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Germania Alluvione

Tutti gli effetti politici in Germania dell’alluvione

Cosa non ha funzionato nella catena di comunicazione a livello locale? Ed esistono responsabilità politiche, contingenti e strutturali, per il disastro accaduto in Germania? Domande che infiammano la campagna elettorale. L'approfondimento di Pierluigi Mennitti

 

Una catastrofe naturale, come quella avvenuta nell’Ovest della Germania, può ribaltare gli equilibri di una campagna elettorale. Lo ricorda bene Edmund Stoiber, nel 2002 candidato alla cancelleria per l’Unione. Era in netto vantaggio sul cancelliere uscente Gerhard Schröder a poco meno di due mesi dal voto, quando un’inondazione di dimensioni e violenza minori rispetto a quella attuale colpì alcuni Länder nell’Est del Paese. Stoiber tardò a capire la gravità della situazione, che invece non sfuggì al suo più empatico avversario. Schröder, anche in qualità di cancelliere, colse al volo l’emergenza, piombò come un falco sulle aree alluvionate, prese in mano la gestione dei soccorsi e mostrò agli elettori quella capacità di guida e di afflato con la nazione che negli anni di governo non gli era stata riconosciuta. E al voto del settembre 2002 superò in volata il candidato conservatore: roba di decimali, la reazione all’emergenza fu decisiva.

Il ricordo non dovrebbe difettare neppure ad Armin Laschet, non fosse altro perché quella vicenda è finita sui libri di marketing elettorale e ogni buon candidato tedesco dovrebbe averla imparata a memoria. E tuttavia i primi passi compiuti dal candidato dell’Unione all’indomani della catastrofe nella regione renana appaiono incerti e timorosi. E insinuano il dubbio che anche questa volta quel che appariva fino a ieri scontato, potrebbe essere rimesso in discussione.

Mentre nei due Länder colpiti – Renania-Palatinato e Nordreno-Vestfalia – si guarda sempre con apprensione il livello dei fiumi, non si è neppure iniziata l’opera di sgombro delle macerie e si cercano ancora i morti, la politica è entrata in fibrillazione. Al centro è piombato, o meglio ripiombato, il tema dei cambiamenti climatici, cavallo di battaglia dei Verdi, partiti in campagna elettorale con la grancassa e poi afflosciatisi sulle gaffe e le reticenze dell’aspirante cancelliera Annalena Baerbock. È un argomento che Angela Merkel, se fosse ancora lei la candidata dell’Unione, saprebbe maneggiare con disinvoltura e cinismo, evitando di farsi mettere all’angolo da avversari politici e giornalisti famelici. Armin Laschet appare invece in difficoltà. Non ha compiuto l’errore di Stoiber di sottovalutare la situazione e il suo impatto emotivo, avvantaggiato dal fatto che una delle regioni colpite è quella che lui governa. Ha annullato un viaggio elettorale in Baviera, a un convegno della Csu, e si è fiondato di buon mattino nei paesi maggiormente colpiti, per fare il punto della situazione con i soccorritori e provare a dare conforto agli abitanti traumatizzati. Si è beccato qualche critica per le foto scattate con gli stivaloni di gomma, ma si sa che in queste situazioni come si fa si sbaglia e la cosa peggiore sarebbe non far niente.

Ma poi, incalzato dai giornalisti sulla bontà della sua politica ambientale, Laschet non ha saputo trovare le risposte giuste e ha dato l’impressione (pessima in campagna elettorale) di essere irritato dalle domande. Parole, atteggiamenti, toni, nulla di più. Ma, in momenti emotivi come quelli che sta vivendo la Germania in queste ore e in tempi di politica mediatica, valgono più di qualsiasi programma ben scritto.

In un’intervista televisiva serale, alla domanda della giornalista se questo evento lo avesse spinto a un maggiore coraggio sui temi dell’ambiente e del clima, Laschet ha replicato infastidito e ha pronunciato una frase che, per quanto possa apparire razionale, non andava probabilmente detta: “Non è che per un giorno come questo si deve cambiare politica”.

Il meccanismo in cui il candidato dell’Unione rischia di restare intrappolato è infernale. Il tema più caro ai suoi principali avversari torna al centro del dibattito elettorale, e non in maniera astratta ma con il carico emotivo di una sciagura mai vista e di un numero impressionante di morti e devastazioni. Gli scienziati dibattono in tv su quanto i cambiamenti climatici incidano sulla violenza dei fenomeni atmosferici, i media mescolano dolore umano ed emissioni di Co2, sui social si moltiplica l’onda dell’emozione ambientalista e Laschet corre il rischio di essere travolto da tutto questo. Tanto più che l’ecologia e le politiche per contrastare i cambiamenti climatici sono il punto debole del programma dell’Unione, tagliato su un maggiore gradualismo rispetto a quello dei Verdi (ma anche dei socialdemocratici) e attento a tutelare i posti di lavoro in tante realtà industriali legate all’economia tradizionale. Può essere giudicato più realistico e pragmatico, ma in questo momento rischia di essere un tallone d’Achille.

I Verdi, al contrario, si ritrovano confermati nel cuore della loro missione politica e hanno l’occasione d’oro di lasciarsi d’un colpo alle spalle le magagne vere o presunte in cui è incorsa la loro candidata e proiettarsi su temi politici. Devono naturalmente stare attenti anche loro a evitare l’impressione della strumentalizzazione e finora attacchi più diretti all’Unione sono partiti dalle tante organizzazioni ecologiste (a partire dai Friday for Future) più che dal partito stesso. Ma certo la gamma di proposte che i Grünen possono mettere in campo nel dibattito già acceso non solo sui cambiamenti climatici ma anche sullo sviluppo urbanistico di aree a rischio idrogeologico e in generale sullo sviluppo sostenibile è un ritrovato punto di forza.

Sul tappeto ci sono però anche altre domande cui la politica nei prossimi giorni dovrà rispondere. Le condizioni meteorologiche della notte maledetta sono state eccezionali, ma l’allarme era stato lanciato sia dall’European Flood Awareness System (EFAS) che dal servizio meteorologico tedesco Deutsche Wetterdienst (DWD), anche perché piogge torrenziali si erano succedute anche nelle settimane precedenti, gonfiando tutti i fiumi della regione fino a livelli d’allerta. Perché allora non si è pensato di evacuare le aree più a rischio? Cosa non ha funzionato nella catena di comunicazione a livello locale? Ed esistono responsabilità politiche, contingenti e strutturali, per il disastro accaduto? Sono domande che al pari delle politiche sul clima infiammeranno la campagna elettorale, mentre prosegue la tragica conta dei morti e ci si appresta ad avviare la stima dei danni economici.

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