli investimenti e dalla produttività. Non si rinnova più di anno in anno ma è stabilito in una arco di cinque anni”, ha sottolineato il presidente sul quotidiano torinese.

PALENZONA (AISCAT): SBAGLIATE UNILATERALI E RETROATTIVE LE NUOVE TARIFFE

A schierarsi contro le novità è Fabrizio Palenzona, presidente di Aiscat, che in un’intervista domenica 7 luglio al Corriere della Sera ha definito “sbagliate” le nuove tariffe “unilaterali e retroattive” e chiesto di aprire un dialogo. Secondo Palenzona il limite che fino ad oggi era presente per l’Authority di non potersi esprimere sulle concessioni in essere “derivava dall’esigenza di salvaguardare i contratti tra lo Stato concedente e la concessionaria da invasioni di campo di soggetti terzi, anche se ben intenzionati. La stranezza è oggi. Ora, l’indipendenza dell’Autorità è sacrosanta. Se praticata. Vede, i costi dell’Autorità sono coperti dai contributi delle aziende regolate. Niente di male. Lo stesso Consiglio di Stato lega questi contributi alla funzione di regolazione, purché esercitata in modo indipendente (…) Purtroppo la nostra sembra attuare gli indirizzi del governo, che richiedono leggi e decreti, per quella scorciatoia che è la via amministrativa. Attribuendo carattere retroattivo alla revisione cerca di attrarre altri ingenti contributi. L’Autorità viola le norme italiane ed europee”.

PALENZONA: ART VUOLE CAMBIARE IL SISTEMA SENZA DIALOGO

Il perché è presto detto, sempre secondo Palenzona: “Le concessioni sono strutturate su un sistema regolatorio conseguente all’adozione della direttiva Costa/Ciampi poi rivoluzionato dal decreto Di Pietro del 2006 inizialmente in via unilaterale, poi ridiscusso con le concessionarie e infine assistito dall’approvazione europea. L’Autorità pretende di cambiare questo sistema senza nemmeno tentare un dialogo. Dimentica che, per modificare i contratti, è necessario il consenso di entrambe le parti”.

NESSUNA MAXI-REMUNERAZIONE

Palenzona respinge al mittente anche l’idea delle maxi-remunerazioni alla concessionarie malgrado anni di tassi vicini allo zero. “Ma se sono piani scaduti da anni, alcuni da 10 anni, senza che il concedente facesse le sue valutazioni – si legge nell’intervista al Corsera -. E poi come si fa a leggere quei vecchi piani in base al costo del capitale di oggi e non di quello dell’epoca in cui quei piani erano stati presentati? Un’epoca in cui la componente debitoria del costo del capitale investito costava ben più di oggi e, guardi, i tassi zero sono quelli della Bce non delle banche. E come si fa a dimenticare che è stata l’Autorità a fissare nel 5,5% il premio al rischio per il capitale della componente azionaria? È bene sapere che il diritto europeo stabilisce livelli uniformi nel mercato unico che non consentono sovra-compensazioni”.

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