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Che cosa cela lo speronamento di Trenta e Tria da parte di Salvini su veliero Alex, Ong e migranti

La troppo lunga esposizione mediatica di Salvini sul tema Ong e migranti comincia forse a nuocere al leader leghista. Che dimentica il pur antico proverbio che a tirarla troppo la corda di spezza. I Graffi di Damato

 

A sorpresa, molta sorpresa, specie all’indomani dell’assist lanciatogli personalmente da Luigi Di Maio con l’intervista al Corriere della Sera sul ritrovamento di “un metodo” fra di loro anche sul terreno dell’immigrazione, complicato e non certo risolto dal protagonismo e dalle strumentalizzazioni dei soccorsi marini gestiti dalle navi delle organizzazioni non governative, Matteo Salvini ha mostrato e lanciato segnali di debolezza politica, e forse anche personale.

CHE COSA HA DETTO SALVINI A TRIA E TRENTA

Diversamente non può essere interpretata, francamente, la protesta del vice presidente leghista del Consiglio e ministro dell’Interno, dopo l’attracco a Lampedusa anche del veliero Alex, peraltro italiano, diffidato dal farlo col solito carico di profughi soccorsi davanti alle coste africane, contro i colleghi di governo che lo avrebbero lasciato “solo”. E che sarebbero, in particolare, la ministra grillina della Difesa Elisabetta Trenta e il ministro dell’Economia Giovanni Tria, da cui dipendono, rispettivamente, le navi della Marina militare e quelle della Guardia di Finanza. “Io non comando le Forze Armate”, si è lamentato Salvini con una ulteriore gaffe, avendo così coinvolto nella polemica persino il presidente della Repubblica, al quale l’articolo 87 della Costituzione conferisce proprio “il comando delle Forze Armate”.

LA REAZIONE DEL MINISTRO TRENTA

La ministra Trenta, con la quale non è la prima volta che Salvini si scontri, ha reagito immediatamente contestando a sua volta “tutte le volte” in cui il Viminale ha, o avrebbe, rifiutato la collaborazione offerta dalla Marina Militare, senza tuttavia mettersi evidentemente ai suoi ordini.

LE TENSIONI NEL GOVERNO

Il ministro dell’Economia Tria, col quale peraltro Salvini deve fare i conti per portare avanti il suo progetto di riduzione delle tasse, è rimasto silenzioso, almeno sino al momento in cui scrivo. Ma ne è intuibile il disappunto anche per l’invasione di campo negli affari familiari compiuto dal ministro dell’Interno rispolverando con le sue dichiarazioni la storia della partecipazione di un figlio del collega di governo agli equipaggi dei soccorsi marini, e proprio o anche sulla nave appena attraccata a Lampedusa dopo avere rifiutato l’approdo offerto da Malta e un bel po’ di rifornimenti idrici. Che sarebbero stati respinti allo scopo -secondo Salvini- di aggravare le condizioni igieniche del veliero e rivendicare di più lo stato di necessità e di urgenza dell’attracco.

L’ERRORE DI SALVINI

Un altro errore francamente imputabile a Salvini nelle ultime ventiquattro ore, a dispetto – ripeto – del sostegno esplicito di Di Maio e persino dei sondaggi che gli attribuiscono l’avvicinamento al 40 per cento dei voti, o forse proprio per questo, è la risposta sprezzante e immediata fornita ad un appello del ministro tedesco dell’Interno Horst Seehofer. Che gli aveva chiesto, anche con riferimento alla comune fede religiosa, di rinunciare alla pratica dei porti chiusi – e poi d’altronde violati lo stesso col consenso del giudice italiano di turno, com’è accaduto con l’ordinanza giudiziaria di Agrigento a favore della “capitana” Carola Rackete – ma aveva anche riconosciuto la necessità che l’Europa si facesse finalmente carico di un problema sinora scaricato sulle spalle solo dei paesi rivieraschi, e dell’Italia in particolare. Almeno su questa parte dell’appello e del ragionamento del suo collega tedesco il titolare del Viminale avrebbe potuto spendere qualche parola di apprezzamento.

La lunga, troppo lunga esposizione mediatica comincia forse a nuocere al leader leghista. Che dimentica il pur antico proverbio che a tirarla troppo la corda di spezza.

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