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Accordo Ue Cina

Cosa si è detto (contro la Cina) nella prima riunione della Task Force Cina del governo

È partita la “Task Force Cina”. Che cosa si è detto durante la riunione e chi c'era. Fatti, nomi e indiscrezioni

È partita la “Task Force Cina”, lo strumento con il quale il ministero dello Sviluppo economico intende capire meglio come penetrare il mercato cinese.

L’avvio della task force era stato annunciato ad agosto, in occasione della visita a Pechino del ministro dell’Economia Giovanni Tria seguito poi dal sottosegretario Michele Geraci allo Sviluppo economico.

Il tavolo sarà suddiviso in quattro gruppi di lavoro: macroeconomia, beni, servizi e cooperazione in Paesi terzi. Operativamente, verrà redatto un report settimanale che dovrebbe fornire supporto alle imprese italiane interessate a tessere rapporti con il mercato cinese. La task force si pone l’obiettivo di spingere l’Italia nelle esportazioni, nel tentativo di recuperare il sensibile gap con i competitor europei e non solo.

Lunedì 1 ottobre, si è tenuta a Roma la prima riunione, alla presenza del sottosegretario al Mise Michele Geraci, del sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, dell’ambasciatore italiano in Cina Ettore Sequi e di quello cinese in Italia Li Ruiyu.

Durante la riunione – secondo la ricostruzione di Start Magazine – è stato presentato un report redatto dalla Camera di Commercio europea in Cina, che raggruppa 1600 imprese, nel quale sono evidenziati i problemi principali nell’avvio e nel consolidamento dei rapporti d’affari delle imprese nostrane.

Nel report, riassunto da Massimo Bagnasco, vice presidente della Camera di commercio, si evidenzia come la difficoltà maggiore in questo momento sia rappresentata dalla guerra commerciale in corso fra Pechino e Washington. I dazi imposti da Trump e, in risposta, da Xi Jinping, provocano problemi di doppia natura. Da un lato effetti negativi nella catena di produzione del valore, dall’altro una generale sfiducia negli investimenti.

Parallelamente, in Cina persiste un problema tutto interno: l’incompleta apertura del mercato, come emerge dalle slide presentate. Quest’ultimo aspetto prevede in particolare alcune barriere indirette (come ad esempio le licenze) che “limitano l’operatività delle nostre aziende”. L’accesso al mercato è limitato o addirittura proibito in 48 settori, un problema che riduce fortemente l’attrattiva del mercato cinese.

Altro fattore critico – secondo il report illustrato nel corso della riunione – è la forte presenza di società statali, che favoriscono un “regime di sostanziale monopolio”, a danno alla concorrenza. A maggior ragione in considerazione del fatto che il supporto finanziario viene assicurato con “sostanziosi sussidi” soprattutto alle aziende statali, a svantaggio di quelle private.

La Camera di commercio europea, nel cui board siedono rappresentanti di aziende come Scania, Engie, Nokia e Bnp Paribas, insiste quindi nel chiedere un’accelerazione nel processo di riforma che porti all’eliminazione delle limitazioni al mercato e spiani la strada a un’apertura reale dell’economia cinese.

L’ente ha quindi elaborato 828 proposte che intende sottoporre agli enti governativi per risolvere le varie criticità.

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