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Paucicomplottista

Perché io, medico, contesto i metodi anti Covid

Il post di Stefano Biasioli, già primario in reparti di Nefrologia-Emodialisi, ora pensionato e libero professionista in nefrologia e endocrinologia.

Sono un Capricorno, nato a Natale, 77 anni fa.

Faccio il medico da una vita: 40 anni passati in ospedale (Assistente, Aiuto e Primario in reparti di Nefrologia-Emodialisi) e, da pensionato INPS, libero professionista in nefrologia e endocrinologia.

Nella mia vita di medico ne ho viste di tutti i colori: dai primordi della dialisi alla dialisi computerizzata, dai trapianti su scimmie (a Lione) ai trapianti da cadavere e da vivente; dalle tecnologie “fatte in casa” alla capitale mondiale della dialisi (a Mirandola).

Ho imparato ad affrontare i problemi clinici, i problemi del malato anche in assenza di linee-guida chiare e certe.

Per questo non capisco e non accetto quello che sta succedendo con questa pandemia, soprattutto in questi mesi autunnali.

In primavera, era giustificata la confusione terapeutica, per la stranezza e la violenza di questo virus.

Ma sono passati 10 mesi da allora e c’è ancora incertezza sui comportamenti. No, non sto parlando dei virologi/microbiologi, parlo dei clinici e del mondo medico italiano, in generale. So di non farmi degli amici, ma non ho mai cercato di essere al centro della corrente.

Per questo posso dire e scrivere.

E’ incomprensibile e ingiustificato il documento FNOMCeO-SIAARTI in cui, dopo tante belle parole, si arriva alla conclusione che – in presenza di criticità sanitarie – si trattano solo i pazienti con un alto rapporto benefici/costi e con alta probabilità di successo clinico. Gli altri saranno affidati alla prassi “caritatevole”.

Ho già scritto che queste scelte non sono in linea con il giuramento di Ippocrate e con le leggi italiane. Non solo, ma che valore può avere, dal punto di vista etico e medico legale, un documento come quello citato?

Su questo, c’è stata una pesante lettera del Prof. Michele Poerio (Presidente della FEDERSPeV, federazione sanitari pensionati e loro vedove) al Presidente della FNPOMCeO, Dr. Anelli. La risposta di costui non cambia la sostanza delle cose. Non è un problema sindacale, ma un problema etico, per tutti.

Ammesso (e non lo ammettiamo) che si tratti di una scelta corretta, a chi spetterebbe “fare selezione”? Al medico di turno? Al Direttore della UOC (unità operativa complessa), al Direttore Generale, al Comitato Etico di ASL?

Problemi su problemi, che daranno lavoro ai legali dei familiari dei pazienti, anche per carenza di un valido consenso informato! Consenso su che? Che “Tu medico, mi abbandoni…”?

ULTERIORE ASPETTO

Dopo la FNOMCeo Nazionale, è di pochi giorni fa un documento della Federazione Regionale Lombarda degli Ordini dei Medici (sottoscritto dai Presidenti degli Ordini Provinciali lombardi) che sostanzialmente dice che i “pazienti COVID a domicilio vanno trattati solo con antipiretici e che è sconsigliato qualunque altro trattamento, perché non supportato da lavori scientifici…”.

Evidentemente costoro:

a) non leggono quanto compare quotidianamente nella letteratura medica (Up to date, Medscape etc);

b) non sanno che, in opposizione al “non trattare” trattare, è preferibile usare una associazione farmacologica “sicura”: desametasone, enoxieparina e azitromicina.

Perché?

Perché è stato dimostrato – nei fatti – che questo maledetto virus non colpisce solo i polmoni e che la tempesta della interleuchine massacra (in modo irregolare) vari organi e apparati (cervello, cuore, reni etc) e soprattutto è associata al pericolo di una coagulazione intravascolare diffusa (come dimostrato dai livelli di D-dimero, in questi pazienti).

E, allora, posso o no fare prevenzione, a domicilio? E, allora, debbo aspettare che – a casa- le cose si complichino, quando ormai sappiamo che dobbiamo evitare che il paziente arrivi , TARDI, in ospedale?

Soprattutto se si tratta di soggetti anzianotti (come me), cancerosi o ex cancerosi, diabetici, immunodepressi, malnutriti, cardiopatici, ipertesi ?

Oggi la TV ci riempie di dichiarazioni di microbiologi, virologi, statistici che non hanno mai curato un paziente in vita loro. Che non sanno cosa voglia dire “avere in mano” la vita della gente e “dover decidere, per il meglio”. Anche se non ci sono studi scientifici “validati”. Studi che, comunque, arriveranno sempre in ritardo.

Sono passati 10 mesi… Quando avremo un vaccino “affidabile”? Come sarà stoccato, distribuito, somministrato? Quanto durerà la sua azione ? E che siringhe adopereremo?

Non siamo stati capaci di garantire il vaccino anti-influenzale a tutti i nostri vecchietti e al personale sanitario. Come saremo in grado di somministrare il vaccino anti-COVID a almeno 10-15 milioni di italiani?

E pensiamo o no di recuperare milioni di dosi di immunoglobine specifiche?

E seguiremo o no l’esempio veneto della “banca regionale del plasma dei guariti”?

Già, tanta confusione, tanta incertezza. Tanta paura, che cresce, nella gente. Siamo già arrivati all’aggressione delle ambulanze…

Di una cosa sono certo: che questa pandemia ha messo in mostra tutte le ruggini del SSN (nato nel 1978), con la necessità di rivederne le basi (princìpi e prassi).

Ma questo compito richiede governanti diversi da quelli attuali.

Costoro si barcamenano tra DPCM e pandette che cambiano ogni 3 giorni, perché sono incapaci di varare un piano Marshall per l’Italia. Ci hanno riempito di debiti, in una marea di assistenzialismi che non fanno ripartire l’economia di questo Paese.

E, in alto, il Colle si limita a “discorsetti generici”, come se non fossimo in tempo di guerra. Einaudi, dove sei?

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