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Ecco le ultime birichinate (gradite a Putin) dell’Intelligence russa

In questi giorni i legislatori russi stanno varando un provvedimento normativo che obbliga i produttori di telefonini, computer e smart tv a preinstallare su quei dispositivi un certo numero di software di produzione “locale”. L'articolo di Umberto Rapetto

L’appassionante caccia ai rubli di Savoini & C. distoglie l’attenzione da mille problemi, dall’economia italiana che va a picco alle strane manovre digitali che la Russia sta operando nell’indifferenza nostrana.

Analoga indifferenza avvolge il “con chi stare”, ovvero l’altalenante ondeggiare delle simpatie dei nostri politici verso questa o quella grande potenza. Innamoramenti folgoranti mostrano i leader della maggioranza in preda a repentini abbracci con Trump, Putin e Xi Ping.

Se qualsiasi nozze “convenzionali” innescano meccanismi di gelosia e di conseguente controllo del partner, anche certi “flirt”potrebbero dare il “la” ad una sinfonia di invisibili invasioni della privacy del Paese consorte.

Viste le già traballanti condizioni della democrazia (minata ogni giorno da autonome iniziative di chi accentra ogni potere e competenza e mal digerisce i più elementari diritti), è forse bene conoscere quali atteggiamenti caratterizzano il futuro sposo. Chi è passato dalle felpe campanilistiche alle t-shirt della solidarietà (da quella con l’effige del premier russo indossata al Parlamento europeo all’ultima su cui campeggiava il “no” a embarghi o restrizioni commerciali) dovrebbe sapere quali azioni sono state avviate dal Governo di Mosca nel delicato contesto hi-tech. Se non interessano a lui, certi dettagli forse possono incuriosire i cittadini che è bene si preparino alle stagioni che verranno.

In questi giorni i legislatori russi stanno varando un provvedimento normativo che obbliga i produttori di telefonini, computer e smart tv a preinstallare su quei dispositivi un certo numero di software di produzione “locale”. La legge riguarda ovviamente gli apparati destinati alla commercializzazione in Russia ed è motivata dal desiderio di supportare le aziende informatiche nazionali. La norma autarchica lascia immaginare che programmi e applicazioni “obbligatori” possano riservare una serie di funzionalità utili più all’intelligence che all’utente finale.

Non va dimenticato che la Russia negli ultimi cinque anni ha introdotto disposizioni che impongono ai motori di ricerca di cancellare determinati risultati “sgraditi”, ai provider di messaggistica di condividere le chiavi di cifratura con i Servizi Segreti, ai social network di conservare i dati degli utenti su server rigorosamente entro i confini russi.

A proposito di “barbe finte” agli ordini di Zar Vladimir, dobbiamo dire grazie al gruppo hacker “0v1ru$” che ha portato alla luce le “birichinate” che sta combinando l’intelligence russa.

I pirati informatici hanno arrembato l’opulento vascello virtuale di “Sytech”, azienda fornitrice del temutissimo FSB, agenzia erede di KGB e dintorni.

Il bottino dell’abile incursione si quantifica in sette terabyte e mezzo di informazioni (“tanta roba” direbbero in Toscana), che rendono “trasparenti” una serie di progetti messi in campo dalla temibile “Unità 71330” dell’FSB.

Tra le chicche saccheggiate c’è la documentazione di “Nautilus”, il progetto per la raccolta sistematica di dati degli utenti dei social media, e di “Nautilus-S”, attività mirata ad eliminare ogni possibilità di anonimato del traffico TOR che finora risultava abbastanza blindato.

La moltitudine di file riguarda anche i progetti “Reward” (volto a scardinare la riservatezza delle reti P2P), “Mentor” (creato per monitorare le comunicazioni in posta elettronica delle aziende russe con la possibilità di rintracciare qualsivoglia messaggio di potenziale interesse), “Hope” (impostato per assicurare il totale controllo dell’infrastruttura nazionale di rete e delle interconnessioni con quelle di altri Paesi) e “Tax 3” (destinato a generare una Intranet in cui conservare e veicolare dati sensibili delle istituzioni che è preferibile tener lontani dalle reti “normali”.

Se gli appassionati di tecnologie hanno agevolmente riconosciuto l’invasività di certi progetti, al pubblico meno ferrato basta sapere che la morsa dei Servizi russi è serrata anche nei contesti che un tempo erano ritenuti impermeabili a controlli statali capaci di violare la privacy e qualunque altro diritto civile.

Se nella dote del Principe azzurro ci sono anche questi ammennicoli, probabilmente varrebbe la pena evocare il manzoniano Don Rodrigo e il suo indelebile “questo matrimonio non s’ha da fare”.

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