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Compagnie Petrolifere

Tutte le divergenze tra Enel, Eni e Snam su idrogeno e dintorni

Che cosa hanno detto i capi azienda di Enel, Eni e Snam nel corso del recente talk organizzato dal Sole 24 Ore “La strategia sull'idrogeno e la transizione energetica”.

 

Sintonie o divergenze sull’idrogeno per i maggiori player italiani? La domanda è d’obbligo dopo l’ultimo confronto emerso nel recente talk organizzato dal Sole 24 Ore “La strategia sull’idrogeno e la transizione energetica”. Se fino a qualche giorno prima era possibile vedere molti punti di contatto sul tema dell’idrogeno, basti ricordare gli interventi all’evento di Rcs Academy, l’amministratore di Enel Francesco Starace, quello di Eni Claudio Descalzi e il capo azienda di Snam Marco Alverà hanno fatto registrare punti di frizione in vista del Pnrr, il Pniec e tutti gli altri strumenti che l’Italia, in accordo con Bruxelles, sta mettendo a punto per raggiungere i target climatici ed energetici previsti per il 2030 e il 2050.

STARACE (ENEL) PUNTA IL DITO CONTRO CCS, ELETTROLIZZATORI E TRASPORTO IDROGENO

Starace ha puntato il dito contro la cattura della CO2, gli elettrolizzatori e il trasporto di idrogeno che sono, di fatto, i settori di punta di Eni e Snam. L’idrogeno, ha infatti spiegato il numero uno di Enel, “è una molecola molto piccola, permea e attraversa i metalli. Ha una incredibile capacità di intrufolarsi tra i metalli viene consumato dove si produce perché è difficile da trasportare, bisogna allora comprimerlo molto. Creare gas arricchito di idrogeno è un altro discorso ma non è la soluzione alla transizione energetica”, ha spiegato Starace. Il blending è “un modo per trasportare molecole di idrogeno che poi però finiranno per essere bruciate col gas e quindi non risolvono il problema di decarbonizzare l’economia”. Inoltre, a giudizio del manager Enel le migliori applicazioni per il vettore sono quelle nell’industria pesante, come acciaio e cemento mentre “sarebbe una sciocchezza produrre elettricità con l’idrogeno come usarlo per il riscaldamento”.

Per quanto riguarda invece gli strumenti di sequestro e cattura della Co2, Starace ha detto che questa tecnologia presenta “numerosi problemi e difficoltà” e ha citato il giacimento Gorgon in Australia. Inoltre, ha aggiunto, “dal punto di vista dei costi, è sicuramente non economica per tutte le industrie che producono CO2: se funzionasse, noi avremmo potuto utilizzarla nelle centrali elettriche, ma non lo fa nessuno”. Senza dimenticare, ha poi ricordato, il problema della proteste che potrebbero arrivare dalle popolazioni vicine a un giacimento di CO2. “Credo si arriverà prima ad abbattere i costi degli elettrolizzatori che quelli della Ccs”. Elettrolizzatori che, ha detto Starace, “ora sono un bene di lusso per applicazioni di nicchia” come gli esordi dei pannelli solari.

DA DESCALZI (ENI) NESSUNA COMPETIZIONE TRA IDROGENO BLU E VERDE MA PIENO APPOGGIO ALLA CCS

Ll’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, che ha evitato di mettere in competizione idrogeno blu e verde: “In un’industria in cui c’è bisogno di energia e di decarbonizzare se si cerca contrapposizione si rallenta il processo, bisogna essere neutri e lavorare in funzione degli scopi. Non prevedo che creeremo idrogeno blu per andare sulla mobilità o per vederlo a terzi lo dobbiamo fare perché siamo i primi produttori e consumatori e dobbiamo soddisfare le nostre esigenze. Il nostro obiettivo è togliere CO2 catturandola, è quindi una soluzione per decarbonizzare i nostri impianti”, ha ammesso Descalzi. “Ma a un certo punto, credo, ci sarà solo idrogeno verde che ora ha costi molto elevati” con la necessità di fare investimenti “per periodi non troppo elevati”, ha spiegato il manager Eni che comunque non ha nascosto dubbi dubbi sulla mobilità a idrogeno: “Gli investimenti si fanno anche in funzione della domanda, e oggi non ci sono molti trasporti a idrogeno. Io penso che in futuro ci sarà una crescita, a partire dal trasporto pesante”. Non solo. “Noi ci siamo attrezzati e cominceremo ad avere stazioni di servizio multifunzionali ma penso che in futuro come successo con l’elettrico ci sarà una crescita – ha proseguito Descalzi -. L’idrogeno dà molti vantaggi perché il pieno della macchina si fa in qualche minuto e può essere utile anche nelle ferrovie”.

