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Google Antitrust

Ecco perché Google è nel mirino di Trump assieme a Facebook, Amazon e Apple

La prevista causa contro Google da parte del Dipartimento di Giustizia potrebbe essere la più grande offensiva legale del governo per proteggere la concorrenza dal caso contro Microsoft di quasi 20 anni fa

A distanza di poche settimane dalle presidenziali che vedono contrapposti Donald Trump e Joe Biden, l’amministrazione Usa, assieme a Parlamento e Authority, sta cercando di chiudere le indagini sui colossi tecnologici statunitensi. Mentre il Dipartimento di Giustizia ha proposto un nuovo testo legislativo per limitare la protezione delle responsabilità civili per le piattaforme tecnologiche, oltre ad aver compiuto un passo avanti nella causa antitrust contro Google.

LE MOSSE DI TRUMP

Come ha sottolineato l’Independent, Trump si sta muovendo contro Big G per “ottenere il sostegno dei procuratori generali dello Stato in tutto il paese”. Inoltre, il presidente sta spingendo la sua campagna contro Google “reclamizzando i limiti alle protezioni legali per le piattaforme di social media”.

La prevista causa contro Google da parte del Dipartimento di Giustizia potrebbe essere la più grande offensiva legale del governo per proteggere la concorrenza dal caso contro Microsoft di quasi 20 anni fa. Il Congresso e le associazioni di consumatori accusano Google di aver abusato del suo dominio nella ricerca e nella pubblicità online per soffocare la concorrenza e aumentare i profitti.

“Per oltre un anno, il Dipartimento di Giustizia e la Federal Trade Commission hanno portato avanti lunghe e approfondite indagini antitrust sulle grandi aziende tecnologiche, verificando se Google, Facebook, Amazon e Apple avessero o meno danneggiato la concorrenza, soffocato l’innovazione o altrimenti danneggiato i consumatori. E una coalizione bipartisan di 50 stati e territori degli Stati Uniti, guidata dal procuratore generale del Texas Ken Paxton, ha annunciato un anno fa dai gradini della Corte Suprema di stare indagando sulle pratiche commerciali di Google per un ‘potenziale comportamento monopolistico’”, ha evidenziato l’Independent.

Ora, a circa 40 giorni dalle elezioni presidenziali, “il Dipartimento di Giustizia sembra avvicinarsi ad un’azione legale contro Google e sta sollecitando il sostegno dei procuratori generali dello Stato” con Trump che sta facendo appello alla sua base politica per cercare di coinvolgere i conservatori contro la Silicon Valley. Per questo il presidente Usa “si incontrerà mercoledì alla Casa Bianca con un gruppo di procuratori generali repubblicani per discutere di come proteggere i consumatori dagli abusi dei social media”, sottolinea ancora il quotidiano.

STOP ALLE PROTEZIONI LEGALI CONTRO I SOCIAL MEDIA

Insieme alla spinta antitrust, il Dipartimento di Giustizia ha chiesto al Congresso di annullare le protezioni legali per piattaforme online come Facebook, Google e Twitter: le modifiche proposte eliminerebbero alcune delle garanzie fondamentali che hanno difeso le aziende dalla responsabilità legale per ciò che le persone pubblicano sulle loro piattaforme, contenute nella Sezione 230 del Communications Decency Act in vigore da quasi un quarto di secolo.

LA MOSSA DELLA PROCURA GENERALE

Il Procuratore Generale degli Stati Uniti William Barr, racconta Axios, ha promesso di inviare una proposta sulla Sezione 230 al Congresso e ha aggiunto di voler iniziare la causa contro Google entro la fine di settembre. “Anche se gli sforzi per cambiare la Sezione 230 hanno ottenuto un sostegno bipartisan, il Congresso è preoccupato per le elezioni, per la pandemia e per il posto vacante alla Corte Suprema. Qualsiasi causa di Google richiederà probabilmente anni di lavoro. Il destino di questi progetti sarà quasi certamente determinato nella prossima amministrazione”, si legge su Axios.

La mossa del Dipartimento di Giustizia di pubblicare il testo della propria proposta di legge per rinnovare le regole della Sezione 230 è però inusuale. Nel dettaglio il nuovo testo eliminerebbe l’immunità legale quando le piattaforme facilitano l’attività criminale o non denunciano comportamenti illeciti, o quando le piattaforme non seguono “coerentemente” i propri principi di moderazione dei contenuti. La proposta consentirebbe inoltre di intentare cause civili contro le piattaforme che promuovono lo sfruttamento dei minori e il terrorismo.

L’ALLARME DEI GRUPPI TECNOLOGICI

I colossi del settore hanno chiaramente lanciato l’allarme. “In mezzo a una pandemia e a un’elezione, minare gli strumenti che le aziende dei social media usano per rispondere a contenuti problematici come la disinformazione è più pericoloso che mai – ha detto Matt Schruers, presidente della Computer and Communications Industry Association, un gruppo che rappresenta le principali aziende tecnologiche come Google e Facebook -. Il governo degli Stati Uniti dovrebbe consentire agli sforzi per affrontare i contenuti e i comportamenti nefasti, non ostacolarli nella ricerca sbagliata di un guadagno politico”.

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