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Forze Armate

Che cosa faranno le Forze Armate contro il virus

L’impiego delle Forze Armate serve anche come un messaggio altamente visibile dell'impegno dello Stato a sostenere la salute dei cittadini durante questa crisi. L'intervento di Francesco D’Arrigo, direttore dell'Istituto Italiano di Studi Strategici

 

Mentre l’Italia è alle prese con un’altra ondata di contagi a causa delle varianti ancora più infettive del virus, il Governo Draghi dispiega la propria strategia di contrasto alla pandemia con il coinvolgimento degli Organi dello Stato deputati ad assicurare la sicurezza nazionale.

In assenza fino ad oggi di un’azione efficace le speranze di contenere il virus hanno lasciato il posto quasi esclusivamente alla difesa passiva, cioè puntando sul rallentamento della sua trasmissione attraverso misure di contenimento dei contagi come le chiusure, il distanziamento sociale, le mascherine (non a norma) e il riempimento tardivo di lacune critiche nell’assistenza sanitaria. Il tutto con ripercussioni devastanti dal punto di vista economico e sociale che influiranno sulla popolazione e sulle istituzioni pubbliche per i gli anni a venire.

Date le capacità professionali e logistiche è certamente una scelta strategica quella adottata dal Presidente del Consiglio di schierare il nostro apparato di sicurezza nazionale per iniziare a combattere attivamente la guerra contro il virus e sostenere gli sforzi dei cittadini stremati da oltre un anno di restrizioni e da una crisi socioeconomica senza precedenti.

Anche se non c’è un analogo paragone moderno all’attuale crisi pandemica da coronavirus, ci sono molti esempi nella storia del nostro Paese che hanno visto il contributo e l’assistenza diretta delle nostre Forze Armate nella gestione e nel sostegno alla popolazione nei casi di disastri sia artificiali che naturali. Sarebbe lungo l’elenco di terremoti, inondazioni ed emergenze che negli anni hanno visto le nostre donne e uomini in divisa impegnati con dedizione ad assicurare soccorso ed il ripristino di condizioni di normalità a sostegno della popolazione in momenti di crisi.

Non vi è peraltro alcun dubbio che questa pandemia rappresenti una minaccia concreta alla sicurezza nazionale (ed internazionale).

Il concetto di sicurezza nazionale ha ormai definitivamente perso la sua connotazione puramente militare, ricomprendendo all’interno del termine una pluralità di dimensioni (sicurezza interna ed esterna, sicurezza militare, sicurezza economica, sicurezza energetica, sicurezza delle infrastrutture, sicurezza ambientale, sicurezza informatica ed appunto la sicurezza sanitaria).

Il Governo tutela la sicurezza nazionale attraverso l’utilizzo degli apparati dello Stato delegati a prevenire e fronteggiare i rischi e le minacce che possono colpire la vita della Nazione, operando a difesa del territorio e della popolazione, garantendo il funzionamento delle istituzioni pubbliche, il mantenimento della normalità nella vita del Paese in momenti di crisi, la difesa degli interessi di sicurezza contro minacce non militari; difendendo i princìpi repubblicani (democrazia, libertà individuali e collettive, rispetto della dignità umana, giustizia, solidarietà).

Le minacce alla sicurezza da parte di avversari ostili ed eventi naturali richiedono una pianificazione, una preparazione in anticipo ma soprattutto una pronta ed adeguata risposta.

Purtroppo, la risposta italiana al coronavirus è stata, in generale, tardiva improvvisata, non coordinata, inadeguata e insufficiente.

Il Governo di unità nazionale richiesto dal Presidente della Repubblica, appena costituito ha completamente cambiato la strategia di contrasto al virus con le nomine del Prefetto Gabrielli a Sottosegretario di Stato – Autorità delegata e del Generale Figliuolo nuovo Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, il messaggio è chiaro: tutto il sistema di sicurezza dello Stato deve essere coinvolto ed impegnato a difesa e a supporto delle istituzioni civili contro la minaccia numero 1 alla sicurezza nazionale: la pandemia.

Queste nomine, in apparenza normali avvicendamenti di uomini in ruoli chiave dello Stato, sono invece decisioni cruciali e daranno certamente risultati più concreti e rassicuranti per l’opinione pubblica di qualsiasi conferenza stampa o diretta Facebook.

Il nostro apparato di Difesa ha tra i propri compiti istituzionali anche la responsabilità di sostenere le esigenze nazionali mediante la fornitura di logistica, strutture mediche, mezzi e personale (medico e non): il potenziale di mobilitazione dell’esercito è certamente imponente e si aggiungerà a quello della Protezione Civile, anch’essa con la nuova nomina del Dott. Curcio che torna ad occupare il ruolo di Capo Dipartimento.

Finalmente, il Governo sembrerebbe aver deciso di coinvolgere nella gestione della emergenza l’intero apparato della Difesa, direttamente e non per una parata militare come scorta alle dosi di vaccino arrivate al confine italiano su un anonimo automezzo, dopo aver attraversato mezza Europa senza la “cappa aerea”.

Le nostre Forze Armate dispongono di una considerevole dotazione permanente di alcune tipologie di attrezzature mediche, di capacità logistiche uniche per la difesa nazionale che possono essere sfruttate immediatamente per contrastare la pandemia, mettendo in campo forze e risorse per sostenere l’apparato sanitario, assicurando servizi di varia natura alle Regioni, ai comuni ed ai territori.

I medici della difesa lavorano già quotidianamente all’interno del sistema sanitario civile. Attivarli in maniera sinergica al personale medico del sistema sanitario nazionale può certamente aiutare a diminuire la pressione sugli operatori sanitari civili permettendo loro di concentrarsi esclusivamente nella lotta contro il coronavirus.

