skip to Main Content

Open Fiber

Che cosa ha combinato Open Fiber?

L’intervento di Francesco Vatalaro, professore ordinario di Telecomunicazioni all’Università di Roma Tor Vergata

 

Leggo sul Fatto Quotidiano l’articolo di Carlo Di Foggia del 22 maggio (“Open Fiber: il disastro di Renzi&Starace “inguaia” Cdp e Macquarie”) e non posso trattenermi dall’intervenire con qualche riflessione e con il ricordo delle mie numerose azioni nei passati sette anni.

Scrive Di Foggia che “il disastro della banda ultralarga nasce dalla sua creatura Open Fiber” e io concordo. Scrive poi che “c’erano tutti gli elementi per prevederlo già nell’aprile 2016 quando a Palazzo Chigi [Matteo Renzi] annunciò l’impresa di sfidare Tim sulla rete” e qui preciso: il disastro era stato previsto ed è stato denunciato negli anni. Da chi? Da me. Lo ricordo con tristezza e senso di sconfitta, senza la benché minima supponenza.

Per la prima volta ne ho parlato in un lungo e dettagliato intervento, con relazione scritta, ad un convegno tenutosi nella Sala del Mappamondo della Camera dei deputati il 7 luglio 2016. Nella mia relazione davanti a parlamentari, esperti industriali e universitari, giornalisti, descrivevo già con dovizia di particolari tecnici cosa sarebbe successo. Secondo Di Foggia “Open Fiber era una sfida economicamente insensata fin dall’inizio”: certo, ma non fu un errore ingenuo. Pur garantista, mi chiedo: perché la magistratura, di fronte al disastro, annunciato e consumato, non ha mai indagato? Allora che ci sta a fare? Sugli scandali di Stato non si indaga? C’erano precisi interessi dietro l’affaire Open Fiber, legati ai finanziamenti pubblici che Governo e CIPE fecero trasferire da altri capitoli di spesa regionali e nazionali per incanalarli nell’operazione.

Dopo pochi mesi dalla fondazione dell’impresa, l’incaricata Infratel Italia scrive bandi pubblici contenente clausole e parametri palesemente orientati in favore esclusivo di Open Fiber; nell’ambiente sono sempre corse voci, quanto meno, di forme di favoritismo. C’era qualcosa di più di una generica benevolenza? Sta di fatto che Open Fiber vinse tutte le gare regionali, con ribassi stratosferici, ma non solo: anche incrementando rispetto alla base di gara la promessa delle linee ottiche che avrebbe realizzato. Tutti sapevano già che era impossibile realizzare il piano, faraonico e intriso di errori tecnici: nessuno parlò. Perché non si è mai aperto un serio dibattito pubblico, considerata la rilevanza del tema per il cittadino? Perché ad ogni timido tentativo di fare chiarezza, seguiva inesorabilmente la disinformazione su dati e circostanze, utilizzando la potenza di fuoco della comunicazione?

L’interesse della lobby sotterranea della fibra ottica nel “piano dello statista di Rignano e dei suoi consulenti” andava ben oltre il pur succulento piatto di denaro pubblico su cui mettere le mani e che, come abbiamo visto sopra, si era sapientemente deviato da altri impieghi già approvati. La lobby puntava all’ “all in”, allo scacco matto, ossia a spolpare Telecom Italia e a costringere gli azionisti privati a disfarsi della rete che i lobbisti di Stato erano già pronti ad incamerare, attraverso un istituendo veicolo pubblico: che fosse Enel, Cdp, o altro, poco conta (l’importante era che l’operazione avvenisse con i soldi degli altri, meglio ancora se pubblici). Si badi bene. Non si tratta di un fatto secondario: la catastrofe attuale delle Telecomunicazioni italiane in larga parte dipende dalle scelte di quegli anni.

Mentre tutto ciò avveniva con grande protervia di Stato, sotto gli occhi di tutti (che non volevano o non sapevano vedere), pazientemente, ho insistito a lungo sul caso Open Fiber: ho pubblicato numerosi articoli zeppi di dati – informazioni e numeri – sempre documentati, mai smentiti: possibile che nessuno si sia mai degnato di approfondire? StartMag, di recente, si è occupata delle penali non riscosse: anche qui nulla è successo. Perché? Quali interessi si disturbano?

Ma nei sette anni trascorsi non mi sono limitato a scrivere articoli, a rispondere ad interviste, a parlare ai convegni e cercare di sensibilizzare gli ignavi colleghi. Ricollegando i fili delle informazioni di dominio pubblico che altri insistevano ad ignorare o denegare, a gennaio 2021 ho eseguito uno studio su cui ho fondato un lungo documento, richiestomi da Telecom Italia che intanto doveva difendersi in Tribunale dall’accusa di Open Fiber, conseguente ad una condanna Antitrust che le contestava fantasiosi comportamenti anticompetitivi: il mio documento è stato depositato dai legali in udienza al Consiglio di Stato che dubito lo abbia mai esaminato. Perché il documento asseverato non è stato considerato?

Non basta. Ho anche scritto un documento di sintesi del precedente e lo ho portato di persona il 26 marzo 2021 al Ministero dello Sviluppo Economico chiedendo che venisse consegnato al Ministro Giorgetti, che presumo non lo abbia mai ricevuto; nessuno mi ha mai risposto, neppure con nota di cortesia. Perché non sono stato chiamato a spiegare, chiarire, integrare?

Ho avuto interlocuzioni sia con l’allora Ministra dell’Innovazione, Paola Pisano, che con Infratel Italia, il concedente di Stato, anche accompagnando una parlamentare della scorsa legislatura, l’on. Vincenza Bruno Bossio, l’unica persona delle istituzioni che in evidente distonia con il suo gruppo, il Pd (non è stata rieletta pur avendo un ampio bacino territoriale di consenso, sarà un caso?), ha dimostrato sensibilità al problema. Anche l’onorevole, nonostante le continue richieste e denunce in Commissione ha sempre trovato porte chiuse. Perché?

Più volte sono stato invitato ad intervenire sul problema delle Telecomunicazioni italiane alla IX Commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera dei deputati dove ho sempre parlato chiaro. Nulla è mai successo, nonostante la gravità della situazione fosse davanti agli occhi di tutti fin dal 2020, almeno. Per anni, ben cinque Governi (Renzi, Gentiloni, Conte I e II, Draghi) hanno fatto finta di nulla e le istituzioni che dovevano occuparsi del problema sono state sempre reticenti. Prima o poi, qualcuno si vorrà chiedere perché? E, principalmente, si vorranno trovare le risposte?

Concordo, quindi, con l’analisi di Di Foggia che finalmente porta alla luce su un quotidiano nazionale il caso di Open Fiber, ma su un aspetto devo essere esplicito: non si è trattato di “un sogno” rivelatosi un incubo o uno sfortunato incidente di percorso. È stato di un delitto con nomi e cognomi dei responsabili.

Back To Top