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Draghi

Draghi cambi musica sul coprifuoco

L'intervento di Giuseppe Spadafora, vicepresidente Unimpresa

 

In un solo anno di sconvolgimenti sociali ed economici sarebbe dovuto cambiare l’atteggiamento del Governo, pare invece che nulla sia cambiato. E anche Draghi sembra adagiato su posizioni vecchie ed ampiamente criticate. Non arrivano soldi, le piccole aziende muoiono, i poveri aumentano e i vaccini sono una chimera. Se è vero che per ripartire servono distanziamento e vaccini, non si comprende come sia possibile mettere un obbligo su una cosa anticostituzionale e antidemocratica, ovvero la segregazione forzata in casa dopo le 22 e lasciare la vaccinazione al buon cuore dei laureati in medicina su Facebook.

In effetti mi sarei aspettato l’esatto contrario, ma analizziamo le motivazioni di queste decisioni. Se Conte 1 e 2 avevano poggiato la loro azione di contenimento economico aumentando il debito pubblico e dando la mancia di pochi miliardi ai piccoli imprenditori, destinando la maggior parte alle grandi aziende, il Draghi 1 non è da meno. Vero è che questo atteggiamento ha messo una pezza al bilancio di stato che ha incassato 50 miliardi in meno rispetto al 2019, come altrettanto vero che il Pil si è mantenuto sopra soglia 1.600 miliardi, ma se Pil e bilancio di stato hanno potuto tirare un sospiro di sollievo, lo stesso non è accaduto per oltre 3 milioni tra lavoratori e proprietari di bar, ristoranti, alberghi, taxi, autotrasporti, lidi, palestre e tanti altri ancora. La motivazione è semplice, 3 milioni di lavoratori delle grandi aziende valgono molto di più di 3 milioni di lavoratori frammentati e senza voce.

Di questo passo, senza vaccini e senza più la certezza di mettere sulla tavola un piatto caldo a pranzo e a cena, corriamo il serio rischio che il malcontento montante non si possa più fermare. Servono misure drastiche ed immediate. Serve che il Presidente Draghi si prenda questa coperta da terra, vada a Bruxelles e faccia capire che se vogliamo tenere questa Europa unita bisogna mettere mano alle stamperie per emettere euro a pioggia, come tra l’altro da lui stesso suggerito in tempi non sospetti. L’Italia per ripartire ha bisogno solo di due cose. Mille miliardi di euro emessi dalla banca centrale europea e pagabili a trent’anni a tasso fisso e 250 milioni di vaccini per coprire un paio di anni. Capisco che il momento è propizio per cambiare gli asset economici mondiali, ma l’Italia non è la Siberia. L’Italia deve puntare al turismo, alla gastronomia e a tutte quelle altre attività tanto apprezzate nel mondo.

Se ci dobbiamo adeguare al mantra del tutto green, tutto smart, tutto tecnologizzato va bene, ma al ristoratore di Castellammare di Stabia o all’albergatore di Serra di Falco, o al tassista di Foggia o la palestra di Mirano hanno poco da smartizzare. Ormai è chiaro che molti di questi non avranno le forze per riaprire, ma proprio perché siamo l’Italia e perché è un dovere cristiano e sociale, è necessario accompagnare economicamente tutte queste persone, ma non con gli spiccioli, servono soldi veri e subito.

Pare però che l’Europa da questo orecchio non ci senta e infatti ha portato i tassi di interesse sul negativo. Follia, pura follia. Chi pagherà questo costo? Ovviamente tutta Europa. Ma allora, non era meglio stampare soldi? Lo ha fatto l’America, lo hanno fatto i Cinesi e i risultati si vedono. Perché dobbiamo stare sotto scopa di 4 banchieri olandesi?

Carissimo Presidente Draghi, è ora di cambiare musica.

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