Le navi ospedale della Marina, ove fosse ritenuto necessario, potrebbero essere impiegate in questa emergenza, poiché sono idonee per il trattamento di traumi (associati al combattimento), con elevate capacità di letti e unità di terapia intensiva.

Sicuramente non si rivelerebbero utili per il trattamento diretto del coronavirus, in quanto non sono progettate per contenere le malattie infettive, tuttavia, queste navi potrebbero invece aiutare ad alleviare il peso sulle strutture mediche civili offrendo assistenza a pazienti con altre patologie, destinando così i posti letto e di terapia intensiva degli ospedali per i malati di Covid.

Le navi possono anche fornire spazio extra per altri tipi di pazienti, specialmente quelli che si stanno riprendendo da un intervento chirurgico, consentendo una migliore distribuzione del carico di lavoro e di riposo di tutto il personale medico e paramedico in servizio nel sistema sanitario nazionale.

Ad un livello più strategico, l’impiego delle Forze Armate servirebbe anche come un messaggio altamente visibile dell’impegno dello Stato a sostenere la salute dei cittadini durante questa crisi, caratterizzata anche dalle inefficienze della burocrazia, spesso identificata come diretta emanazione del decisore politico (comunicazione strategica).

Tuttavia, ci vorrebbe del tempo per preparare e mobilitare squadre mediche, collegamenti terrestri ed aerei, ospedali da campo realizzati magari in contiguità degli ospedali del nostro sistema sanitario, in modo da offrire punti di riferimento ben riconoscibili e sinergicamente collegati al sistema sanitario locale.

Considerate le difficoltà di reclutamento e assunzione di medici ed infermieri professionisti, il personale medico della Difesa rappresenta una risorsa strategica per fronteggiare questa pandemia, una quota maggiore di personale in uniforme sarà preziosa per la loro capacità di aiutare nella sicurezza di base, nella logistica e in altre aree di supporto.

I militari dell’esercito potrebbero aiutare in compiti quali la gestione dei flussi ed il controllo dei milioni di cittadini che nei prossimi mesi (ed in futuro) dovranno sottoporsi alla vaccinazione; la costruzione di emergenza di ospedali da campo per lo screening iniziale delle persone sintomatiche – lontano dalla popolazione generale – e nella capacità di movimento sul territorio nazionale, garantendo l’assistenza sanitaria nelle località prive di sufficienti strutture mediche.

Tutti questi compiti e operazioni potrebbero certamente essere eseguiti da unità della Difesa che operano sotto la direzione di un unico centro di comando e controllo che permetterebbe di bypassare le inefficienze del nostro sistema sanitario regionale. Questo sarebbe di grande aiuto e l’approccio giusto per assicurare il massimo numero di inoculazioni di vaccini nel più breve tempo possibile. L’unica via di uscita da questa maledetta pandemia.

Oltre al supporto medico della componente sanitaria, i militari possono fornire il loro contributo per la progettazione e realizzazione di infrastrutture mobili, grazie alle elevatissime capacità del Genio militare, dove vi operano ingegneri ed esperti in grado di creare moduli di espansione temporanea degli ospedali e strutture mediche multiruolo in qualsiasi parte del territorio nazionale.

Infine, il Ministero della Difesa può certamente svolgere un ruolo attivo di coordinamento tra i Paesi membri della NATO per assistere nella ricerca, acquisizione e distribuzione di un futuro vaccino contro il coronavirus e, in mancanza di questo, di trattamenti terapeutici collaudati, di best practice nella gestione della pandemia, di contrasto alla disinformazione contro i vaccini da parte di attori statuali e non. Potremo sicuramente confidare sul ruolo della nostra Difesa per interagire con gli alleati NATO in caso di nuove necessità, evitando di ricorrere all’intervento di Stati autoritari o di far sfilare i mezzi blindati russi sulle strade italiane…

Il nostro sistema di Difesa ha anche un interesse diretto ad assicurare la disponibilità immediata di un vaccino contro il coronavirus. Vaccinare il personale militare e altri lavoratori essenziali impegnati direttamente a proteggere la popolazione e a garantire la sicurezza nazionale è una priorità strategica per lo Stato.

Il ritardo con il quale il paese si sta organizzando alla campagna di vaccinazione non ha alcuna base logica – così come l’impatto del virus poteva essere previsto in tutto il mondo settimane prima che arrivasse dalla Cina – e l’inazione ha reso inutile ed inapplicato ogni piano pandemico (aggiornato o meno), ogni struttura di crisis management, ogni lezione appresa dai precedenti disastri nazionali, sanitari o di altro tipo.

Ora, mentre la risposta nazionale sta finalmente passando dalle conferenze stampa alle decisioni, il Presidente Draghi ha adottato una strategia chiara per tentare di recuperare il tempo perduto e mitigare il più possibile i futuri impatti del virus.

Le nomine di questa settimana suggeriscono un repentino cambio di rotta con il coinvolgimento diretto delle strutture dello Stato preposte alla sicurezza nazionale, chiamate a svolgere un ruolo significativo nel sostenere le azioni del Governo nella guerra contro il virus.

Una missione difficilissima e senza precedenti, dove il fattore tempo riveste una importanza primaria perché ogni minuto speso per inoculare i vaccini è fondamentale per salvare vite umane e per far tornare l’Italia a respirare senza paura, entrambe necessità di cui abbiamo tutti disperatamente bisogno.

Francesco D’Arrigo

Direttore Istituto Italiano di Studi Strategici

 

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