Per quanto riguarda la Cattura di CO2 “siamo stati selezionati da Uk a Liverpool Bay per decarbonizzare la loro industria pesante e in giro per il mondo viene incentivato perché è il metodo più efficace per decarbonizzare i sistemi energetici, ammoniaca, cartiere”. Mentre sotto il profilo regolatorio Descalzi ha concluso che “probabilmente su idrogeno e biocarburanti ci sarà bisogno di un sistema regolato per raggiungere gli obiettivi: diciamo da 20 anni che bisogna far sparire il carbone ma è ancora lì bisogna fare i conti con la realtà e creare un contesto per raggiungere i target”.

ALVERA’ (SNAM) PUNTA SUL TRASPORTO DI IDROGENO

Netta la posizione dell’amministratore delegato di Snam, Marco Alverà, sull’idrogeno e in particolare sul trasporto. Per Alverà, “servono tutte le tecnologie” per produrre energia. “Secondo Irena l’elettricità arriverà a coprire il 50% del fabbisogno mondiale rispetto al 20% di oggi: il restante e tutti i consumi che non possono essere elettrificati o che non ha senso elettrificare devono ricorrere a molecole come idrogeno e biofuels. Insomma, c’è molto spazio per tutti. Le risorse sono enormi e bisogna essere agili. Se pensiamo a quanti soldi sono stati spesi per far scendere i costi dei pannelli solari questo ha portato la transizione a essere un’opportunità piuttosto che un costo. Bisogna concentrarsi sulle tecnologie che funzionano o fare scelte industriali diverse da altre paesi: la nostra stella polare deve essere l’Europa e al suo interno la Germania che ha un tessuto economico simile al nostro. Quello che è importante è non fare scelte infrastrutturali che poi possono essere sbagliate”, ha detto il capo azienda di Snam. “Il bello dell’idrogeno è proprio la sua versatilità e la possibilità che può essere trasportato. L’acciaio che abbiamo usato dopo il 1986 per le nostre condutture è già certificato per poter trasportare fino al 100% di idrogeno e lo abbiamo già trasportato anche miscelato con il gas. Il blending può essere un modo tattico per creare domanda di idrogeno senza cambiare nulla e non investire sulle infrastrutture”.

Alverà ha ricordato che “solo per le esigenze elettriche abbiamo bisogno di 10GW di rinnovabili in Italia e ne abbiamo 1. Dobbiamo ricordare che in Germania non vogliono più le pale eoliche e la scorsa settimana ad esempio il fotovoltaico non ha funzionato per la neve. Ancora una volta la stella polare dev’essere l’Europa e la Germania che ci sta dicendo che dobbiamo andare a usare l’idrogeno e nel loro caso prenderlo da fuori: il Nord Stream ad esempio, non si dice, ma può essere utilizzato anche per questo. Bisogna considerare che il trasporto via tubo costa 10 volte meno del trasporto via nave e che noi in Italia abbiamo un vantaggio geografico importante anche per la vicinanza con Algeria, Tunisia e Libia” dove possiamo “realizzare giga factory e poi importare idrogeno verde. Sicuramene dove c’è gas a basso costo come in Russia o Emirati l’idrogeno blu costerà sempre meno di quello verde. Per la competitività dell’industria i tedeschi hanno un approccio daltonico poi useranno soldi pubblici per creare una filiera verde a livello interno”.

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