skip to Main Content

Piantagioni Tè

La violazione dei diritti umani nelle piantagioni di tè getta un’ombra su Starbucks, Unilever (e non solo)

Una ricerca britannica afferma che tra India, Sri Lanka, Bangladesh, Kenya, Uganda e altri 43 Paesi circa 13 milioni di lavoratori delle piantagioni di tè subiscono “abusi endemici dei diritti umani”. E diversi dei maggiori rivenditori al mondo si riforniscono proprio lì. Tutti i dettagli

 

Violazione del diritto alla libertà di associazione, alla salute e alla sicurezza, oltre che al pagamento degli stipendi e agli standard di vita. Sono gli abusi dei diritti umani di cui sono accusate molte piantagioni di tè da cui si riforniscono diversi dei maggiori rivenditori al mondo. Tra loro ci sono anche giganti quali Starbucks, Unilever e Twinings. Ad affermarlo è un recente rapporto del Business & Human Rights Resource Centre (BHRRC), con sede nel Regno Unito.

I DATI

Secondo la ricerca sono circa 13 milioni i lavoratori delle piantagioni di tè che subiscono “abusi endemici dei diritti umani” tra India, Sri Lanka, Bangladesh, Kenya, Uganda e altri 43 Paesi.

“Mentre i gestori immobiliari cercano di tagliare i costi in un settore sempre meno redditizio, si registra una crescente tendenza all’uso di contratti temporanei, di fornitori di manodopera terzi e di altri accordi di lavoro precario”, afferma il rapporto.

E questo “aumenta la vulnerabilità dei lavoratori agli abusi, tra cui lo sfruttamento sessuale e le violazioni della salute e della sicurezza, e rende più difficile per i lavoratori sindacalizzarsi per difendere collettivamente i propri diritti”.

LE AZIENDE COINVOLTE

Gli autori dell’analisi hanno raccolto le risposte di 16 aziende produttrici di tè e rivenditori che acquistano da tenute in cui si sono verificati 47 dei 70 presunti abusi dei diritti umani.

Le società a cui sono state poste domande sono Starbucks, Unilever, Marks & Spencer, Tetley, Morrisons, Twinings, Ahmad Tea, Bettys & Taylors, Ekaterra, Goodricke, James Finlay, Jenier, Plus, Ringtons, Tesco e Typhoo. Di tutte loro, solo Plus, con sede nel Regno Unito, non ha risposto in merito a un presunto coinvolgimento.

Molte aziende, infatti, non rivelano dove si riforniscono o i dettagli delle loro catene di approvvigionamento.

I PREZZI DEL TÈ NON AUMENTANO PERCHÉ PAGANO I LAVORATORI…

Nonostante il cambiamento climatico e la guerra in Ucraina, oltre all’aumento dei costi in generale – e quindi anche di quelli per la produzione del tè -, i prezzi del prodotto, osserva il rapporto, “sono rimasti sostanzialmente invariati”. Facendo, però, pagare il prezzo più alto ai lavoratori.

In Sri Lanka, per esempio, diverse compagnie che gestiscono le piantagione si sarebbero rifiutate di pagare un aumento dei salari ai lavoratori, sostenendo che ciò avrebbe causato loro notevoli perdite finanziarie. Starbucks, Unilever, Marks & Spencers sono solo due dei grandi gruppi che acquistano tè dalle piantagioni dello Sri Lanka.

…E NON SOLO ECONOMICAMENTE

Ma oltre ai salari da miseria e agli straordinari non pagati, i lavoratori e le lavoratrici delle piantagioni di tè sono vittime di “condizioni di vita e di lavoro degradanti e non sicure, tra cui molestie e abusi sessuali endemici” – nonostante la maggior parte delle aziende dichiari di impegnarsi per la tutela dei diritti dei lavoratori.

COSA HANNO DETTO LE AZIENDE

Nel rapporto si legge che “le risposte di cinque aziende – Morrisons, Ekaterra, Ringtons, Marks & Spencer e Tetley – avevano una formulazione quasi identica”, in cui, tra le altre cose, scaricavano la responsabilità dell’innalzamento dei salari ad altre entità, come il governo locale e i loro fornitori.

E sebbene dall’indagine si apprenda che le aziende non si confrontano direttamente con i lavoratori per valutare le loro condizioni di lavoro e le loro richieste, “sembra esserci poco impegno” anche “con i fornitori o con altri attori, come i governi statali, i sindacati e le organizzazioni della società civile, per mitigare gli effetti della chiusura o della vendita delle proprietà o dei cambiamenti nella struttura aziendale per i lavoratori e i residenti”.

Back To Top