skip to Main Content

Movimento

Vi racconto il terremoto politico a 5 stelle in Abruzzo

Che cosa è successo davvero alle elezioni regionali in Abruzzo? I Graffi di Damato

Terremoto in Abruzzo, ma per fortuna questa volta soltanto politico. I risultati delle elezioni regionali hanno interrotto il trand dei due partiti al governo abbondantemente al di sopra, sommando i loro voti, al 50 per cento. Sommati, leghisti e grillini, per quanto i primi abbiano sfiorato il 30 per cento, si sono fermati sotto il 50. E ciò a causa del crollo, come per una scossa sismica, del movimento delle 5 stelle, precipitato al di sotto del 20 per cento dal quasi 40 conseguito nella regione con le elezioni politiche dell’anno scorso.

Dev’essere costato molto all’almeno simpatizzante Fatto Quotidiano dovere ribattere, come si dice in gergo tecnico, la sua edizione del lunedì nella notte per trasformare in “crollo”, appunto, “il botto” attribuito ai grillini all’arrivo delle prime proiezioni o sensazioni. E per riconoscere “trionfanti” quelli che col solito tono spregiativo vengono definiti dal giornale diretto da Marco Travaglio “Salvini & B.”, cioè Berlusconi. I due sono tornati, o rimasti, insieme nella regione ed hanno portato alla presidenza col quasi 50 per cento dei voti il candidato proposto al centrodestra da Giorgia Meloni: il “fratello d’Italia”, diciamo così, Marco Marsilio. Che è un oriundo abruzzese, essendo nato e residente a Roma, dove è stato eletto senatore l’anno scorso, e prima ancora deputato per due legislature.

La parte ancora più scomoda del titolo del Fatto Quotidiano, almeno per chi ha dovuto farlo valutando gli effetti del voto regionale sulla situazione politica generale del Paese, è quella sul “governo più debole”: cioè ancora più debole di quanto non fosse diventato prima delle elezioni abruzzesi per la recessione economica arrivata a dispetto del “boom” annunciato dal vice presidente grillino del Consiglio Luigi Di Maio e del “bellissimo 2019” promesso dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte : l’uno e l’altro convinti della spinta propulsiva -come si diceva della rivoluzione comunista in Russia nel 1917- del cosiddetto reddito di cittadinanza e dell’accesso alla pensione con 62 anni di età e 38 di contributi, a somma o quota 100.

Ma non era stato solo l’arrivo della recessione a indebolire il governo gialloverde nelle ultime settimane, e mesi. Ancora di più lo avevano indebolito i contrasti all’interno di una coalizione spuria come quella formata per forza maggiore dopo le elezioni politiche dell’anno scorso fra i due partiti più votati, ma su fronti contrapposti. Essi sono stati assemblati solo dalle convenienze del potere e dalla indisponibilità, per ragioni diverse, del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dell’ormai ex leader del centrodestra Silvio Berlusconi, sorpassato nelle urne dall’alleato Matteo Salvini, alle elezioni anticipate.

Proprio Salvini è il leader che ha guadagnato di più, in tutti i sensi, nelle urne abruzzesi. All’interno del centrodestra egli ha rafforzato il sorpasso su Berlusconi – e che sorpasso – conseguendolo anche in una regione dove lo aveva mancato l’anno scorso. E di ciò il Cavaliere, fermatosi – con i dati ancora parziali del momento in cui scrivo – ben al di sotto del 10 per cento, dovrà tenere conto negli sviluppi della situazione politica generale del Paese e nei rapporti locali di alleanza che ha con la Lega.

Al di fuori del centrodestra, e con particolare riferimento ai rapporti con gli attuali alleati di governo a livello nazionale, Salvini ha sorpassato largamente anche i grillini portando la Lega, con più del 28 per cento, in testa alla graduatoria dei partiti. “Siamo più forti”, si è affrettato a dichiarare il leader leghista, forse pensando al cosiddetto rimpasto di governo già programmato per l’indomani delle elezioni europee di fine maggio, se non verrà addirittura anticipato.

Fra i grillini, la cui candidata alla presidenza della regione, Sara Marcozzi, è stata sostenuta con particolare calore politico da Di Maio, supportato a sua volta dall’uomo più di punta del movimento che è Alessandro Di Battista, i contrasti sono destinati ora a crescere, non certo a ridursi. E tutto lascia ritenere che ciò avverrà a spese del realismo necessario all’azione di governo, per cui il partito delle 5 stelle sarà ancora più di lotta di quanto non abbia già deciso di essere offrendosi come sponda, per esempio, in Europa ai gilet gialli francesi. Il che è avvenuto a costo di compromettere i già difficili rapporti con l’Eliseo e di procurare agli interessi italiani, per giunta nel già ricordato contesto recessivo, le ritorsioni di Emmanuel Macron.

L’unica consolazione per i grillini, almeno per quelli più insofferenti per il ruolo di Salvini nel governo, e che già dopo le elezioni politiche dell’anno scorso avevano tentato un aggancio col troppo malmesso Pd, è forse proprio il recupero abruzzese del centrosinistra: sconfitto col suo candidato alla presidenza Giovanni Legnini, già vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ma attestatosi sopra il 30 per cento. Ma va detto che questo 30 per cento e oltre non è del Pd, valutabile da solo attorno al 17, ma ad una coalizione fra partiti, gruppi e liste locali ancora difficilmente traducibili in un’alleanza a livello nazionale.

Forse il centrosinistra sarebbe tornato ancora più in gioco se alle elezioni abruzzesi si fosse avuta un’affluenza superiore a quel modesto 53 per cento dei votanti registrato nonostante i tanti riflettori accesi sulla regione. Che sembrava ad un certo punto promossa al ruolo emblematico, o da pilota, svolto negli Stati Uniti dall’Ohio, i cui elettori sanno riflettere da tempo gli umori medi di tutta la Confederazione a stelle e strisce.

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

Back To Top