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Colpa dell’Esa il black-out di Galileo?

Lo scorso 11 luglio tutti i satelliti del sistema Galileo sono andati fuori uso. Le spiegazioni dell'Esa e non solo nell'editoriale di Aeronautica&Difesa firmato da Pietro Romano

 

E meno male che c’erano i “cattivoni” di mezzo mondo, dal presidente americano Donald Trump al neo zar russo Vladimir Putin, a dare una mano all’Europa dei “buoni”. Altrimenti, per un po’ di giorni, gli abitanti e i governi e le imprese del Vecchio Continente avrebbero dovuto fare a meno dei servizi di geolocalizzazione garantiti (si fa per dire, alla luce di questa esperienza) dal sistema di navigazione satellitare Galileo. Vale a dire dall’alternativa europea al Gps statunitense e al russo Glonass, integrabile comunque anche con altri tre sistemi analoghi: il giapponese Qzss, l’indiano NaviC e il cinese Beidou. Una storia complicata, dai molteplici risvolti, perfino spionistici o presunti tali, che in barba alla pan-informazione dominante – quella che ci fa sapere tutto di Belen, per intenderci – è passata praticamente sotto silenzio.

Lo stop è arrivato, improvviso, l’11 luglio, quando tutti i 22 satelliti funzionanti del sistema (su 26 complessivi) sono andati fuori uso, aggiungendosi ai due attualmente sotto esame, a quello rimosso dal servizio attivo a fine 2017 e da un altro indisponibile dal 2014. A questo punto è partito l’Sos al quale hanno risposto gli Usa e la Russia, a tempo pieno per una settimana e ancora per qualche tempo, fino al ritorno di Galileo alla piena funzionalità. Tra l’ilarità non solo dei rivali extra-europei ma anche del Regno Unito che, causa Brexit, è stato estromesso dai partner Ue e sta lavorando a un suo programma, magari esteso ad alcune ex colonie, come Australia e Nuova Zelanda. Per ora a Londra – come ha scritto sarcasticamente lo specialista Alan Cameron su “Gps World” – si limitano a constatare che “Whitout Galileo, life goes on”, senza Galileo, la vita continua. Non si può dare loro torto. La vita continua a patto però che molte informazioni sensibili (su temi che vanno dai trasporti alla telecomunicazioni, incluse quelle che richiedono standard di sicurezza) siano condivise, com’è avvenuto, con Washington e Mosca.

Ma che cos’è successo a Galileo? Più o meno ufficialmente la colpa è stata attribuita a disfunzioni dei sistemi terrestri, localizzati in Germania e in Italia, al Fucino quest’ultimo, senza però uno straccio di prova. Ma la realtà non sarebbe così semplice. Tanto è vero che è stata nominata una commissione indipendente di controllo, della quale per ora non si conoscono né componenti né modalità operative né vigenza. In ambienti diplomatici brussellesi, senza mezzi termini, si adombrano incursioni, di hacker indipendenti al soldo di qualche potenza concorrente, per essere più precisi.

Ma questa sembrerebbe – secondo quanto risulta ad “Aeronautica&Difesa” – piuttosto una spiegazione a uso della nomenclatura europea, oltre tutto in linea con le sindromi anti-Usa e anti-Russia imperanti a Bruxelles. A monte delle disfunzioni di Galileo, più che problemi al Fucino o in Germania, e anche di incursioni di non meglio precisati terroristi informatici, ci sarebbe un errore strategico dell’Agenzia spaziale europea, l’Esa (European space agency) che ha sede a Parigi. Il sistema sarebbe stato pesantemente disturbato dalla installazione di software che, in particolare, avrebbero influito sulle operazioni di sincronizzazione.

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