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Asl Friulane

Tutte le staffilate del Garante della Privacy al pass vaccinale

Perché l'Autorità garante per la protezione dei dati personali continua a criticare nel merito e nel metodo il progetto governativo di Green Pass

 

Al Garante della privacy non piace il Green Pass, o Certificazione verde che dir si voglia. I dubbi sul lasciapassare pensato dal governo per permettere un ritorno a una vita quasi normale nonostante il Covid riguardano la tutela dei dati personali e dei dati sensibili che il passaporto vaccinale metterebbe a rischio.

Nel frattempo, novità da Bruxelles: il sistema di gestione dei nuovi certificati digitali Covid Ue sarà operativo dal primo giugno dopo una fase di sperimentazione che inizierà dal dieci maggio con un primo gruppo di oltre 15 Paesi, tra cui l’Italia, secondo l’Ansa. Il passaggio successivo prima dell’entrata in vigore del nuovo sistema di pass sarà l’approvazione da parte degli Stati membri, prevista per la fine di giugno, ma quando arriverà la firma del Consiglio Ue l’infrastruttura tecnica sarà già pienamente funzionante, assicurano dalla Commissione.

Ma vediamo che cosa succede nei palazzi romani sul Green Pass.

I dubbi del Garante della Privacy

“Così com’è, la norma non circoscrive sufficientemente l’ambito di utilizzo dei pass, con il rischio di interpretazioni, magari in buona fede, che però abbiano l’effetto di estenderne indebitamente il perimetro”. A dirlo è Pasquale Stanzione, Garante per la privacy, in un’intervista al q1uotidiano La Stampa. Il no è motivato dal fatto che i dati relativi allo stato vaccinale sono dati particolarmente delicati e un loro trattamento non corretto può determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali dei cittadini. “Non vi è una chiara definizione dei protagonisti del trattamento (titolare e responsabile in particolare) necessaria invece, – continua Stanzione -, per l’esercizio, da parte degli interessati, dei diritti loro riconosciuti dalla disciplina privacy. Inoltre, la previsione di due modelli diversi di pass a seconda che siano tampone negativo o da guarigione o, invece, da vaccino andrebbe sostituita dall’indicazione della sola scadenza temporale del certificato. Vanno poi introdotte garanzie adeguate alla natura dei dati trattati, che sono sensibili”.

Sberla del Garante della Privacy al governo sul pass vaccinale. Tutti i perché

Il peccato originale: il dialogo mancato

Il peccato originale di questo provvedimento sta nel mancato dialogo tra il governo e il l’Autorità garante per la protezione dei dati personali sebbene quest’ultima avesse chiesto anzitempo un confronto. “Da regolamento europeo, dovremmo ricevere la bozza del provvedimento normativo sul quale ci viene chiesto di fornire un parere, per poi procedere all’implementazione. Al momento, a meno che non stia arrivando mentre parliamo, non ci è ancora arrivato nulla”, aveva detto a Open Guido Scorza, uno dei componenti il collegio dell’authority per la protezione dei dati personali. Il governo ha preferito procedere con il decreto Riaperture senza interpellare prima il Garante sull’introduzione del pass. “Dalla bozza parrebbe di sì, perché fa intendere che la questione privacy verrà disciplinata in un secondo momento – ha continuato Scorza -.  In un modello ideale si dovrebbe dare un parere sul metodo, anticipando quindi le valutazioni sul profilo della privacy prima di cominciare a utilizzare certificato. È difficile discutere di proporzionalità dei dati trattati, di misure di sicurezza, o di tempi di conservazione rispetto a un decreto-legge che, al momento, manca di qualsiasi esercizio di disciplina in relazione a questi aspetti”.

Il mancato rispetto delle norme

Il Garante sottolinea che il governo non avrebbe rispettato le norme che impongono di ascoltare il parere del Garante. “È una questione di osservanza di norme, come quelle che impongono il parere obbligatorio, ancorché non vincolante, del Garante, a tutela tanto di un diritto di libertà, quale è appunto la privacy, quanto della stessa efficacia delle misure di contrasto della pandemia – ha spiegato il presidente Stanzione a La Stampa -. Norme dall’ambito applicativo non ben definito, prive di una chiara indicazione dei soggetti responsabili e delle misure idonee a prevenire indebiti trattamenti dei dati, rischiano infatti di complicare, anziché agevolare l’azione di contrasto della pandemia».

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No a pass per accesso ai locali

Già lo scorso marzo, quando si vociferava circa l’introduzione di un pass vaccinale, affermava chiaro il suo “no”. “Con l’arrivo dei vaccini anti-Covid-19 si discute dell’opportunità di iniziare a implementare soluzioni, anche digitali (es. app), per rispondere all’esigenza di rendere l’informazione sull’essersi o meno vaccinati come condizione per l’accesso a determinati locali o per la fruizione di taluni servizi (es. aeroporti, hotel, stazioni, palestre ecc.) – si legge sul sito dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali -. A tale proposito, nel caso si intenda far ricorso alle predette soluzioni, il Garante per la privacy richiama l’attenzione dei decisori pubblici e degli operatori privati italiani sull’obbligo di rispettare la disciplina in materia di protezione dei dati personali”.

Green Pass: manca la base normativa

Con l’approvazione del decreto Riaperture il Garante ha inviato un avvertimento formale al Presidente del Consiglio dei Ministri e a tutti i Ministeri coinvolti. “La norma appena approvata per la creazione e la gestione delle “certificazioni verdi”, i cosiddetti pass vaccinali, presenta criticità tali da inficiare, se non opportunamente modificata, la validità e il funzionamento del sistema previsto per la riapertura degli spostamenti durante la pandemia. È quindi necessario un intervento urgente a tutela dei diritti e delle libertà delle persone – si legge sul sito del Garante. Il punto critico è l’assenza, nel Decreto Riaperture, di “una base normativa idonea per l’introduzione e l’utilizzo dei certificati verdi su scala nazionale, ed è gravemente incompleto in materia di protezione dei dati, privo di una valutazione dei possibili rischi su larga scala per i diritti e le libertà personali”.  A questo si aggiunge che non sono definite “le finalità per il trattamento dei dati sulla salute degli italiani, lasciando spazio a molteplici e imprevedibili utilizzi futuri, in potenziale disallineamento anche con analoghe iniziative europee”.

Come si muove l’Europa sul passaporto vaccinale

Il sistema di gestione dei nuovi certificati digitali Covid Ue sarà operativo dal primo giugno dopo una fase di sperimentazione che inizierà dal dieci maggio con un primo gruppo di oltre 15 Paesi, tra cui l’Italia. “Come abbiamo riferito in Senato, il draft di regolamento, pur con qualche modifica che il Garante europeo per la privacy e il Board hanno richiesto, sottende un equilibrio ponderato tra privacy, esigenze sanitarie e libertà di circolazione – continua il Garante su La Stampa -, in quanto contempla garanzie adeguate per evitare trattamenti indebiti dei dati e, tramite essi, discriminazioni nei confronti di quanti non vogliano o non possano vaccinarsi”, ha detto il Garante a tal proposito”. Gli stati membri dovrebbero approvare la nuova procedura entro la fine di giugno.

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